Jesi-Fabriano

Ultimo appuntamento della stagione di prosa al Teatro Gentile a Fabriano: Fiori d’acciaio

È interpretata da Tosca D’Aquino, Martina Colombari, Gioia Spaziani, Martina Difonte, Stefania Micheli e Rossella Pugliese. La regia è di Michela Andreozzi e Massimiliano Vado

Il cast di Fiori d'acciaio

FABRIANO – Cala il sipario sulla stagione di prosa del teatro Gentile a Fabriano. Mercoledì 19 aprile con Fiori d’acciaio, commedia di Robert Harling interpretata da Tosca D’Aquino, Martina Colombari, Gioia Spaziani, Martina Difonte, Stefania Micheli e Rossella Pugliese, regia di Michela Andreozzi e Massimiliano Vado, l’ultimo appuntamento del cartellone promosso dal Comune di Fabriano con l’Amat e realizzata con il contributo della Regione Marche e del MiC. Informazioni e biglietti presso biglietteria del Teatro Gentile 0732 3644, on line su www.vivaticket.com. Inizio spettacolo ore 21.

Le anticipazioni

«Fiori d’acciaio, nella sua versione cinematografica — scrive la regista Michela Andreozzi nelle note di presentazione — è uno dei romanzi di formazione che hanno accompagnato la mia prima giovinezza, insieme a Piccole donne, Harry ti presento Sally e Colazione da Tiffany: storie di donne, grandi figure femminili che crescono, sbagliano, si confrontano, amano, odiano, combattono e qualche volta muoiono. Che poi, tradotto in azione, significa conservare la propria identità, ritagliarsi un ruolo nel mondo, costruirsi uno spazio, intessere delle relazioni o alimentare dei conflitti e, malgrado tutto, essere capaci di unirsi. Obiettivo non sempre facile, che però perseguo da sempre: nei miei progetti, nel cinema, nel teatro, nella vita privata. Ormai, per me, fare fronte comune è diventata una sfida, crederci una fede e lavorarci una questione di coerenza».

Alla luce di questo modus vivendi, Fiori d’acciaio «è per me l’occasione di costruire, con un cast così ricco e variegato, una banda di soliste, in grado di suonare insieme ma di battere in volata quando serve; disegnare personaggi anche estremi ma capaci di ascoltarsi, o di imparare strada facendo ad accogliersi senza snaturarsi. Solo da adulta ho scoperto che il film era tratto da una pièce teatrale, ancora attualissima, sotto un superficiale strato di polvere fisiologico, e perfettamente rappresentativa di un microcosmo, quello del negozio di provincia, che è specchio di macrocosmi le cui dinamiche, perfino oggi, fanno fatica a cambiare». Per questo motivo si è deciso di lasciare l’ambientazione di fine anni ’80, «perché ci permette di osservare un tempo appena trascorso e ci racconta che siamo già nel futuro. E forse anche perché l’immagine e lo stile di quel periodo, negli abiti, negli arredamenti, ma soprattutto nella musica, sono ormai identificativi di un momento storico diventato ormai glamour. Oltre al fatto che certe modalità, oggi, sarebbero condizionate dalla tecnologia. Tutto questo mi hanno fatto approcciare al testo e al progetto con l’entusiasmo. E poi c’è l’affetto. Per me, un teatro affettuoso è ciò di cui abbiamo bisogno, un racconto di sentimenti e di ironia che qualche volta è crudele ma mai cinica, mai diventa sarcasmo. Se c’è una cosa che le donne sanno fare, è essere terribili, spietate e capaci di affrontarsi, insomma, dei fiori di acciaio, senza mai smettere di amare», conclude la regista, Michela Andreozzi.

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