Jesi-Fabriano

Scritta di Mussolini in Comune, il vicesindaco Butini: «Giusto preservarla»

L'incisione di una frase del Duce, comparsa negli uffici demografici, potrebbe essere salvaguardata qualora la Soprintendenza ne valutasse la rilevanza storica

L'incisione di Mussolini in Comune

JESI – L’incisione di una frase di Benito Mussolini, comparsa “per caso” all’Anagrafe, potrebbe essere salvaguardata. A dirlo è stato l’assessore alla cultura Luca Butini, rispondendo oggi all’interrogazione di Chiara Cercaci. Si legge infatti: “…della potenza e della gloria del lavoro”, seguita dalla firma del Duce.

«Di storia si tratta – spiega l’assessore Butini -. La scritta è emersa in modo casuale, non a seguito di lavori ma a causa dei problemi di intonaco. Abbiamo subito chiesto alla Soprintendenza per i Beni Culturali come muoverci. Due le soluzioni: consolidare la porzione emersa e ricoprirla con l’intonaco, oppure lasciarla visibile alla cittadinanza. I lavori, al momento, sono fermi, ma verrà esaminato il resto del muro per capire se è ancora presente anche la prima parte della frase. È la testimonianza di un modo di comunicare in un determinato periodo. Al di là dell’ideologia che rappresenta, si tratta comunque di storia. Attendiamo il parere della Soprintendenza. Gli interventi di riqualificazione sono sempre anticipati, comunque, in questi casi, da studi preliminari per indagare la presenza di tali incisioni».

«Iniziativa analoga di tutela di scritte del ventennio – ha sottolineato la consigliera Cercaci in consiglio comunale (in streaming) – è stata adottata dall’Anpi di Recoaro a dimostrazione della cura e volontà di preservare aldilà di diverse ideologie e di contrapposizioni i valori storici che possono essere studiati, esaminati, discussi e criticati, anche dalle future generazioni».

Non è d’accordo l’anarchico Giordano Cotichelli: «Una perenne campagna elettorale da anni scuote il paese, dal centro alla periferia, Jesi compresa – sostiene -. Questa è la chiave di lettura utile per interpretare il populismo dominante, le sparate del politico di turno, i pronunciamenti facili e fini a se stessi. Ultimo, solo in ordine di tempo, quello relativo alla scritta mussoliniana dell’anagrafe. Era da aspettarselo, un’altra ghiotta provocazione per far perdere tempo all’opposizione. Del resto si sa che al confronto e al dibattito giova più la provocazione che costringe l’avversario a rincorrerti dietro su un terreno perdente perché crea una dicotomia di fondo: o con me o contro di me. Poi se le cose vanno male si può sempre accusare l’altro di aver capito male, di strumentalizzare e di essere fazioso. Personalmente penso che l’attuale maggioranza istituzionale ha i numeri, e pure l’ideologia, per decidere di mantenere la scritta mussoliniana, per cui faccia la sua scelta e non faccia perdere tempo a chi deve sottolineare sempre come, ad esempio, Mussolini ridusse lo stipendio degli operai, negli anni 30, del 66%, ostacolò l’entrata nella Pubblica Amministrazione delle donne, fece raddoppiare la popolazione manicomiale. Per poi scegliere, dopo essere stato il primo responsabile delle tragedie italiane di un ventennio, di fuggire via in Svizzera, travestito da caporale tedesco. Ecco, credo che la scelta di mantenere una scritta mussoliniana, rende onore a tutto questo. Per il resto, il montante fascismo in questo paese non è tanto e solo legato ad una scritta, ma alla continua messa in discussione dei diritti delle donne, alla balla razzista delle sostituzioni etniche, ai diritti dei lavoratori e degli studenti che, in tutti i governi degli ultimi trent’anni, sono stati violati.

Questo è il fascismo di oggi, pericoloso come quello squadrista di ieri. Se poi, quanto detto possa sembra solo l’opinione di un anarchico (e fa curriculum), o di un infermiere (sapete come era la sanità mussoliniana?), voglio lasciarvi con le parole di un giornalista fascista del Corriere della Sera, attachè all’Ambasciata di Berlino fino all’8 settembre 1943 e primo direttore della RAI: Cristano Ridomi, che ebbe a scrivere “Ecco il grande inganno delle dittature, tentano disperatamente di confondere il proprio destino con quello dei loro popoli. Essi soltanto sono eterni, invece”.

Dimenticavo, viste le preoccupazioni storiche per scritte murali varie, sorge spontanea una domanda: che fine ha fatto la lapide dedicata a Sacco e Vanzetti posta negli omonimi giardini? Intanto assieme alle anarchiche, alle comuniste, alle sindacaliste e alle femministe, alle antifasciste e a tutte le donne e gli uomini anche libere che lo vorranno, non resta che essere presenti sabato prossimo ad Ancona perché sui diritti non si torna indietro!».

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