Jesi-Fabriano

Nuova Banca Marche, via libera della commissione Ue alla cessione

Secondo la Commissione europea la vendita delle tre good bank ad Ubi Banca, annunciata lo scorso gennaio, non ha effetti anticoncorrenziali ed è in linea con le regole sugli aiuti di stato. Il via libera rappresenta uno degli ultimi atti che mancano per il closing dell’operazione

Il logo di Banca delle Marche

Doppio via libera degli antitrust europeo e italiano alla vendita delle tre banche ponte italiane – Nuova Banca Marche, Nuova Banca Etruria e Nuova Carichieti – a Ubi Banca. Si tratta di tre delle quattro istituzioni create nel novembre 2015, quando Bankitalia decise di porre le banche in dissesto, insieme a Cariferrara, in procedura di risoluzione. La Commissione europea ha dato il suo ok perché la vendita, annunciata lo scorso gennaio, non ha effetti anticoncorrenziali ed è in linea con le regole Ue sugli aiuti di stato. Nella stessa giornata, l’Autorità Italiana per la Concorrenza (Agcom) ha deciso di non avviare un’istruttoria perché l’operazione «non determina la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante» nel mercato bancario.

Per la Commissione Ue, «Il processo per la vendita delle tre banche ponte era aperta e competitiva, e ha selezionato la migliore offerta disponibile». L’acquisto da parte di Ubi Banca delle tre banche ponte, è scritto nella nota comunitaria, era dovuto alla necessità di vendere a una terza parte i loro restanti «non performing loans». In tale contesto il Fondo di risoluzione – alimentato dal sistema bancario – ha iniettato capitale addizionale di 810 milioni nelle tre banche ponte e concesso una serie di garanzie per i rischi relativi all’operazione. In conclusione, «le misure sono in linea con le regole UE sugli aiuti di Stato».

Dopo le autorizzazioni all’operazione da parte dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass), arrivato a marzo, il via libera della Commissione Ue e dell’Agcom rappresenta uno degli ultimi atti che mancano per il closing , atteso a breve non appena anche la Bce – che già aveva dato il suo benestare informale – invierà la propria autorizzazione.

I termini della cessione sono quelli concordati a gennaio: la ex popolare pagherà formalmente un euro, ma effettuerà un aumento di capitale da 400 milioni (approvato in assemblea il 7 aprile scorso) per aumentare la patrimonializzazione del gruppo in vista dell’acquisizione delle banche ponte; anche le tre banche verranno ricapitalizzate (dal Fondo di risoluzione, quindi dalle banche “sane”) per 450 milioni. L’altra condizione era la cessione di circa 2,2 miliardi di euro di crediti deteriorati, di cui si farà carico il Fondo Atlante. Lo aveva ricordato lo stesso consigliere delegato di Ubi, Victor Massiah, a Jesi il 12 aprile in occasione delle celebrazioni per i 10 anni del Gruppo Ubi: «Al momento – aveva detto – siamo degli osservatori e non possediamo le azioni delle tre banche ponte. Per la finalizzazione della cessione attendiamo il verificarsi delle precondizioni stabilite: autorizzazione da parte delle competenti autorità, razionalizzazione dei costi e ricapitalizzazione delle banche ponte da parte del venditore (il Fondo di Risoluzione) per arrivare ad un CET 1 ratio medio ponderato non inferiore al 9,1%, cessione di 2,2 mld di crediti deteriorati già deliberato dal Fondo Atlante ma ancora non partito». «Dal momento dell’autorizzazione – aveva aggiunto poi a margine dell’incontro – cercheremo di stare dentro entro i 12 mesi annunciati al mercato per l’incorporazione effettiva in Banca Unica delle tre nuove banche».

In dote, le tre banche porteranno oltre 600 milioni di crediti fiscali, spalmabili in cinque diversi esercizi, 900mila clienti, 500 sportelli, 5mila dipendenti, 18,5 miliardi di euro raccolta diretta di cui 14,5 miliardi da depositi della clientela.

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