Jesi-Fabriano

Il pregiudizio cade con l’informazione

L'inclusione sociale è stata il tema dell'Interessante tavola rotonda che si è svolta ieri sera (26 agosto) a Jesi, nel quartiere Prato, nell’ambito della Festa del Cordaro

Un momento dello spettacolo Babel

JESI – Un pubblico attento ha seguito, ieri sera (26 agosto), nel piazzale della chiesa di San Sebastiano, la tavola rotonda “Generazioni e integrazioni, riflessioni e suggestioni”, organizzata nell’ambito della “Festa del Cordaro” che si chiude stasera al quartiere Prato di Jesi.

A moderare l’incontro la giornalista Beatrice Testadiferro che ha sottolineato l’importanza di trattare l’argomento dell’inclusione sociale in una festa che celebra l’identità di quartiere. Al tavolo dei relatori Nicola Cucchi studioso di politiche sociali, Maria Morelli insegnante al Centro Interprovinciale per l’Istruzione degli adulti per le province di Ancona e Pesaro-Urbino, Landino Ceccarelli per la Caritas Diocesana Jesi, Marcos Lopez coordinatore provinciale Gus Gruppo Umana Solidarietà, l’assessore ai servizi educativi del comune di Jesi Marisa Campanelli e il vice sindaco Luca Butini.

«Un richiedente asilo è una persona che chiede asilo politico perché vittima di un qualsiasi tipo di discriminazione – ha precisato Lopez – Queste persone chiedono di poter vivere. A Jesi i rifugiati sono 55, rientrano nel progetto Sprar che in città c’è da dieci anni. Queste persone non sono in vacanza, non hanno libertà di movimento, stanno a Jesi perché hanno un diritto che è di tutti, non solo di una categoria».

Il comune di Jesi dal canto suo ha lavorato in questi anni per riequilibrare la presenza di alunni stranieri nelle classi, come ha spiegato l’assessore Campanelli: «Abbiamo lavorato per evitare scuole ghetto. A scuola si forma la personalità dei nostri figli, è bene quindi non lasciare il passo al pregiudizio». Importante in questo ambito il lavoro che svolge la Caritas Diocesana: «Quando escono dal sistema di protezione – ha spiegato Ceccarelli – è difficile per gli immigrati essere autonomi, soprattutto economicamente. Se va bene finiscono in una parrocchia, quando va male vanno per strada.

Sono 70 le Diocesi italiane che hanno aderito al progetto “Rifugiato a casa mia”: a Cupramontana, grazie a questa iniziativa, è stata accolta una famiglia di nigeriani da cinque famiglie del posto che hanno fatto rete, con il sostegno economico della Caritas. Come Caritas abbiamo fatto molta informazione nelle parrocchie della nostra città: dove c’è informazione il pregiudizio cade». Al termine del confronto è andato in scena lo spettacolo “Babel”, esito finale del laboratorio di teatro di comunità Land_Jesi nell’ambito del progetto MigrArti.

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