Jesi-Fabriano

Coronavirus, Bacci a Ceriscioli: «L’Urbani torni alla sua utenza, stop malati da altri territori»

Lettera del sindaco di Jesi: «Ci sono le condizioni per liberare posti, farsi carico di ulteriori pazienti Covid-19 da altri ospedali non troverebbe la nostra condivisione»

Il sindaco Massimo Bacci

JESI – Il sindaco di Jesi Massimo Bacci scrive al presidente della Regione Luca Ceriscioli e chiede che si avvii il “ritorno alla normalità” dell’ospedale Carlo Urbani. «Ci sono le condizioni per liberare posti e permettere di tornare ad erogare i propri servizi al bacino di utenza della Vallesina» scrive in buona sostanza Bacci, nelle vesti anche di presidente del Comitato dei sindaci dell’Ambito Sociale IX.
In particolare Bacci evidenzia: «Neanche un quarto dei ricoverati Covid-19 all’Urbani è del nostro territorio, ricondurre all’ospedale di Jesi ulteriori pazienti da altri territori non potrà trovare alcuna condivisione da parte dell’amministrazione comunale».

«Gentile Presidente – scrive Bacci -, partecipiamo con piena soddisfazione e grande fiducia alla progressiva riduzione, anche nella nostra regione, dei contagi da Covid-19 a conferma che le misure adottate da Governo e Regioni si stanno dimostrando efficaci. Aggiungo – ribadendolo ancora una volta – il senso di gratitudine per aver individuato in Jesi la sede dove ospitare l’ospedale da campo della Marina Militare che, sono certo, darà una risposta importante per ridurre il carico del Carlo Urbani, specialmente per quei pazienti Covid-19 usciti dalla fase critica e che possono trovare in questa struttura temporanea un posto sicuro per essere sempre sotto controllo medico».

Subito dopo però ecco l’affondo. «Partendo da queste positive premesse, faccio proprie le preoccupazioni che stanno insorgendo, circa il rischio che Jesi debba farsi carico di ulteriori malati Covid-19 provenienti da altri ospedali, con ciò continuando a bloccare l’attività di reparti che avevano messo a disposizione i propri posti letto per affrontare l’emergenza. Ad oggi, su circa 90 pazienti ricoverati – a fronte del picco di quasi 110 delle settimane scorse -, neanche un quarto è del nostro territorio, con ciò confermando l’importante ruolo dell’ospedale di Jesi a servizio della sanità regionale».

Da sinistra il capitano di vascello della Brigata Marina San Marco Aldo Sciruicchio e il sindaco Massimo Bacci in visita all’ospedale da campo della Marina Militare

Bacci afferma: «Ora, grazie anche al suddetto ospedale da campo della Marina Militare, si ritiene vi possano essere le condizioni di liberare posti per permettere al Carlo Urbani di poter lentamente tornare ad erogare i propri servizi, in particolare quelli delle Chirurgie, per un bacino di utenza che, come ben sa, è superiore ai 100 mila abitanti. Ogni altra ipotesi che ricondurrebbe al Carlo Urbani pazienti di altri ospedali o nuovi ricoveri di utenti che possono essere curati negli ospedali più prossimi alla loro residenza, non potrà trovare alcuna condivisione da parte di questa Amministrazione comunale che, viceversa, ritiene importante concertare con la Regione Marche e le autorità sanitarie un percorso virtuoso che consenta una ridistribuzione coerente e corretta dei soggetti Covid-19 in tutte le strutture sanitarie che ne hanno capacità e mezzi».

L’ospedale “Carlo Urbani”

Conclude Bacci: «In tale ottica, mi sento anche in dovere – sia come sindaco, sia come presidente del Comitato dei Sindaci dell’Ambito IX – di chiederle, credo in piena legittimità, che ogni determinazione futura in termini di sanità pubblica non potrà prescindere dal pieno coinvolgimento di chi, per ruolo istituzionale, è responsabile della sanità pubblica del proprio Comune. Un coinvolgimento che è stato disatteso, anche comprensibilmente, nella primissima fase di crisi più acuta, ma che avrebbe dovuto essere superato subito dopo e che non può assolutamente perpetuarsi al giorno d’oggi. A disposizione per ogni ulteriore chiarimento, resto in fiduciosa attesa di azioni coerenti ad una sanità marchigiana rispettosa del principio di sussidiarietà e di condivisione di una tematica che deve coinvolgere responsabilmente tutti».

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