Jesi-Fabriano

Jesi, fontana dei Leoni. Roberto Morosetti: «Ferito da insulti e offese»

Prende la parola il figlio del fumettista Cassio Morosetti, che ha donato due milioni di euro per riportare il monumento in piazza della Repubblica

Piazza Federico II e la fontana dei leoni

JESI – «Mio padre non voleva imporre niente a nessuno. Pensava di fare un regalo alla sua città. Sono profondamente ferito dalle accuse e dagli insulti che gli sono stati rivolti». Rompe il silenzio Roberto Morosetti. Il figlio di Cassio Morosetti, il celebre fumettista che ha donato 2 milioni di euro al Comune per riportare la fontana dei Leoni in piazza della Repubblica, segue da Milano quanto sta accadendo attorno al lascito testamentario. Legge i giornali, ma soprattutto i commenti sui social network.

«Sono abbastanza sconcertato – ci dice -. Non mi aspettavo che la vicenda assumesse questa piega, con richieste di sondaggi, referendum e anche ipotizzando cause legali. Mi è sembrato irrispettoso quanto è stato scritto da qualcuno. “La settimana del Cassio”, “la fontana del Cassio”, doppi sensi che fanno male. Mi hanno ferito, ma soprattutto hanno ferito la memoria di mio padre. Che era tutt’altro che arrogante. E non voleva imporre nulla a nessuno. È stata una manifestazione affettiva nei confronti di una città, la sua città, che amava. Mi dispiacerebbe se l’immagine che voleva lasciare di lui venisse corrosa dai toni che alcuni stanno utilizzando. Se avessi il potere, direi francamente: “non se ne fa niente e fine del discorso”. Ma non ne ho. C’è un testamento, e l’interlocutrice del Comune non può che essere l’esecutrice testamentaria, un notaio. Si muoverà secondo la legge, dando seguito alle disposizioni contenute nell’atto».

A detta di alcuni, la specificazione “per sempre”, nel testamento, potrebbe creare problemi alle future amministrazioni (non per l’amministrazione ndr.). O produrre addirittura la nullità del lascito. «La frase è stata vagliata e accettata da due notai con motivazioni molto precise – specifica Roberto Morosetti -. Magari è stato un errore inserirlo, ma è pleonastico discuterne. Nessuno chiederebbe i danni alla città. Mio padre non c’è più, dunque non può farlo. E io me ne guarderei bene dal farlo qualora la fontana in piazza della Repubblica venisse riportata da un consiglio comunale futuro nel luogo in cui sta ora. Viviamo in una democrazia rappresentativa, pertanto credo che sia assolutamente legittimo quanto fatto dal Comune, chiamato appunto a rappresentare i cittadini. A me dispiace leggere certe offese. Nessuno ha inteso imporre niente a nessuno. Mio padre credeva di fare un regalo alla città. Forse sto parlando anche troppo. Non mi resta che guardare ciò che succede».

Una cosa, tuttavia, non va proprio giù a Roberto Morosetti. «Ho sentito spesso associare il nome di mio padre al fascismo – osserva il figlio -. Negli anni Trenta, il concetto di democrazia non era lo stesso di adesso, anche perché non era praticata. Dopo la guerra, mio padre si è iscritto alla Cisl. Ha votato repubblicano per tanti anni, poi socialista per la stima nei confronti di Nenni. Ultimamente votava Pd. Quindi, no, non era fascista».

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