Jesi-Fabriano

Funerale Sampaolesi, il parroco:«Forse il Signore aveva bisogno di un artista lassù»

Questo pomeriggio la funzione nella chiesa di San Francesco di Assisi a Jesi officiata da don Pierpaolo Fabbri. In tanti hanno salutato il titolare del "Tamburo battente", noto anche per i suoi quadri. E proprio le sue tele lo hanno accompagnato anche nell'ultimo viaggio

I fiori e i quadri per l'ultimo saluto a Gino Sampaolesi

JESI – «Forse il Signore aveva bisogno di un artista anche lassù». Con queste parole il parroco della chiesa di San Francesco di Assisi, Pierpaolo Fabbri, ricorda Gino Sampaolesi, personaggio jesino del mondo dell’arte e titolare del locale il Tamburo Battente di Castelbellino. Questo pomeriggio alle 15 si è svolto il funerale, tra gerbere bianche e rosa. A destra e a sinistra della bara i suoi quadri. E poi i familiari, i fratelli, il figlio Tommaso. Gino Sampaolesi è morto domenica sera, 9 novembre, nella sua casa di Scorcelletti, colto da malore (leggi l’articolo).

Un particolare di un quadro di Gino Sampaolesi

«Gino ha avuto da Dio un grande dono, quello di essere un artista e di saper esprimere attraverso le tele se stesso. Ma il suo è un dono per tutti – dice il parroco – Tutto ciò che era è finito nelle sue opere. Ci rimangono quelle, è vero. Però ci rimane anche qualcosa in più. Di Gino dentro di noi rimane la sua presenza. Ognuno di noi ricorderà Gino per una parola, un gesto, un modo di fare. Quello che ci rimane, oltre le tele, è l’amore che lui ha saputo seminare sulla terra».

In tanti c’erano a salutare “l’ex calciatore, l’oste, l’ex impiegato di banca” come alla fine della messa qualcuno lo ha ricordato. Esponenti della cultura di Jesi e artisti. Ma soprattutto amici. Un personaggio poliedrico, un curioso, un uomo di grandi conoscenze, un amante della cucina…Le forti pennellate dei suoi quadri, i colori accesi, il giallo, il rossso, il blu, ricordano la vivacità del suo temperamento. E le sue tele oggi sono lì, accanto a lui, nell’ultimo saluto. Poi la musica si alza e Rosa Sorice intona la celebre aria “Lascia che io pianga”. La melodia si spegne nel silenzio della sala.
«Oggi non si attacca e non ci si difende: oggi si vola soli», come recita una poesia, parole regalate ai presenti dalla voce di Maria Grazia Tiberi.