Jesi-Fabriano

Giorno della Memoria: storia di Giulio Ottolenghi, jesino ucciso ad Auschwitz

Lunedì 27 gennaio sarà scoperta la prima pietra d'inciampo a Jesi, in via del Prato, nei pressi dell'abitazione da ragazzo dell'uomo, vittima della Shoa. Nell'atrio comunale scoperte due epigrafi per ricordare eccidio nazista e martiri delle foibe

Il Presidente del Consiglio comunale Daniele Massaccesi e il vice sindaco Luca Butini scoprono le due lapidi nell'atrio del Comune

JESI – Si chiamava Giulio Ottolenghi ed era nato nel 1893. Lunedì prossimo 27 gennaio alle 12 una pietra d’inciampo per ricordarlo sarà posta in via del Prato.

Nei pressi dell’abitazione, scomparsa (fu abbattuta proprio per realizzare l’attuale asse stradale), dove in quello che era allora Largo Mercatale – oggi Grammercato- Giulio Ottolenghi aveva abitato da ragazzo con la famiglia fino alla Prima Guerra Mondiale alla quale, soldato, partecipò. La pietra d’inciampo, la prima mai posizionata a Jesi, ricorderà che lo jesino Giulio Ottolenghi, in seguito trasferitosi a Milano, in quanto di origini ebraiche venne, nel dicembre del 1943, arrestato e poi deportato al campo di sterminio nazista di Auschwitz in Polonia, dove fu assassinato il 23 dicembre del 1944.

La pietra d’inciampo in ricordo di Giulio Ottolenghi che sarà posta in via del Prato

«A Milano- ricorda Francesco Maria Tiberi del servizio relazioni esterne del Comun e- Ottolenghi lavorava come impiegato in un’azienda. In seguito all’introduzione delle leggi razziali (nel 1938) fu licenziato perché, appunto, di origini ebraiche. Nei documenti d’archivio restano le missive al Prefetto con cui chiedeva di essere riammesso al lavoro ricordando anche la propria partecipazione alla Grande Guerra. Ma non ci fu nulla da fare. Dopo l’8 settembre 1943, venne arrestato a Milano, portato al carcere di San Vittore e quindi al campo di concentramento di Fossoli, per poi essere inviato ad Auschwitz». La pietra d’inciampo è un piccolo blocco quadrato di cm 10×10, ricoperto di ottone lucente, posto davanti la porta o nei pressi della casa nella quale ebbe l’ultima residenza o nacque un deportato nei campi di sterminio nazisti. Essa ne ricorda il nome, l’anno di nascita, il giorno, il luogo di deportazione e la data della morte. È stata creata nel 1992 dall’artista tedesco Gunter Demnig per ricordare le vittime del nazismo e reagire a ogni forma di negazionismo

La posa della pietra d’inciampo sarà accompagnata da una prolusione di Marco Labbate, ricercatore di storia contemporanea presso l’Università “Carlo Bo” di Urbino, e dagli interventi degli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore Galileo Galilei di Jesi coordinati dalla professoressa Carla Tiberi. La cerimonia farà parte del programma di commemorazioni per il Giorno della Memoria, appunto lunedì 27 gennaio, che ricorda la Shoa in occasione dell’anniversario della liberazione proprio del campo di Auschwitz, e del successivo Giorno del Ricordo del 10 febbraio, per «conservare e rinnovare- come recita la legge istitutiva del 2004- la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra».

Le due epigrafi nell’atrio del Comune

Il programma si è aperto questa mattina 23 gennaio, con lo svelamento, ad opera del presidente del consiglio comunale Daniele Massaccesi e dell’assessore alla cultura e vice sindaco Luca Butini, delle due nuove epigrafi apposte nell’atrio del Comune. Una ricorda: «27 Gennaio, Giorno della Memoria. I cancelli di Auschwitz furono abbattuti. La Città di Jesi non dimentica l’odio e gli orrori». L’altra: «10 Febbraio, Giorno del Ricordo. Perché non scenda mai la notte del silenzio sull’eccidio delle “Foibe”, sulla ferocia di un regime e su quella degli uomini». Presente il consigliere d’opposizione Pd Lorenzo Fiordelmondo.

Domani 24 gennaio alle 18,30, nella sala maggiore del Palazzo della Signoria, si terrà la performance teatrale dal titolo “Se mi dimentichi non sono mai esistito”, a cura dell’Istituto Marchigiano di Logoterapia e Analisi Esistenziale. Scritto da Gabriele Toppi, «lo spettacolo- si legge nelle note di regia- proporrà allo spettatore un percorso diverso, passando attraverso emozioni e tentativi di immedesimazione, per colpirci e ricordarci che il dovere di raccontare la storia della Shoah è anche nostro». Dice Marianna Di Domenico, dell’Istituto: «Una toccante testimonianza che cercherà di far provare al pubblico, che sarà coinvolto, ciò che ha provato chi ha vissuto quegli anni».

Scoperte le due nuove epigrafi nell’atrio del Comune

Il recital per parole e musiche scritto e prodotto dalla Corale Santa Lucia e previsto a ingresso libero domenica 2 febbraio alle 17,30 al Teatro Pergolesi segnerà un altro momento importante del programma. Lo spettacolo, dal titolo “Musica per la vita”, alternerà momenti musicali con canti della tradizione ebraica e musiche di film ispirati alla Shoah a momenti recitativi in cui prenderanno vita sulla scena personaggi storici come Liliana Segre, tra gli ultimi testimoni sopravvissuti alla distruzione degli ebrei d’Europa, alla quale, tramite un suo delegato, sarà conferita, al termine della pièce, la cittadinanza onoraria. «Musica, danza e recitazione saranno coinvolte in un lavoro a tutto tondo, sicuramente il più impegnativo mai affrontato dalla corale» sottolineano Eleonora Peroni che ha curato lo spettacolo, Maria Elisabetta Santarelli, la direttrice Maria Beatrice Calai e il presidente Daniele Rossetti.