Jesi-Fabriano

La storia di Claudia: da Milano a Jesi combattendo con la sclerosi multipla

Claudia Spadoni è una delle ambassador del progetto "Io non sclero". Ecco il suo racconto

Claudia Spadoni

JESI  – Lei non sclera, ma a volte sì. Perché quando non riesci a fare le scale, a tenere in mano un libro o a ricordarti le cose banali, qualche sclero inevitabile ti viene. Lei è Claudia Spadoni, 38 anni (ne compirà 39 a settembre), copywriter, giornalista e comunicatrice di Cingoli. Nel 2016 le hanno diagnosticato la sclerosi multipla. Oggi è una delle coraggiose donne che ha prestato il suo volto, la sua ironia e la sua storia al progetto “Io non sclero”, sviluppato da Biogen e dalla Fondazione ONDA-Osservatorio Nazionale sulla Salute della donna e di genere, in collaborazione con l’Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM) con il patrocinio della Società Italiana di Neurologia (SIN) per mettere in rete le persone che hanno ricevuto la diagnosi della malattia, e aiutarle.

«Seguo le attività dell’Aism e sono anche vice presidente della sezione di Ancona – ci racconta  – Mi piace l’idea di portare alla luce le singole esperienze che possono essere di stimolo agli altri. Nel 2019 avevo già partecipato, con un messaggio vocale in cui raccontavo la mia storia, ed era stato selezionato andando a comporre una trasmissione radiofonica di Matteo Caccia. Ora mi sono rimessa in gioco con questo progetto, “Io non sclero”, in cui sarò una delle testimonial insieme a Laura e Luana, l’una di Jesolo e l’altra di Alessandria».

Claudia, Laura e Luana saranno le ambassador della community, le loro storie sono state selezionate come finaliste dell’iniziativa 2023 “Le Lettere Senza Tempo”. A fine agosto saranno protagoniste di un video da diffondere sui canali social di “Io non sclero”. Cosa ha scritto nella sua lettera? «Ho condiviso le mie domande sul futuro, tra dubbi e voglia di non privarmi di nulla, di non rinunciare alla mia vita a causa di questa malattia così subdola e invalidante. Nella mia lettera, l’augurio di puntare in alto e di darmi sempre il permesso di splendere».

Quando ha capito che qualcosa nella sua salute non andava?
«In realtà ammetto di aver sottovalutato tanti segnali, perché la vita di prima a Milano era frenetica e piena di impegni, poi perché non pensi mai che sia qualcosa di serio…tendi a banalizzare, trascurare. Anche per autodifesa. A negare. Poi la sclerosi multipla è una malattia subdola, difficile da diagnosticare perché non ha segnali chiari che la identifichino. Ero sempre stanca, ma pensi allo stress… invece un giorno, era il 2013, mi sono svegliata e ci vedevo doppio».

Poi che è successo?
«Mi trovavo a Milano, all’epoca lavoravo per la rivista Marieclaire. Al Pronto soccorso mi diagnosticarono una emicrania con aura. Mi consigliarono visite in un centro specializzato per le emicranie ma non le feci, perché dopo quell’episodio non ne seguirono altri».

Come è arrivata dunque ad avere una diagnosi precisa?
«È stato nel 2016, dopo tre anni di segnali trascurati (come la difficoltà a usare la mano destra sebbene io sia mancina, ma veniva tutto riportato a un problema di cervicale). Nel 2016 ero già tornata nelle Marche. Facevo fatica a stare in equilibrio, avevo vertigini forti e anche fare le scale mi procurava un senso di sbandamento. Ero sempre affaticata, annebbiata. Feci una serie di esami e una risonanza magnetica da cui emerse la diagnosi: sclerosi multipla».

Cos’è cambiato da quella diagnosi?
«Sono cambiate molte cose. Non riesco più a fare le cose di prima, ad esempio un’attività fisica molto sostenuta, lunghe passeggiate. È una malattia imprevedibile, a momenti sei spossata e altri sembri stare bene. Ti costringe a rallentare, ma quello che mi sono sempre imposta è di non permetterle di cancellare la mia identità, di non rinunciare a chi sono».

È stato difficile?
«Molto. Soprattutto all’inizio. Quando ho lasciato Milano e sono tornata nelle Marche, con una diagnosi del genere che ti costringe a cercare una dimensione anche lavorativa più adatta ai nuovi ritmi, mi sono sentita anche discriminata. Ho ricevuto molte porte in faccia. Finché non sono approdata all’agenzia di comunicazione dove attualmente lavoro e che è uno stimolo positivo ogni giorno. Mi sono fatta aiutare, era necessario un sostegno psicologico. Ma adesso sono fiera di me, di essermi rimessa in gioco con il lavoro. Non voglio farmi abbattere dalla sclerosi multipla che non ti molla mai, ma io voglio lottare e rispondere colpo su colpo. Certo, ci sono alti e bassi, non sono sempre così agguerrita».

Quali consigli darebbe a chi si trova nella sua stessa condizione?
«Innanzitutto di non trascurare i segnali. Poi la malattia vive diverse fasi – il rifiuto, il dolore, la negazione, l’accettazione – un po’ come il lutto: bisogna essere consapevoli di cosa è, affrontarla piano piano ma sempre con ottimismo. Rispetto a 20 anni fa, oggi la sclerosi multipla può essere tenuta a bada. Certo, non c’è una cura, ma ci sono valide terapie, stanno uscendo nuovi farmaci. Non è detto che sia invalidante come un tempo. C’è speranza. È importante viverla con consapevolezza, affidarsi a professionisti validi e non vedere tutto nero. La vita cambia, ma non è finita».

Parlare e confrontarsi è importante?

«Molto, anche per condividere i dubbi, le paure e affrontare insieme il cambiamento di vita. Anche per questo ho partecipato al progetto Io non Sclero, insieme a tante altre persone che combattono con questa malattia. Per parlarne, farci conoscere come Aism e condividere, c’è un importante appuntamento il 27 luglio alle 18,30 presso il Museika di Moie di Maiolati Spontini. Un aperitivo solidale per stare insieme…».    



 

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