Jesi-Fabriano

Rugby Jesi ‘70, col mental coach oltre lo stop e le paure. «Allenare testa e emozioni alla pari dei muscoli»

Davide Coscarella ha iniziato a collaborare con la Seniores da inizio stagione. «Ho trovato ragazzi aperti e molto ben disposti a mettersi in gioco. Fermarsi di nuovo pesa ma è oltre l’aspetto del risultato che si individuano le reali motivazioni»

Davide Coscarella, mental coach della Seniores del Rugby Jesi ’70

JESI – «La testa e le emozioni, come i muscoli, vanno allenate. Il punto è trovare un “perché” forte a quello che si fa, che non è mai legato al risultato ma è sempre la risposta ad un bisogno emotivo». Davide Coscarella è il mental coach della Seniores del Rugby Jesi ’70. Collaborazione che ha avviato dall’inizio di questa stagione. «Stavamo, stiamo facendo un bellissimo lavoro, per il momento per lo più individuale, con sedute singole di 45 minuti, un’ora. Non sono ancora riuscito a lavorare con tutta la squadra, in gruppo, ma si cominciavano a vedere i risultati nell’atteggiamento con cui, specie i più giovani, andavano in campo. Purtroppo è arrivato il nuovo stop del campionato ed è inevitabilmente un fattore che pesa. Bisogna allora saper comunque trovare le motivazioni, senza legarle alla sola semplice vittoria».

Una immagine del Rugby Jesi in gioco fra le mura amiche

Spiega il professionista: «Gestire la tensione positiva e lavorare sulla consapevolezza di sé stessi, così da tirar fuori il proprio potenziale nella maniera più utile, sono aspetti da allenare alla pari di quella che è la preparazione della parte atletica. Lo ripeto spesso. Ed una società come questa dimostra di non voler lasciare nulla al caso, attrezzandosi con una figura che ad alti livelli è ormai una presenza consolidata».

Dice Coscarella: «Il lavoro è stato all’inizio una novità per tutti. Ma ho trovato ragazzi aperti e molto ben disposti a mettersi in gioco. Che è la parte fondamentale e più difficile: porre in discussione sé stessi, prendersi in questo senso le proprie responsabilità. Mettere a nudo anche le proprie paure.  Non è scontato per giovani che vanno dai 18 anni, e che stanno salendo in prima squadra dalle giovanili, col carico di pressioni e magari ansie che comporta, ai poco più di 30».

A piombare su tutti, il nuovo stop al campionato, causa pandemia, per tutto il mese di gennaio. «È faticoso, inutile nascondere che fermarsi ancora pesa a tutti. Tanto più ai più giovani. Non avere la competizione, che è inevitabilmente il primo e principale stimolo, si fa sentire. Ma devo dire di aver trovato un gruppo che, dopo due anni vissuti così, riesce e sa guardare oltre. Dimostrando, con un termine che va di moda ma vero, una grande resilienza. Insomma, c’è la consapevolezza che è dura ma anche che passerà. E così è oltre l’aspetto del risultato che si individuano le reali motivazioni, che consistono, nello sport e non solo, nel dare risposta alla fondamentale domanda: “cos’è che mi fa felice nel fare quello che faccio?”».

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