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Pallamano Chiaravalle, i troppi dubbi del Covid

La riflessione e l'appello del tecnico Cocilova: «Ad oggi 4 dei positivi si sono negativizzati, 5 ancora no. Come quasi tutti in A2, non siamo professionisti, dobbiamo pensare prima a famiglia e lavoro. Fermiamoci»

Pallamano Chiaravalle- Sassari

CHIARAVALLE – «La Serie A2? Dovrebbe fermarsi fino al 2021». Così Albano Cocilova, da tredici stagioni tecnico della Pallamano Chiaravalle che racconta, a campionato fermo e in vista di quella che è la riapertura attualmente prevista per il 12 dicembre, l’esperienza del suo team in epoca Covid.

«La squadra di A2 non si allena più dal 2 novembre. Pochi giorni dopo – spiega il tecnico- due dei nostri ragazzi hanno mostrato, per un solo giorno, sintomi influenzali e sono risultati positivi al tampone. Da lì, tramite un controllo a tappeto, abbiamo scoperto un totale di nove giocatori positivi, tutti asintomatici.  Ad oggi, quattro si sono negativizzati e cinque ancora no. Al momento per noi il problema principale non è iniziare di nuovo ad allenarsi – cosa che cercheremo di fare già lunedì facendo prima un tampone di sicurezza a tutti gli atleti- ma il fatto che parecchi giocatori hanno paura di ricominciare».

Una ripresa che secondo Cocilova andrebbe evitata: «Personalmente non riesco a condividere la scelta della Federazione di ripartire a dicembre quando si poteva aspettare gennaio. I tamponi preventivi, seppur utili, non sono il modo di ovviare al problema. Lo stiamo vedendo anche in A1, ogni sabato due o tre partite saltano. Noi avremmo seri problemi a mettere in campo una squadra in questo momento, i nostri giocatori, come quasi tutti in A2, non sono professionisti e devono pensare prima alla famiglia e al lavoro. Per questo credo sia meglio aspettare altri 20 giorni, almeno fino al 2021, per vedere se ci sono cambiamenti importanti in tutta Italia sul numero dei contagi e sulla diffusione del virus».

Altre società si sono espresse in maniera favorevole al riavvio. «Non riesco a capire la voglia di continuare delle altre squadre- dice Cocilova- ma credo dipenda dal fatto che finora sono stati fortunati a non avere casi in squadra. Oltretutto ci sono problemi logistici: allo stato attuale dobbiamo giocare anche nelle zone rosse, dobbiamo capire come poterci muovere. Ad esempio: quante persone possono salire su di un solo pulmino? Nei viaggi si entra in contatto con molte altre persone aggiungendo fattori di rischio anche solo per fare benzina. Altro punto poco chiaro: i giocatori finora positivi, a cosa vanno incontro dal punto di vista sportivo una volta negativizzati? Stando alle attuali normative non si capisce bene cosa deve fare chi è risultato positivo. Servono test approfonditi? Anche per questo credo sia meglio fermarsi ora per ripartire in sicurezza più avanti. La pallamano non è come il calcio, se c’è un positivo tutta la squadra rischia la quarantena, con tutti i problemi annessi sul posto di lavoro».

Secondo Cocilova: «Noi siamo stati fortunati e dobbiamo dare atto alla società per la risposta tempestiva messa in atto quando ha fatto fare un tampone di sicurezza a due ragazzi che hanno avuto la febbre a 38,5 per un unico giorno. Da qui ne sono usciti altri completamente asintomatici che però, purtroppo, in alcuni casi hanno passato il virus a dei familiari. La Federazione deve capire che la paura non è tanto il contagio tra i giocatori, ma il rischio che questi portano a casa. Non siamo professionisti, fermiamoci finché siamo in tempo».

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