Jesi-Fabriano

Francesco Zampetti, fra cadetta e vivaio: «Rugby Jesi, una famiglia a sostegno»

Giocatore della formazione di Serie C2 affidata a Francesco Trillini e tecnico della Under 10, parla uno dei giovani punti fermi sui quali la società del presidente Luca Faccenda può sempre contare

Al centro, secondo da destra, Francesco Zampetti con la maglia del Rugby Jesi

JESI – Pronto al “sostegno”, in campo con la formazione cadetta del Rugby Jesi ’70- guidata dal tecnico Francesco Trillini e attesa dalla seconda stagione nel torneo di C2- e al fianco dei suoi minirugbisti da allenatore del vivaio. Francesco Zampetti è, nella duplice veste, una di quelle colonne sulle quali la società del presidente Luca Faccenda può sempre contare.

Francesco Zampetti, a destra, qui con Andrea Angelucci

«Con la cadetta– spiega Francesco- abbiamo ripreso ad allenarci appena è stato possibile, insieme alla prima squadra. Chi voleva infatti poteva aggregarsi al loro gruppo per lavorare insieme. In seguito, dopo la pausa estiva ad agosto, abbiamo anche noi iniziato dai primi di settembre a prepararci per il prossimo campionato di Serie C2. Il via ci attenderà dal 15 novembre».

Che gruppo è il vostro?

«Anche se si tratta di un gruppo giovane e che è appena al secondo anno insieme, e anche se nasce dall’unione di giocatori di tre società diverse, e cioè Jesi, Fabriano e Falconara, quella che si è venuta a creare è una unione forte. Stiamo bene insieme, anche la scorsa settimana siamo stati in ritiro dormendo in tenda per una notte sul San Vicino. In fondo è questo lo spirito del rugby: fare gruppo e darsi sostegno l’uno con l’altro, fuori così come accade in campo».

Cosa ti ha conquistato di questo sport?

«Gioco da 14 anni. Ho iniziato perché mio fratello già giocava e la domenica, con la famiglia, venivamo a vedere le partite. Sono stato fortunato, era il periodo in cui si stavano formando le squadre del settore giovanile. E ho subito cominciato, credo fra la Under 7 e la Under 9 di allora».

Il rugby è?

«Del rugby mi piacciono il clima, il rispetto che c’è nei confronti dell’avversario e dell’arbitro oltre che nella squadra, il fatto che anche il fenomeno, se non ha una squadra che gli dà il sostegno, da solo non può fare la differenza. Il sostegno, appunto: sostenere è uno dei principi fondamentali del rugby. E poi amo il clima che c’è al club, quello di una famiglia».

Poi c’è l’impegno di allenatore.

«Lo porto avanti da 4, 5 anni, sempre fra la under 10, con cui sono quest’anno, e la under 12. I bambini danno una soddisfazione enorme. Non tanto il fatto che vincano o meno le partite ma quando li vedi che migliorano. Un bambino che non riusciva a placcare e che, per la prima volta, riesce fare un bel placcaggio, è una cosa grande. Anche qui abbiamo ripreso: già a inizio estate dopo il lockdown, anche ai giardini pubblici quando ancora non si poteva venire al campo. E poi, appena è stato possibile, al club».

Cosa ti dà l’esperienza di allenatore?

«I bambini trasmettono sempre felicità. Sono allegri, sorridenti. E quando arrivi al campo e li vedi ridere e giocare, magari dopo una tua giornata pesante al lavoro, finisce che rallegrano anche te».

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