Jesi-Fabriano

Monte Roberto, l’addio a Giuliano Ciabuschi. Il parroco: «Morire è trovare un nuovo orizzonte»

Nella chiesa di Sant'Apollinare il funerale dell'operaio vittima di un incidente sul lavoro a Jesi. Era stato ferito gravemente dall'esplosione di una caldaia della centrale termica dell'ospedale "Carlo Urbani"

MONTE ROBERTO – Caldo afoso, poca luce e tanta pioggia. Un tempo incerto tra estate e autunno, incredulo e sofferente come le tante persone accorse, dentro e fuori la piccola abbazia. Questa l’atmosfera di stamattina, venerdì 23 agosto, nella chiesa di Sant’Apollinare di Monte Roberto. Oggi infatti si è svolto il funerale di Giuliano Ciabuschi, l’operaio della Coopservice morto il 20 agosto dopo mesi di agonia. Risale al 26 marzo scorso l’incidente sul lavoro causa del decesso: l‘esplosione di una caldaia presso la centrale termica dell’ospedale “Carlo Urbani” di Jesi.

Come ha ricordato il parroco nell’omelia, «Giuliano, ancora giovane e in età lavorativa, lascia moglie e figli, ma anche tanti parenti, colleghi e amici». Per esprimere il suo appoggio alla famiglia e ai cari del defunto, il sacerdote ha narrato il racconto di un anonimo, titolato Fuori dalla mia vista, sul senso della vita e della sua fine: “Sto sulla spiaggia e una vela inizia il suo viaggio nel blu dell’oceano. Si allontana, sembra una minuscola nuvola bianca all’orizzonte. È fuori dalla mia vista, ma è sempre là, alta e imponente, allo stesso modo capace di portare il suo carico di vita. La mia voce dice che se n’è andata, ma altri sono pronti a vederla arrivare”.

Questo il morire, nella messa per Ciabuschi. Un andarsene all’orizzonte, per arrivare altrove: «Giuliano non ci sarà più fisicamente, ma la sua vita continua in una dimensione nuova. Vicino a Dio, potrà dare coraggio alla sua famiglia per andare avanti».

Il narrare, durante il funerale, è stato un provare a dare un senso. Non solo alla fine della vita, ma anche alle morti sul lavoro, argomento taciuto, ma incombente nel corso della cerimonia.

All’esterno della Chiesa la benedizione, prima della sepoltura nel cimitero di Pianello Vallesina. Nel trasporto della salma una rosa bianca cade. E resta sull’asfalto, come domanda aperta e richiesta di verità.

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