Jesi-Fabriano

Patrizia Balducci e la sua “sinfonia di carta”. Ecco il racconto dell’artista fabrianese

È stata definita la "naif del terzo millennio" Una sua opera alla mostra "Paper Symphony" al museo della Carta della Filigrana di Fabriano

Patrizia Balducci

FABRIANO – Patrizia Balducci, artista fabrianese orgogliosamente autodidatta, pasionaria con i piedi ben piantati in terra e la testa fra le nuvole (come lei stessa si definisce ndr) è stata scelta per il secondo anno consecutivo per la mostra collettiva “Paper Symphony”, un’importante rassegna di artisti che, con spirito di appartenenza e orgogliosi delle proprie radici, si mettono in gioco sviluppando i rispettivi percorsi e indirizzando la propria creatività con la comune determinazione di dare futuro al materiale che nei secoli ha reso Fabriano, città della carta, nota e celebrata in tutto il mondo.

La mostra è ideata e curata dal critico Giuseppe Salerno presso il museo della Carta e della Filigrana e sarà aperta fino al 26 Marzo prossimo. Non si tratta quindi di un’esposizione di opere tradizionali che nella carta trovano il proprio abituale supporto, ma di lavori innovativi, tridimensionali, che si avvalgono del materiale cartaceo in ogni sua declinazione quale sostanza da plasmare. Per l’occasione Patrizia ha presentato l’opera “2022, fine di un’era” realizzata con pasta di cellulosa. 

Patrizia, per il secondo anno consecutivo sei stata scelta come artista a Paper Symphony presentando un’opera forte, evocativa. Ce la può descrivere?
«Per me è stata una grande sfida usare la carta come materiale artistico e non come semplice tela, ringrazio Giuseppe Salerno per avermi coinvolto in questo progetto. Lo scorso anno il tema del mio bassorilievo valorizzava l’Italia e la Costituzione mentre quest’anno ho messo in scena la dea della giustizia ricurva, sconfitta, che ha abbandonato la bilancia e fa da contraltare ad una Statua della Libertà spezzata, caduta, forse per sempre. Il curatore intenzionalmente non ha esposto il titolo dell’opera con l’intento di risvegliare lo spirito di osservazione dello spettatore, la curiosità e magari l’istinto critico. Spero che questo sia un esperimento stimolante».

Una visione decisamente pessimista della realtà...
«Con quest’opera ha voluto esprimente tutta la mia sofferenza per gli eventi che hanno scosso il mondo in questi ultimi anni, dalla pandemia Covid 19 fino alla guerra in Ucraina, dove in nome di grandi ideali spesso si sono calpestati diritti fondamentali e libertà ritenute inviolabili. Ma si tratta di un crollo che apre la strada ad una nuova era, la speranza di un periodo di luce, con il passaggio all’era dell’Acquario che è appena iniziata. Nelle mie preghiere chiedo che gli uomini riescono a ritrovare l’umanità in fondo ai loro cuori, solo aiutandoci gli uni con gli altri ci salveremo dalla autodistruzione».

Patrizia da dove nasce la tua passione per la pittura?
«Dipingo per necessità, da sempre. Fin da piccola sono stata attirata dalla comunicazione artistica. È la via per la liberazione, per affrontare le mie paure ed esprimere i miei valori. Ho una predilezione per i paesaggi innevati, tutto ciò che rimane sotto il gelido e candido manto che la neve posa quando giunge la sua stagione vive protetto, al riposo e lontano da qualsiasi pericolosa incursione. L’arte, in questo caso la pittura, diviene per me diretto sfogo per la mia emotività̀ e, scevra da qualsiasi intellettualismo, fa nascere le sue figure e i suoi paesaggi».

Ieri semisconosciuta, oggi un’artista apprezzata a Fabriano e non solo: quali sono state le tappe di questo tuo cammino?
«La passione, la testardaggine, il mio lavoro nelle infiorate e per realizzare grandi presepi sono state esperienze che mi hanno fatto crescere. Successivamente le mie due mostre personali, “Oltre la Neve” a Palazzo dei Convegni di Jesi e “Notturni” presso la Pinacoteca di Fabriano, mi hanno fatto conoscere ad una vasta platea e mi hanno permesso di svelare le mie due anime, quella paesaggistica e quella figurativa. Ringrazio la curatrice Simona Cardinali per la fiducia che ha risposto nel mio lavoro, la mia autostima si è fortificata e sono riuscita a restare a testa alta anche quando qualcuno a “storto la bocca” per il successo che la mia città mi ha tributato. La naif del terzo millennio, come mi chiamano in molti, è un titolo di cui vado fiera, sempre».

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