Jesi-Fabriano

Jesi, San Nicolò. L’ex sindaco Fava e l’ingegner Belcecchi scrivono ai Carmelitani: «Sia almeno aperta e visitabile»

«Non sarebbe un atto consolatorio, ma il tangibile segno di un parziale riscatto da una barbara aggressione» scrivono i due nel messaggio a Padre Adrian Timaru, Priore dei Carmelitani del Santuario della Madonna delle Grazie

San Nicolò, foto d'archivio

JESI – Una lettera aperta indirizzata a Padre Adrian Timaru, Priore dei Carmelitani del Santuario della Madonna delle Grazie di Jesi, proprietari della chiesa di San Nicolò. «San Nicolò sia aperta al pubblico e liberamente visitabile almeno all’interno» chiedono col messaggio l’ingegnere Massimo Belcecchi e l’ex sindaco Gabriele Fava, che per la sorte e la piena fruibilità del gioiello medievale affacciato su Corso Matteotti (il più antico monumento integro della città) si sono a lungo battuti, fino a che gli ultimi recenti sviluppi relativi ai lavori sul complesso ex Giuseppine alle spalle della chiesa hanno fatto loro parlare di «sconfitta per Jesi».

“L’incontro” fra San Nicolò e Giuseppine a seguito dei lavori in corso

«Gentile Padre Adrian – scrivono Belcecchi e Fava – nel corso del tempo la Chiesa di San Niccolò, il più antico monumento di arte medievale della città, ha attraversato tante vicissitudini, anche recenti, che rappresentano un esempio di come l’insipienza, la mancanza di rispetto per i segni del tempo e di amore per il luogo in cui si vive, possano impunemente danneggiare e offendere tradizioni, cultura, bellezza. Oggi si consuma l’ultimo atto che segna la sconfitta definitiva dell’interesse pubblico e di chi, come gli scriventi, sostenuti da moltissimi altri concittadini, ha tentato, purtroppo inutilmente, di valorizzare il bene, risolvendo il problema delle cosiddette “absidi imprigionate”».

Prosegue la lettera: «La libera visione del pregevole complesso absidale, infatti, è ancora oggi ostacolata da propaggini dell’ex convento delle Giuseppine, destinato ad appartamenti privati, che giungono a sfiorare la Chiesa. Una insensatezza, per dirla con un eufemismo. Lei si chiederà, allora, non essendo più possibile modificare la situazione, per quale ragione Le rivolgiamo questo scritto. In realtà Lei ha ancora in mano una carta da giocare: apra al pubblico San Niccolò, nelle ore diurne, in modo tale che sia possibile visitarne liberamente l’interno, in contrasto con la limitata agibilità esterna. Non sarebbe un atto consolatorio, ma il tangibile segno di un parziale riscatto da una barbara aggressione» si conclude il messaggio.

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