Jesi-Fabriano

Cosa spinge a filmare e condividere scene hot o violente: tra esibizionismo, voyeurismo e sadomasochismo

Il video di due giovani che consumano un rapporto sessuale nel parcheggio di un centro commerciale a Jesi ha suscitato ironia e indignazione. Ecco il parere dell'esperto

Frame del video in cui due giovani amoreggiano in un parcheggio a Jesi

JESI – Due ragazzi che hanno un rapporto sessuale in un parcheggio di un centro commerciale di Jesi, incuranti della gente che passa e di chi, a loro insaputa, punta il cellulare e registra, per poi lanciarlo in pasto alla Rete: è successo ieri mattina.
Uno stupro di gruppo che diventa virale quando gli aguzzini lo mandano in Rete come un trofeo, in Italia ci sono stati diversi casi eclatanti. Maltrattamenti su animali, fotografati, condivisi e commentati. Momenti intimi in camera da letto, che dalla dimensione privata della coppia degenerano in una visione hard collettiva quando le immagini o i filmati vengono rubati, hackerati e diffusi su gruppi whatsapp o sui social: è successo a Belen Rodriguez e alla showgirl Guendalina Tavassi proprio di recente.
La lista potrebbe essere interminabile perché il fenomeno della riproduzione di immagini hot o violente e la loro condivisione assume connotati e sfumature infinite. Stiamo viaggiando su un doppio binario: quello della perversione e quello del reato, poiché la diffusione di certi contenuti si configura come “revenge porn”.

Se la pornografia non è reato, se sbirciare su siti hard è consentito dalla legge, non lo è divulgare materiale hard (o peggio, pedopornografico) senza il consenso del titolare/protagonista del video o delle immagini. Ma da dove arriva questa smania di guardare, filmare e condividere certi contenuti?
Lo abbiamo chiesto al direttore dell’Unità Operativa di Psichiatria dell’Area Vasta2 dottor Massimo Mari.

progetto mens jesi
Il direttore del Dipartimento Salute Mentale Area Vasta 2, Massimo Mari

«Il piacere di esibirsi, di mostrarsi e di essere guardati ci appartiene fin dall’età infantile – spiega – e ci accompagna anche in età adulta, alimentato e direi meglio fomentato anche dai social, in una sorta di esibizionismo patinato e costruito che ci dà piacere ed eccitazione. Non c’è esibizionista che non abbia il suo voyeur, tra le parti si instaura una dinamica sessuale che non può soddisfare l’uno senza l’altro. Questo avviene e si protrae laddove i soggetti abbiano avuto una maturazione sessuale incompleta, se tali atteggiamenti non sono preliminari di un gioco erotico completo e condiviso ma quando siano il fine stesso della sessualità: la dimensione alterna il piacere di chi ama filmare a quello di chi ama farsi filmare. Siamo sul terreno della perversione vincolare denominata esibizionismo-voyeurismo».

C’è piena consapevolezza in quelle azioni o scatta un meccanismo psicologico di rimozione?
«No, le perversioni sono egosintoniche, l’io sa perfettamente quello che la persona sta facendo, è comunque una libera scelta cosciente. Il mercato della pornografia mette a disposizione prevalentemente questa dimensione virtuale della sessualità che ovviamente da una soddisfazione molto parziale. Talora questo modo di eccitarsi si unisce ad una grave componente sadica e/o psicopatica per cui al piacere di mostrarsi-guardarsi reciproco si unisce il sadismo di umiliare l’altro trasformandolo in un oggetto disprezzato ed esposto al pubblico ludibrio il che ovviamente è una grave lesione e quindi un reato».

Ma questo avviene anche quando i contenuti sono di violenza, su persone o animali?
«In questo caso subentra il sadismo, in cui il piacere sta nel distruggere ed umiliare per avere l’eccitazione, l’aspetto prioritario è lo scarico dell’odio e il piacere arriva dalla distruttività ad esempio con riproduzione di scene violente su persone o animali. Quelle azioni trasformano la persona o l’animale che ne è vittima in un oggetto inanimato, un feticcio, utile a realizzare le proprie fantasie sessuali. In questi contesti si creano vincoli sado-masochistici, in cui il piacere sta nell’umiliarsi reciprocamente a turno anche nella dimensione simbolico-relazionale: sono meccanismi molto difficili da spiegarsi, in quanto ovviamente irrazionali, ma molto frequenti nei legami di coppia».

Sono anche meccanismi di difesa se il soggetto stesso ha subìto un abuso o una violenza?
«Sì frequentemente, spesso avviene in chi ha subìto una violenza, un maltrattamento o un abuso. L’io della persona abusata si identifica con l’aggressore e spesso la persona abusata diviene un abusante».

Queste forme di perversione possono essere bloccate con terapie o farmaci?
«Qualsiasi perversione egosintonica non si blocca con farmaci o terapie, la problematica soggiacente e scatenante di natura traumatica può essere ricercata con una psicanalisi di modo che la persona possa rappresentarsi un significato dei suoi comportamenti, ma comunque l’interruzione di un comportamento perverso egosintonico necessita di una scelta di rinuncia del soggetto. Ciò che può bloccare questi comportamenti è la paura delle conseguenze di legge, di eventuali sanzioni, dell’arresto poiché queste perversioni sfociano spesso nei reati connessi alla diffusione di materiale pornografico o pedopornografico etc.».

Sono perversioni che appartengono a soggetti “malati”?
«No, la perversione, il voyeurismo sono una tappa dello sviluppo psicosessuale di ciascuno di noi, poi bisogna vedere se rimane una tappa o il fine ultimo della relazione sessuale, ciò dipende dalla possibilità di elaborazione e superamento di tutte le tappe in ciascuna persona: se non si ha avuto la possibilità di sviluppare un io maturo capace di instaurare una relazione alla pari tra soggetti, ci si soddisfa con relazioni parziali dispari tra soggetto ed oggetto in cui il piacere, l’eccitazione e lo sfogo libidico si arresta talvolta alla visione/produzione  di immagini sessuali o violente in cui altri sono ridotti ad oggetti. Abbiamo comunque ampio mercato di tale pulsionalità parziale ad esempio la trasmissione Grande Fratello in cui i protagonisti hanno rapporti sessuali o litigano ferocemente davanti alle telecamere: soddisfano così la necessità di voyeurismo del pubblico e ciò fa parte del mercato della “immagine sessuale”, non certo di identificazioni sessuali relazionalmente mature».   

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