Jesi-Fabriano

Jesi, restyling Giuseppine: «Bene ma San Nicolò ancora non si vede»

L'intervento dell’ex sindaco Vittorio Massaccesi: «Un bel passo avanti ma ne occorrono altri due: mai possibile che oggi arriviamo al punto di lasciare coperta per i due terzi la parete sud della chiesa?»

Il cantiere dei lavori fra San Nicolò e le Giuseppine

JESI – «Su San Nicolò un bel passo avanti. Ma ne occorrono altri due». A intervenire è l’ex sindaco Vittorio Massaccesi, con riferimento ai lavori in corso sul palazzo ex Giuseppine, «quello che ancora nasconde – evidenzia Massaccesi – buona parte di San Nicolò».

«C’è chi afferma, a ragion veduta- dice l’ex primo cittadino – che la Soprintendenza non ha posto vincoli, ma ha dato soltanto suggerimenti. La prova è data dal fatto che i lavori in corso prevedono l’abbattimento di parte della zona ultima verso sud, non solo allo scopo di aprire un passaggio per la visibilità dell’abside, ma, più in generale, per ricostruirla con un piano terra di due stanze e, sopra, due appartamenti nuovi di zecca. Come è possibile conciliare tutto questo con ipotetici vincoli?».

L'ex sindaco Vittorio Massaccesi del comitato
L’ex sindaco Vittorio Massaccesi

Secondo Massaccesi: «Dai lavori in atto si ottiene un bel passo avanti rispetto al passato: la possibilità di poter percorrere un “corridoietto” largo un metro e 60 che permette di vedere la bella abside del XIII secolo. In fondo al modesto passaggio c’è tuttora uno sbarramento con un cancelletto fisso e arrugginito che chiude la parte finale del percorso: 40 centimetri! Pare che si potrà accedere all’abside in due modi: o da un ingresso ad arco sempre aperto da via San Nicolò o dall’unica porta del palazzo che abbiamo nella facciata verso piazza Pergolesi, passando all’interno dell’edificio grazie ad un camminamento un po’ labirintico. Se le cose resteranno così, noi stiamo ricostruendo ex novo l’ultima parte del palazzo su via san Nicolò che per sempre continuerà ad imbrigliare i due terzi della parete di destra della chiesa».

Il che non trova d’accordo l’ex amministratore: «Ma se già negli anni ’60, durante le due amministrazioni Borioni, grazie all’impegno dell’assessore alla cultura  dott. Alvise Cherubini, la Soprintendenza aveva autorizzato l’abbattimento  di tutta la fiancata ex Giuseppine che copriva tutta la parete  nord e tutto il tetto, è mai possibile che oggi arriviamo al punto di lasciare coperta per i due terzi la parete sud della chiesa? Una decisione come questa che vede ex novo anche due appartamenti, oltre a dimostrare la mancanza di vincoli, dà l’impressione che si lavori solo per la difesa della stessa cubatura, abbattuta e ricostruita a tre metri da un monumento del XIII sec.! Quindi, dopo il primo passo del tutto positivo, il secondo passo è quello di abbattere in via definitiva tutta la parte ex Giuseppine che ancora copre la parete sud senza, ovviamente, ricostruire sale e appartamenti».

Prosegue Massaccesi: «Dieci anni fa il candidato sindaco Massimo Bacci ce lo aveva promesso al Circolo Cittadino. Se non si approfitta dell’attuale circostanza, non ci si riuscirà più. É da fare anche se costasse qualche soldo. Del resto di milioni a palate ne arrivano a tutti i comuni grazie al Pnrr. E Jesi sta ricevendo ad abundantiam la sua parte. Merito dell’amministrazione che però deve saper trovare quanto necessario per riaprire la trattativa con la proprietà dell’ex convento. Una colletta cittadina potrebbe dare una mano: parola di amici. Il terzo passo è allargare leggermente la parte ultima del corridoio sul retro dell’abside, quella bloccata dal cancelletto arrugginito, in modo che diventi un’apertura praticabile anche da piazza Pergolesi. Come fare? Togliere 10-20 cm allo spigolo dell’edificio il cui interno corrisponde ad una semplice sala, niente di storico o di pregio artistico. E tecnicamente parlando è possibilissimo. Credo che Bacci, prima di lasciare il grave impegno di sindaco, saprà compiere questi ultimi due passi: un grande regalo all’arte, alla storia, alla città. È solo questione di volontà politica da esercitare presso la ditta proprietaria e costruttrice di ben otto appartamenti. La quale ha avuto straordinarie possibilità rispetto a quelle previste in altri tempi quando l’edificio in discussione era in vendita per mezzo milione. E noi, città di Jesi, non lo abbiamo acquistato». 

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