Jesi-Fabriano

Torre Erap, il ricorrente al sindaco: «Sarò povero ma sono un signore»

Giustino Natalini, il firmatario del ricorso contro il palazzone popolare di via Tessitori, non accolto dal Tar Marche, replica al Primo Cittadino

JESI – Il “povero pensionato” scrive al sindaco Massimo Bacci. Giustino Natalini, il firmatario del ricorso contro la torre Erap di via Tessitori, che il Tar Marche non ha accolto, parte proprio dalla definizione che gli ha attribuito il Primo Cittadino per contestarne la presa di posizione. Si va avanti dunque con l’edificazione dell’immobile da trenta appartamenti destinato alla locazione primaria a canone moderato.

«Carissimo concittadino Bacci – si legge nella lettera di Natalini -. A scriverle è “il povero pensionato”. Così mi definisce nel suo gongolante commento all’esito del ricorso da me sottoscritto contro il permesso a costruire della torre Erap. Lei dice: “…mi fa piacere che il Tar Marche abbia poi deciso la compensazione delle spese legali….; altrimenti l’unica vera vittima di questa che possiamo definire solo una “farsa” sarebbe stata quel povero pensionato lasciato, ovviamente, solo a farsi carico del ricorso, dato che era palese che sarebbe stata una partita persa in partenza”. Da povero pensionato, ma pur sempre signore, mi verrebbe da pensare che Lei, invece, da ricco figlio di banchiere non abbia perso il vizio del gioco a gamba tesa, pratica che ben conosce. Chi tra di noi sia il povero è questione difficile da dirimere. Ambirei però non abbassarmi ai suoi toni lividi e rancorosi per rassicurarla nel modo più pacifico e sereno possibile. “Ovviamente” non sono mai stato solo in questa “partita persa in partenza”. Le spese per l’avvocato e quelle che si potevano prevedere per un eventuale risarcimento, le ho affrontate insieme a tanti altri cittadini che, con me, hanno impegnato il loro denaro a garanzia di ogni possibile scenario. Tempo e denaro di tante persone per scongiurare la costruzione di un palazzo assurdo per dimensioni e spazio destinato. Sulla vicenda del pagamento, adesso dice di essere contento per la compensazione delle spese ma nell’atto di costituzione in giudizio del Comune chiedeva la condanna alle spese del ricorrente. Un po’ di ipocrisia? Vorrei inoltre aggiungere che, secondo me, non mi hanno addebitato le spese processuali, non solo perché di solito accade cosi, ma per quello che è scritto al punto 7.1 della sentenza: “In considerazione della particolarità del caso e della complessa interpretazione della disciplina urbanistica oggetto del ricorso, sussistono i presupposti per l’integrale compensazione delle spese tra le parti costituite”».

Prosegue il ricorrente: «Dunque, se la comprensione dell’italiano non mi difetta, si parla di “complessa interpretazione della disciplina…”. Chissà, magari sarà anche per la complessità del caso che non si è voluto andare in profondità, e non si è voluto capire (parlo del Tar) quello che lei e la sua giunta avete capito benissimo, tanto è vero che siete corsi a modificare il piano regolatore. Mi riferisco alla incongruenza tra l’area individuata nel piano di recupero e le tavole approvate con la variante generale (punto 4 della sentenza). Ma tant’è. Il ricorso è per il Tar infondato e pertanto respinto. Accettiamo la sentenza, con la mente però alla storia di Davide e Golia. Caro concittadino Bacci, nessuna pietra tombale è stata posta sulla questione torre erap: il Tar ha solo espresso un primo grado di giudizio e per di più su un singolo aspetto, il permesso a costruire del 2017, di una vicenda complessa che dura da decenni e che ha infilato negli anni singolari stravaganze, chiamiamole così.  Nulla vieta al povero pensionato di procedere nella sua “partita persa in partenza”».

Per correttezza, puntualizza Natalini, «raccontiamo pure ai cittadini di Jesi che, contrariamente a quanto asserito da lei e dall’Erap, il Tar mi ha dato ragione sul fatto che avevo tutto l’interesse e quindi il diritto di ricorrere per la vicinanza e “il possibile impatto di una costruzione di rilevanti dimensioni e sul valore degli immobili”. Così come ho avuto ragione sulla presunta “tardività del ricorso”. D’altronde, in mancanza di trasparenza, come fa un comune cittadino, per quanto attento, a conoscere le decisioni che lo riguardano e che vengono prese nelle segrete stanze, se non dopo lunghi e faticosi accessi agli atti? Per concludere, egregio concittadino, quando un residente è costretto, addirittura su invito esplicito del suo sindaco, a ricorrere ad un tribunale amministrativo per provare a difendere la vivibilità ed il decoro del proprio quartiere, non c’è nulla da festeggiare per nessuno. Invece di ascoltare le proposte e collaborare con i cittadini, l’amministrazione comunale jesina si è posta come avversario (se non nemico) e controparte di coloro che dovrebbe rappresentare. Questa è la vera pietra tombale posta sulla partecipazione e su una più equa politica del territorio».

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