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Fallimento Mercatone Uno, rassicurazioni dal primo tavolo di confronto

Impegno da parte del ministro Di Maio per riportare la catena di arredamento all’amministrazione controllata e applicare gli ammortizzatori sociali, retrodatando la cassa integrazione al 24 maggio. Intanto Cgil, Cisl e Uil denunciano la situazione delicata che stanno attraversando i dipendenti rimasti senza lavoro, mentre l'Adiconsum invita chi ha acquistato e già pagato il mobilio senza riceverlo a richiedere l'assistenza dell'associazione

MONSANO – Tempi stretti per risolvere la vicenda, cassa integrazione straordinaria e impegno per cercare di trovare acquirenti ai punti vendita della catena di arredamento Mercatone Uno dopo il fallimento avvenuto nei giorni scorsi. Sono stati i temi al centro del tavolo di confronto straordinario tenutosi il 27 maggio al Mise (Ministero dello Sviluppo Economico) tra il ministro Di Maio, le rappresentanze sindacali di Cgil, Cisl e Uil, i rappresentanti delle regioni dove sono presenti punti vendita, l’assessore regionale Loretta Bravi e i curatori fallimentari. Il colosso imprenditoriale, con 55 punti vendita in Italia e 1800 dipendenti, è fallito il 24 maggio lasciando a casa tutto il personale. Anche le Marche sono interessate dalla vicenda con oltre 140 dipendenti, dei quali circa 110 nei punti vendita di Pesaro, Monsano e Civitanova Marche, e una trentina, tutti marchigiani, dello stabilimento abruzzese di Colonnella. Una situazione grave e delicata, come spiegano il segretario generale di Filcams Cgil Marche, Joice Moscatello, il segretario generale UILTuCS Marche, Fabrizio Bontà e il segretario generale Fisascat Cisl Marche, Marco Paialunga, sulla quale le organizzazioni sindacali desiderano tutte tenere alta l’attenzione.

La vicenda del Mercatone Uno era partita 9 mesi fa quando la Shernon Holding aveva acquistato i 55 punti vendita italiani della catena di arredamento. Purtroppo però il 23 maggio scorso l’azienda è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Milano e il giorno dopo i dipendenti sono rimasti a casa senza lavoro. Il Mercatone Uno era in amministrazione controllata dal 2015, a causa dei circa 400 milioni di debiti, poi nell’agosto del 2018 era stato rilevato dalla Shernon. Due i tribunali coinvolti, quello di Milano per la procedura fallimentare e quello di Bologna per l’amministrazione straordinaria.

«Il Ministro che ha definito la questione “un tavolo prioritario” , ha assicurato la massima vigilanza sul problema, del tutto inaspettato, – spiega l’assessore Loretta Bravi – e ha ribadito la necessità di lavorare con impegno per ottenere dal tribunale di Milano la retrocessione del fallimento e riportarlo all’amministrazione controllata che potrebbe quindi consentire l’applicazione degli ammortizzatori sociali in favore dei lavoratori, non licenziati quindi, ma per ora sospesi come prima fase. Ha garantito – prosegue l’assessore – il suo impegno per retrodatare la CIGS (cassa integrazione straordinaria) da sabato scorso. Quindi ha calendarizzato una serie di incontri e tavoli per individuare nuovi soggetti economici che investano nell’azienda». Di Maio ha poi confermato che intende coinvolgere a breve l’Inps ribadendo nel contempo, riferisce l’assessore Bravi, «il ruolo importante delle Regioni in questa vicenda mostrandosi disponibile ad accogliere le proposte che dovessero venire dai territori per agevolare questo percorso impegnativo e anche in termini di politiche attive e di ricollocamento lavorativo».

Lo sciopero ad aprile dei dipendenti del Mercatone Uno di Monsano (Immagine di repertorio)

«Pensavamo che con la Shernon il Mercatone Uno si riposizionasse sul mercato – spiega Fabrizio Bontà – invece siamo punto a capo e anzi la situazione è addirittura peggiorata perché il marchio oggi non è più spendibile come prima per la perdita di fiducia sia da parte dei fornitori che dei clienti. Infatti alcuni hanno acquistato e pagato merce che non hanno mai ricevuto. I magazzini ad oggi sono vuoti e alcuni fornitori non sono stati pagati».

Dopo che il ministro del lavoro ha rassicurato sull’ammortizzatore sociale e sulla necessità di trovare in tempi brevi acquirenti, l’impegno dei sindacati è quello di far partire la cassa integrazione straordinaria dal primo giorno in cui i dipendenti non hanno più lavorato, ovvero dal 24 maggio scorso. Inoltre chiedono al ministero una soluzione che dia garanzia di reddito ai lavoratori penalizzati dal triste epilogo.

Giovedì 30 maggio si terrà un incontro al Ministero tra Di Maio e i fornitori, mentre nei prossimi giorni è previsto un nuovo tavolo di confronto con i sindacati per tentare di sbloccare gli ordini in modo da accelerare la riapertura dei punti vendita. Intanto tra i dipendenti cresce sempre di più la preoccupazione: già nel mese di agosto erano stati soggetti ad una riduzione oraria e quindi di stipendio con il subentro della Shernon, mente oggi sono tutti “a casa”. Nei punti vendita di Monsano e Pesaro la situazione è ancora più delicata dal momento che tra i dipendenti ci sono anche interi nuclei familiari, mariti e mogli che si sono ritrovati di punto in bianco entrambi senza più uno stipendio.

«Occorre riconsegnare l’amministrazione straordinaria alla gestione generale dell’azienda M Business in modo che possa nuovamente governare l’azienda e garantire la copertura salariale a tutti i dipendenti» spiega Joice Moscatello che precisa anche come l’obiettivo della cassa integrazione non deve essere solo quello di dare una copertura di un anno ai dipendenti, ma di cercare nel frattempo acquirenti per i 55 punti vendita. Intanto, spiega, «aver già ottenuto l’ammortizzatore sociale e un tavolo di confronto urgente è già un bel risultato».

«Chiediamo l’immediata riattivazione dell’amministrazione straordinaria con la conseguente ricostituzione delle situazioni contrattuali dei lavoratori ante cessione a Shernon – spiega il segretario generale Fisascat Cisl Marche, Marco Paialunga – , contestualmente chiediamo la attivazione degli ammortizzatori sociali per salvaguardare il reddito del personale durante questo periodo di chiusura dei negozi. Va infine riattivata una ricerca di investitori seri che possano prendersi in carico i punti vendita e assicurare così un futuro all’azienda e ai lavoratori».

Sulla situazione dei clienti della catena di arredamento che hanno acquistato mobilio e nonostante abbiano versato acconti o pagato l’intera somma, non hanno mai ricevuto né la merce né il denaro indietro, si è espressa l’Adiconsum Marche: «Ancora più pesante è la situazione di coloro che, per effettuare i pagamenti della merce acquistata, hanno acceso finanziamenti, a fronte di prodotti mai consegnati» precisa l’associazione in una nota. «Sollecitiamo la curatela fallimentare a rendersi adempiente rispetto ai contratti già conclusi e attualmente non rispettati, con beni già pagati, in tutto o in parte, ma non consegnati», spiega l’Adiconsum che invita tutti i «consumatori rimasti beffati dal fallimento della società a recarsi presso le proprie sedi, che saranno a disposizione per l’attivazione di tutti i necessari adempimenti».

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