Jesi-Fabriano

Simona Bramati espone a Firenze tra i maestri del Simbolismo

Abbiamo intervistato l'artista, originaria di Castelplanio e laureata all'Accademia delle Belle Arti di Urbino, protagonista indiscussa della mostra intitolata «Grotteschi e arabeschi in nero», curata con maestria da Emanuele Bardazzi e prorogata fino al 12 Gennaio 2024 visto il successo di pubblico.

Simona Bramati
Simona Bramati

Le opere uniche di Simona Bramati, esposte con maestri del calibro di Max Klinger, Otto Greiner, Fraz Von Stuck, Mercel Lenoir e Sascha Schneider, tra gli altri, nell’affascinante cornice della storica Libreria Gonnelli a Firenze, svelano una narrativa artistica intrisa di simbolismo e misticismo. L’artista, originaria di Castelplanio e laureata all’Accademia delle Belle Arti di Urbino, emerge come protagonista indiscussa della mostra intitolata «Grotteschi e arabeschi in nero. La carne, la morte e il diavolo nella grafica del Simbolismo», curata con maestria da Emanuele Bardazzi e nella sezione specifica da Silvia Scaravaggi.
Simona Bramati, da noi intervistata in occasione della proroga della mostra fino al 12 gennaio 2024 a causa dell’enorme successo di pubblico, rivela il suo profondo legame con la mitologia, incarnato in un ciclo di opere sui centauri, fauni e sirene.

Questi dipinti, cinque acquerelli che rappresentano una deviazione dalla prevalente tecnica d’incisione grafica degli altri artisti presenti, si rivelano una testimonianza della sua capacità di esplorare temi mitologici con un tocco personale.

L’intervista

Simona, come affronti la sfida di bilanciare l’innovazione concettuale con la tradizione dell’arte figurativa?
«I miei lavori sono strettamente legati alla mitologia, filtrata dall’intuito e dalle esperienze personali. Quando ho scoperto in tenera età che in essa vi erano descritti tutti gli accadimenti umani contemporanei h scelto questa via. Sono stata più volte “invitata” ad abbandonare questa strada che per alcuni pareva esser troppo accademica o sorpassata, ma a mio parere non hanno compreso quanto la mitologia è la modernità e la contemporaneità eterna. Non è stato facile trovare uno stile personale riconoscibile in mezzo ad un mondo di immagini che ci invadono tutti i giorni, e forse lo sto ancora ricercando»

Simona, cosa rappresenta per te essere a Firenze accanto i maestri del Simbolismo internazionale?
«L’emozione è profondissima, mi commuove non aver mai abbandonato ciò in cui ho sempre sentito mio, ovvero la mia cifra stilistica e i temi a me molto cari che oggi mi portano ad avere tali accompagnatori. Non è la prima volta che mi trovo faccia a faccia con questi “mostri sacri” e spero non sia l’ultima. La loro presenza mi spinge verso la crescita e ad una maggiore consapevolezza di ciò che è la mia arte»

Puoi parlare del processo creativo dietro una delle tue opere recenti, inclusa la scelta dei materiale e la progettazione compositiva?
«Sono alle prese con la Sibilla, una tela di medie dimensioni, un tema che mi rincorre da molto tempo, ma che non ho mai preso in considerazione seriamente perché non la “vedevo”. Poi, non molto tempo fa, in seguito ad un invito per una collettiva che tratta un tema legato alle “Culture, tradizione e linguaggi della contemporaneità” la Sibilla si è mostrata in tutta la sua sfrontatezza e bellezza, da quel momento è iniziato il processo di metabolizzazione e di studio del soggetto. La tecnica è ad olio e questo lavoro lo considero come l’inizio di una nuova fase creativa»

Quali influenze culturali o sociali hanno ispirato il tuo lavoro più recente, e come si riflettono nei tuoi dipinti?
«Considerando la Sibilla come ultimo lavoro, credo che sia l’omaggio più sentito per la mia terra di origine, le Marche. Inoltre tra un impegno creativo e l’altro porto avanti il tema della violenza sulle donne che ho iniziato nel 2011. Dal 25 novembre, data in cui si celebra la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, a Torino si è inaugurata una collettiva “Canto d’Amore” a cura di Alessandra Redaelli, in cui viene trattato questo tema in maniera corale da più di 150 artisti, in cui ho presentato un occhio, che fa parte del progetto iniziato anni di dipingere un occhio di donna per ogni Stato del Mondo. L’Abruzzo è la terra ultima che ha ospitato il mio lavoro dedicato a questo tema doloroso e purtroppo attualissimo, con la personale Lovers Eyes a cura di Antonella Muzi svoltasi presso la Galleria La Dama di Capestrano. Voglio anche ricordare la mia personale sul tema presso Giudecca 795 Art Gallery – Venezia a cura di Beatrice Buscaroli e presso la GalleriaPapini AssociazioneCulturale a cura di Anna Maria Alessandrini. Queste tre realtà non hanno avuto paura di affrontare un tema “troppo forte” per alcuni e “invendibile” per altri, ringrazio perciò il coraggio di presentare un lavoro da me molto sentito senza cavalcare le richieste “spensierate” di mercato. L’artista ha anche il dovere di essere testimone della propria epoca e di non aver paura di utilizzare la propria arte come mezzo di denuncia»

Quali sono in tuoi progetti futuri?
«Il prossimo 29 febbraio si inaugura una mostra monografica all’interno del Premio Marche presso il MARV, Museo d’Arte Rubini Vesin a Gradara con due sezioni molto interessanti, una a cura di Cecilia Casadei dal tema “Il senso degli artisti per la Natura” e l’altra di Andrea Carnevali che ho già citato prima “Culture, tradizione e linguaggi della contemporaneità” a cui prenderò parte con il lavoro sulla Sibilla. A giugno presso la galleria La Dama di Capestrano in Abruzzo si prospetta un’altra personale da un tema davvero interessante di cui non svelo ancora la tematica».

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