Jesi-Fabriano

Il ricordo di Iridio Cacciamani, il bancario con la passione della bicicletta

Storico direttore generale della Carisj si è spento all'età di 79 anni all'ospedale "Carlo Urbani" di Jesi. Per lui «la banca era una categoria dello spirito»

Il bancario Iridio Cacciamani

JESI – Lunedì 8 aprile è venuto a mancare all’ospedale “Carlo Urbani” Iridio Cacciamani, aveva 79 anni. Era stato alto dirigente di banca (Banca Popolare di Jesi e Ancona prima, Cassa di Rispermio di Loreto, Banca Marche e Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno in seguito), il più giovane, aveva 39 anni, “direttore generale” di una Cassa di Risparmio in Italia. Ieri pomeriggio, giovedì 11, il funerale nella chiesa di San Massimiliano Kolbe.
Qui di seguito un suo ricordo da parte di persone vicine, da coloro per cui «era e rimarrà “il Direttore”».

«Un Professore diceva che per Iridio Cacciamani “la banca era una categoria dello spirito“. Lui rispondeva ridendo “Avresti dovuto affidare il denaro ai banchieri”, citando il Vangelo di Matteo. Una giovinezza professionale alla allora Banca Popolare di Jesi (poi di Ancona), coordinandone la crescita con le numerosi fusioni delle piccole banche popolari della Provincia e della Regione. Poi nel 1978 il “salto” come Direttore Generale della Cassa di Risparmio di Loreto, in forte difficoltà e in predicato di essere incorporata dalla poi scomparsa Cassa di Risparmio di Ancona. A 39 anni fu il più giovane e, data la situazione della Cassa di Risparmio di Loreto, il più coraggioso Direttore Generale di una Cassa di Risparmio in Italia. Il risanamento e il rilancio della “Carilo”, con nuovi sportelli nella provincia di Ancona e di Macerata.

A metà degli anni ’80 il ritorno a Jesi, dopo avere declinato la nomina a Direttore Generale della allora Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana. Da Jesi la Cassa di Risparmio si espande in tutta la provincia di Ancona e anche di Macerata. Guida la scissione della Cassa di Risparmio dalla Fondazione, seguendo i dettami della allora Legge Amato. Nel fare questo, tuttavia, la sua lungimiranza era forte. La Fondazione Cassa di Risparmio di Jesi, di cui fu primo Segretario, rimaneva come socio di maggioranza, una quota di minoranza veniva data alla allora Cariplo, grande banca che poteva erogare in network servizi a livello locale che una banca minore non poteva offrire, e un azionariato diffuso per potere consolidare i legami con il territorio.

Lungimiranza, appunto, e strategia. E poi il rapporto con i clienti, che erano sia chi depositava soldi sia chi li chiedeva in prestito. Meritavano tutti la stessa attenzione, la stessa cura e, perché no, gli stessi ammonimenti morali. Con loro parlava sempre volentieri per guidarli e consigliargli. Con i dipendenti era un forte motivatore, ma mai sopra le righe. Prima di Natale auguri di persona a tutte le filiali. La sera del 31 dicembre visita di precetto ai dipendenti ancora al lavoro per “fare le chiusure di fine anno”, rinunciando al tradizionale “Veglione”.

Tre suoi alti dirigenti diventarono, poi, a loro volta, Direttori Generali di banca. Con loro, tuttavia, con forte stima reciproca, si dava sempre del “Lei”. L’auto di servizio con l’autista a disposizione era usata solo nelle trasferte, perché almeno riusciva a far risparmiare l’hotel alla banca organizzando più appuntamenti in un giorno. I motti economici derivavano tutti dalla campagna, di cui non rinnegava mai le origini.

Poi la decisione, non solo politica, di fare incorporare la Cassa di Risparmio di Jesi nella Banca delle Marche, progetto che non aveva mai condiviso fin dall’origine. Diceva sempre che era la Banca delle Marche che aveva bisogno della Cassa di Risparmio di Jesi e non viceversa. Dopo oltre venti anni i fatti gli hanno purtroppo dato ragione. Pagò di persona il dissenso lasciando la Banca delle Marche, dove era stato “declassato” a Vicedirettore Generale, volendo chiudere la sua carriera da “Direttore Generale” di banca. Venne chiamato dalla Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, della quale guidò lo sviluppo a Nord della Regione fino ad Ancona. Attenzione ai clienti, motivazione del personale, cura dei legami con il territorio. Rifiutò ogni proposta di iscrizione a partiti e associazioni di vario tipo, asserendo sempre che doveva essere agli occhi di tutti “un tecnico super partes”.

Quando andò in pensione un imprenditore di peso della provincia di Ancona gli disse che aveva perso il suo consulente non solo competente, ma gratuito. Banca, famiglia e… bicicletta, questa la sua vita. Ai funerali, una stratificazione di bancari e banchieri locali, o suoi colleghi o suoi “allievi”. Se ai tempi si fosse seguita la strategia del “Direttore” Cacciamani, il sistema bancario e, di conseguenza, l’economia regionale avrebbero preso una direzione diversa, se non di crescita, sicuramente non di doloroso declino».

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