Jesi-Fabriano

Ponte San Carlo, Cioncolini: «Concentriamoci sulle soluzioni, non sul rancore verso “chi c’era prima”»

Il consigliere comunale di Jesinsieme dice la sua sull'infrastruttura che necessita di manutenzione straordinaria urgente: «Rispondere di rivolgersi altrove, come ha fatto il Governo, è grave»

Il ponte San Carlo
Il ponte San Carlo

JESI – Ponte San Carlo, servono soluzioni non dita puntate. A sostenerlo è Tommaso Cioncolini, consigliere comunale di Jesinsieme. Il professore parte proprio dalla tragedia di Genova per parlare dell’infrastruttura jesina, che collega il quartiere Minonna alla città. Un viadotto che necessita di 4 milioni di euro per essere demolito e ricostruito, e al momento vietato al transito dei mezzi pesanti per questioni di sicurezza.

Tommaso Cioncolini

«Il crollo del Ponte Morandi di Genova è un dramma che ha scosso l’intero Paese e allo stesso tempo ha riproposto interrogativi importanti alla politica jesina soprattutto in relazione alla delicata situazione del Ponte San Carlo – evidenzia Cioncolini -. Ma questa triste vicenda rappresenta anche altro. Innanzitutto questa tragedia ha certificato la subalternità della politica locale e dei territori rispetto ai gangli dello Stato e a chi detiene le chiavi del potere in Italia».

Cioncolini cita due esempi, «per essere più esplicito», uno su Genova e uno rispetto a Jesi. «Nel 2017 – ricorda il consigliere di maggioranza – la consigliera regionale Raffaella Paita aveva presentato un’interrogazione circa le condizioni del viadotto; l’assessore regionale su indicazione di Autostrade s.p.a. minimizzò tutte le preoccupazioni. Anche Jesi, di fronte ad una precisa richiesta di aiuto ha già ricevuto risposte negative. Per sbloccare la vicenda del Ponte San Carlo il Consiglio comunale ha approvato a larga maggioranza una risoluzione dall’ampio respiro mediante la quale si chiedeva al Governo e ai parlamentari jesini di sbloccare risorse per risolvere una questione che un Comune come il nostro, in totale autonomia, non sarebbe in grado di sopportare. “Rivolgersi altrove”, questo è stato l’invito. È una risposta grave perché non genera futuro e crea attrito tra i diversi livelli istituzionali».

Secondo Cioncolini, «se la politica non torna ad ascoltare i territori, i bisogni della gente e le questioni concrete che segnano la vita quotidiana degli uomini e delle donne non se ne esce. Ma c’è dell’altro. Non basta più alimentare rancore e puntare il dito su chi c’era prima al governo; bisogna trovare nuove soluzioni per liberare risorse e generare un futuro di fiducia».

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