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Jesi, “caso” Giuseppine e San Nicolò, la società al lavoro: «Noi corretti»

La posizione della Apotema Costruzioni, società comproprietaria col Comune dell’ex convento di Piazza Pergolesi e che ne sta effettuando il recupero. Intanto è anche battaglia politica

I lavori fra Giuseppine e San Nicolò, immagine d'archivio

JESI – «Noi corretti sulle Giuseppine, nessun danno su San Nicolò dovuto ai nostri lavori. Ci si chiede oggi ciò che la. Soprintendenza un anno e mezzo fa vietava». È, in sintesi, la posizione della Apotema Costruzioni, società comproprietaria col Comune dell’ex convento Giuseppine di Piazza Pergolesi e che ne sta effettuando il recupero. Lavori ad oggi parzialmente sospesi, col Tar che discuterà il prossimo 14 ottobre della richiesta della stessa Apotema per la revoca dello stop. Intanto sulla vicenda, che coinvolge il vicino gioiello medievale di San Nicolò, è anche battaglia politica. Ecco il quadro.

Giuseppine e San Nicolò, la proprietà

Il Dottor Federico Manzotti, amministratore unico della Apotema Costruzioni, società proprietaria – come altri – di alcune unità immobiliari nell’ex convento delle Giuseppine e impresa esecutrice dei lavori, interviene nel dibattito cittadino scaturito a seguito delle segnalazioni dei Frati Carmelitani. «La Apotema Costruzioni si è finora astenuta dal rilasciare dichiarazioni nell’ambito della polemica innescata da varie personalità in merito al destino dell’ex convento, preferendo non tirare per la giacchetta, come hanno fatto altri, le varie amministrazioni, cittadine e non. Poiché, tuttavia, il nostro rispettoso silenzio rischia di essere frainteso, abbiamo convenuto di illustrare alla cittadinanza la correttezza del nostro operato. L’intervento di cui si discute (il recupero dell’ormai fatiscente ex convento delle Giuseppine) è stato preceduto da un lungo iter amministrativo. Il progetto è stato il frutto di un intenso confronto con tutti gli uffici della pubblica amministrazione, Soprintendenza compresa, che all’epoca della presentazione aveva imposto di conservare l’immobile nell’attuale conformazione, ossia con il muro in adiacenza alla Chiesa di San Nicolò. Tale decisione risulta confermata anche dai comunicati stampa emessi dal Comune di Jesi a febbraio 2022. Il Piano di recupero che è stato presentato ha raccolto tali indicazioni e le ha tradotte nei progetti che sono stati adottati: prima della definitiva approvazione, il Piano è stato pubblicato a norma di legge. Ebbene, nessuno – neanche coloro che oggi chiedono l’abbattimento dell’edificio o il suo arretramento – ha mai proposto osservazioni o richieste in tal senso, nemmeno i Carmelitani».

Prosegue Manzotti: «Appare quindi sorprendente che si chieda, oggi, l’arretramento dell’ex convento, dopo che il Piano (per il quale la Soprintendenza aveva dato parere favorevole) è stato definitivamente approvato, dopo che le pratiche edilizie sono state presentate e dopo che sono state investite importanti risorse per la realizzazione dell’intervento. I Frati Carmelitani, con la scusa di danni, hanno ottenuto che la Soprintendenza sospendesse i lavori per la parte di muro che rimane a contatto con la Chiesa di San Nicolò: smentisco categoricamente che vi siano danni imputabili alle lavorazioni da noi fatte. Purtroppo la presenza di acqua nella Chiesa, già riscontrata prima dell’avvio dei lavori, deriva dall’omessa manutenzione e da un generale stato di incuria in cui versa il tetto del monumento. Le grondaie sono rotte, le tegole spostate, la vegetazione è cresciuta negli angoli più disparati del tetto. In ogni caso la Soprintendenza non ha fatto cenno a danni: la sospensione punta solo ad imporre l’arretramento dell’edificio, ossia un risultato che solo un anno e mezzo fa la stessa Soprintendenza aveva vietato! Per parte nostra, non chiediamo altro che poter realizzare quello che è già stato autorizzato: ricordiamo a tutti che Apotema Costruzioni non è un’entità astratta, ma è un insieme di persone, lavoratori e maestranze oggi messe a dura prova da provvedimenti ingiusti».

Giuseppine e San Nicolò, Jesi in Comune

Dalla nuova maggioranza di governo cittadina, Jesi in Comune afferma: «La vicenda di Piazza Pergolesi, che comprende l’edificio dell’ex Giuseppine, la Chiesa di San Nicolò ed ora anche l’eredità di Daniela Cesarini, merita attenzione e cura da parte dell’Amministrazione Comunale che bene ha fatto nel dichiararsi disponibile a promuovere un confronto tra tutte le parti coinvolte. Da parte nostra abbiamo sempre detto che la scelta di realizzare in quel luogo e con quelle modalità la Casa Famiglia voluta da Daniela fosse azzardata e da evitare e lo abbiamo detto dentro e fuori il consiglio comunale, già quando eravamo all’opposizione dell’amministrazione Bacci. E gli ultimi sviluppi, purtroppo, confermano che sarebbe stato più opportuno costruire quella struttura in un altro edificio, meno vincolato e meno problematico. Per noi l’obiettivo primario rimane quello di rispettare le volontà di Daniela Cesarini e dotare la città e le persone che ne hanno bisogno di una struttura adeguata».

Giuseppine e San Nicolò, Jesiamo

Dalla minoranza invece, per Jesiamo: «L’anima populista e contestatrice di Jesi in Comune, l’attuale partito al Governo della città, è nuovamente emersa a pochi mesi dalla vittoria delle elezioni. Jesi in Comune ha voluto fortemente porsi alla guida della città, lo ha fatto criticando aspramente le decisioni delle amministrazioni civiche che l’hanno preceduta, ora è il momento che si prenda le proprie responsabilità e che prenda decisioni. Sul poco nobile tentativo di mettere ancora in cattiva luce chi non c’è più è utile mettere ancora una volta le cose in chiaro: c’è un dietrofront della sovrintendenza sulle cui motivazioni vanno chiesti chiarimenti agli attuali Sindaci Fiordelmondo e Animali. Sulla scelta dell’immobile innanzitutto c’è da dire che una scelta è stata fatta, e sulla stessa ha dato l’avallo anche l’esecutore testamentario di Daniela Cesarini rispettandone quindi le volontà. Su una ubicazione alternativa d’altra parte non sono mai giunte proposte: il dire non lì ma da un’altra parte sembra troppo banale per chi ora ha le chiavi della città».

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