Jesi-Fabriano

Jesi, l’incontro con Neri Marcorè alla mostra della Fondazione Cardinaletti. «La provincia per me è stata una molla»

Il confronto ha visto Marcoré rispondere alle domande dei giovani volontari della Fondazione, incuriositi dal rapporto dell’artista con la sua marchigianità

Neri Marcorè, l'incontro alla mostra evento della Fondazione Cardinaletti

JESI – Sala gremita nello spazio incontri della mostra evento della Fondazione Cardinaletti, “Jesi e il ‘900 verso il 2050, le farfalle arriveranno”, per l’appuntamento con Neri Marcorè. Un folto pubblico ha atteso l’artista marchigiano, attore, conduttore, imitatore e oggi per la prima volta regista con il film “Zamora” nelle sale, per un confronto che ha visto Marcoré rispondere alle domande dei giovani volontari della Fondazione in una cornice introdotta dal giornalista Giovanni Filosa.

Incuriositi, ragazzi e ragazze della Fondazione, dal rapporto dell’artista con la sua marchigianità. «La provincia – ha detto Marcorè – può essere una tomba o una molla che dà la spinta a scoprire il mondo. Per me è stata questo. Sono cresciuto a Porto Sant’Elpidio, in un ambiente familiare, studiavo al Liceo Linguistico ad Ancona, andando la mattina e tornando il pomeriggio in treno. La scuola mi piaceva, andavo bene senza essere un “secchione”, studiando neanche molto. Quello che ho fatto l’ho iniziato per la passione di farlo. Ed è meglio che sia così: fare con passione le cose che piacciono, senza darsi obiettivi o traguardi. Se questi ultimi non dovessero arrivare, non ci saranno delusioni ma si sarà comunque fatto qualcosa che dà piacere». E riguardo alla marchigianità, «la ritrovo nella mia lentezza, pensiamo a quanto ci mettiamo a dire un nome rispetto al veloce parlare di un veneto! È un paradosso: faccio tante cose insieme ma tutte con lentezza, affrontando un problema alla volta quando si presenta, senza farmi prendere dall’ansia».

Spazio naturalmente per due forti legami con la regione. Il primo, Risorgimarche. «Idea nata dopo la prima scossa, quando mi colpì in particolare ad Arquata il “non ci dimenticate” di una donna. Dopo la seconda, la più distruttiva anche se non fece vittima, pensai serviva di più di un semplice evento o una raccolta fondi. Serviva portare le Marche all’attenzione e portare in quei luoghi quanti più visitatori e turisti possibile. Non ho voluto raccogliere fondi, non ho voluto avere a che fare coi soldi. Dopo ogni evento ho sempre detto che chiunque volesse, poteva facilmente trovare gli Iban dei Comuni a cui fare donazioni, direttamente. C’è chi ci ha detto che in quegli eventi aveva venduto più gelati di quanti ne avesse venduti in tutto l’anno prima, chi invece ci ha semplicemente ringraziato perché l’avevamo riportato tra la gente dopo la tragedia, evitando la depressione in cui stava cadendo. Solo questo, anche solo per una persona sarebbe più che gratificante. E quest’anno si riparte con l’ottava edizione». E poi la Lega del filo d’oro, di cui Marcorè è testimonial: «Una realtà di cui andare fieri, che fa cose straordinarie. E il fatto che prima di me ne fosse stato testimonial Renzo Arbore era ulteriore garanzia di assoluta serietà».

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