Jesi-Fabriano

Web, politica e storia. A colloquio con Giovanni De Luna

Il docente, che insegna alla facoltà di Storia dell'Università di Torino, da parecchi anni è molto legato al "Centro Calamandrei“ di Jesi. «Qui vi incontro la forza della religione civile», spiega

Giovanni De Luna

JESI- Nel fitto vernisage di eventi culturali che riempie la Vallesina, avrà luogo presso l’Iis Galilei di Jesi l’incontro dal titolo “La Repubblica inquieta. L’Italia del 1946”. Il 21 aprile dalle 15, infatti, interverrà il professor Giovanni De Luna. Il docente è attivo alla facoltà di Storia dell’Università di Torino e da parecchi anni è molto legato allo jesino “Centro Calamandrei“. Il suo ambito di ricerca storica lo ha portato ad essere un apprezzato esperto nell’ambito della Resistenza e dell’Italia nel dopoguerra, argomenti su cui ha scritto diversi libri.

Professore, che legame ha con Jesi? Cosa la spinge a venirci oramai da diversi anni?
«
Sono molto legato al “Centro Calamandrei”, che considero un avamposto di libertà di ricerca e di espressione. Qui vi incontro la forza della religione civile. L’ambito della mia visita, questa volta, invece, sarà incentrato sull’incontro con gli insegnanti, in quanto considero importante che la scuola funga da antidoto contro l’omofobia, l’intolleranza e gli stereotipi».

Il nostro presente che radici ha nel post-guerra del ’46?
«Italia è cambiata totalmente in quel periodo, e la mancata considerazione oggi rischia di delineare un passato senza spessore. Inaccettabile considerarlo come viene trattato in questo presente: utilizzare il passato come fosse un bastone da scagliare al nemico. L’Italia del ’46 è stata una scintilla del dinamismo. Un paese che in tre anni ricostruisce case, ponti, ferrovie, imprese e che più in generale si rinnova. C’era molto entusiasmo. Proprio quella scintilla è ciò su cui si deve riflettere oggi. Va ribadito al contempo come sia necessaria l’esistenza di una classe dirigente all’altezza di quel gran bagliore di luce che è stata l’Italia del post guerra».

Quanto influisce la soggettività nel mestiere dello storico?
«È importante che lo storico si assuma le sue responsabilità, essere onesti intellettualmente. È una figura che deve responsabilizzarsi e metterci la faccia, non nascondersi nell’anonimato. Il web è un’entità che lascia nell’anonimato informazioni e fonti, sfociando spesso nel campo delle false notizie e delle imprecisioni. Diciamo che il web protegge l’anonimato. Ha ovviamente delle potenzialità positive, ma la rete rimane comunque un portale grigio e piatto. Proprio l’assenza di responsabilità che il web protegge e e che inganna spesso il lettore è il nemico da combattere».

 

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