Jesi-Fabriano

Jesi, sui pedali c’è Marco Bolletta, “biciclettaio pazzo”: le Marche in 20 ore, col sogno dei vulcani

Prepara la Vesuvio - Etna e intanto, con partenza a mezzanotte e rientro alle 20, ha percorso 502 chilometri da Moie ai Sibillini, per l'Adriatica da Porto d'Ascoli a Fano, di lì al Furlo fino all'Umbria e ritorno scalando il San Vicino. «Non impresa, passione»

Marco Bolletta ad Ascoli

JESI – L’obiettivo è, ad ottobre prossimo, la “Two Volcano Sprint”: sui pedali da vulcano a vulcano, dal Vesuvio all’Etna, attraverso milleseicento chilometri, 36mila metri di dislivello e paesaggi indimenticabili. Per arrivarci pronto, Marco Bolletta, jesino, 45 anni, “ilbiciclettaiopazzo” per chi ne segue le vicende su Instagram, si allena ad esempio percorrendo letteralmente tutte le Marche in bici, dal loro centro al sud, per poi risalire a nord e tornare al punto di partenza. Dai Sibillini all’Adriatico, dal Conero al Furlo. In meno di 20 ore. «Nessuna impresa – dice – per il mondo dell’ultracycling un allenamento. Perché la bici è vita, è questo l’insegnamento: l’importante è rialzarsi, sempre. E se non sei tu a spingere, la bici resta ferma e non va avanti. Quindi che il vento sia contro o a favore, che la giornata sia o non sia la tua, non ti puoi fermare». Attenzione, tenete d’occhio la carta geografica e, come si dice nei film, sincronizzate gli orologi.

È venerdì 20 maggio scorso, per la precisione lo è da non molto: 18 minuti dopo la mezzanotte, il “biciclettaio pazzo” è in sella e comincia a pedalare da casa sua Moie di Maiolati. «Santa Maria Nuova, Filottrano, Osterianuova, Macerata – scandisce Bolletta – poi verso i Sibillini: San Ginesio, Sarnano, Amandola, Comunanza». Alle 5 e 55 del mattino, Marco è ad Ascoli Piceno. «Con lo spettacolo del sorgere del sole visto lungo la strada- racconta – sono un amante delle foto all’alba, partire di notte è bello per la magia del cielo quando appare il sole: presto, se è verso la costa che vai, molto più prolungato se la direzione è l’altra. Un’emozione che mi piacerebbe tutti potessero provare, sia chi vedendomi mi dà magari del matto, sia chi forse mi invidia». Non è finita qui.

«Da Ascoli, verso il mare fino a Porto d’Ascoli. E poi, di lì, tutta l’Adriatica, costeggiando il mare, fino al Conero. E lì, col traffico, c’è da fare attenzione e stare bene in campana. Arrivato in zona, su a Sirolo e poi la salita del Conero, per scendere ad Ancona sul Passetto. Quindi di nuovo l’Adriatico, fino a Fano». Da dove Marco spinge la sua bici a internarsi di nuovo. «Fossombrone, Fermignano, Acqualagna. La bellezza della valle del Metauro e di posti come le Marmitte dei Giganti. E poi Cagli, Cantiano, Scheggia e il passaggio in Umbria. Per poi cominciare a rientrare, verso Sassoferrato, Cerreto d’Esi, Matelica». Rientrare ma non troppo, anche se i chilometri sono diventati intanto 470. «Non potevo non salire al San Vicino, è la mia seconda casa, c’è in tutte le mie uscite. Nell’estate 2020 ci ho fatto un “everesting”. Ovvero, coprire l’altezza degli 8 mila e 848 del monte Everest su un’unica salita: ho scalato 14 volte il San Vicino, dalle 2,30 della notte alle 20 di sera». Infine, dopo 520 chilometri, percorsi ai 6 gradi di Amandola o ai 37.5 di Fermignano, il rientro a casa, alle 20,10: meno di 20 ore totali, con 18 ore e 28 minuti effettivi di bici. Un mezzo che nella vita di Marco c’è da sempre.

«Il negozio di famiglia, Bici Shop, è stato un riferimento per 41 anni. L’ho chiuso per problemi familiari 5 anni fa e ho cambiato vinta. Ora faccio l’oss, a Villa Jolanda e ho anche tempo per allenarmi in bici, di cui sono sempre stato appassionato. Nel 2020, col lockdown, un cambiamento mentale: mi sono sentito, come tutti, in prigione, e ne sono uscito trasformato. Ho iniziato ad affrontare in solitaria viaggi in bici come a Firenze o a Roma. Poi l’everesting». E ora i vulcani.

«Vesuvio, costiera amalfitana, Salerno, Matera. Poi indietro fino alla Calabria, per salire sulla Sila, scendere a Cosenza, superare lo stretto col traghetto e poi gli ultimi 250 chilometri fino all’Etna. Una prova “unsupported”: una volta partito, sei tu, la tua bici e il tuo navigatore. Devi cavartela da solo. Non vince il più forte ma chi sa gestire meglio». Tutto «per pura passione e divertimento, la bici è per me una compagna di vita, che mi ha aiutato anche nei momenti difficili. Non lo faccio per l’impresa o per visibilità. Lo faccio per dedicare ogni cosa che faccio ai miei tre figli e con un grazie enorme alla mia compagna per il supporto».

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