Jesi-Fabriano

«Se continua questa deriva dell’ospedale non siamo più disponibili a vedere lì il nome di Carlo». Lettera aperta della famiglia Urbani

Indirizzata agli amministratori della sanità marchigiana. Disponibilità a visitare i reparti insieme ai responsabili sanitari per verificare le criticità segnalate. «Ci sta a cuore il futuro della struttura che si è trasformata in un bacino sanitario precario»

L'ospedale "Carlo Urbani" di Jesi
L'ospedale "Carlo Urbani" di Jesi

JESI – A proposito delle criticità che affliggono l’ospedale intitolato a “Carlo Urbani” la famiglia del noto medico della Sars” prende posizione con una lettera aperta, a firma della moglie Giuliana Chiorrini e dei figli.

Lettera aperta indirizzata agli amministratori della sanità marchigiana “con lo spirito di migliorarne la situazione”.

Con una considerazione importante: il non essere più disponibili, se la stessa situazione attuale dovesse permanere, “a vedere su quella struttura, il nome di Carlo, medico che si è speso fino al sacrificio finale per garantire l’accesso alla salute a chi ne era ingiustamente privato”.

Questo, di seguito, il testo integrale:

“È sempre più insistente l’ipotesi di ulteriore ridimensionamento dei servizi dell’ospedale “Carlo Urbani” di Jesi, una realtà che nelle intenzioni della Regione doveva essere un fiore all’occhiello della sanità marchigiana.

In questo momento, in cui registriamo il progressivo depauperamento dei servizi sanitari e degli organici di questo ospedale, vogliamo ricordare le parole con cui mio figlio maggiore, Tommaso, aprì la cerimonia di intitolazione dell’ospedale, sabato 13 dicembre 2014: «Quello che io e la mia famiglia auspichiamo – diceva –  è che tutti quanti lavorano qui applichino quotidianamente quegli ideali che hanno fatto crescere e accompagnato mio padre, disponibilità, rispetto, passione per la professione».

Con amarezza dobbiamo verificare che quello spirito, se esisteva, e non ne abbiamo dubbi, si è perso quasi completamente.

Solo pochi giorni fa una signora di 75 anni, malata di enfisema polmonare, si è rivolta alla presidente della Camera Laura Boldrini rappresentando un quadro disperato del reparto in cui era ricoverata, dall’iniziale impoverimento con trasferimenti di medici, alla situazione attuale, in cui il reparto funziona con un organico di due medici in degenze e uno in ambulatorio. 

Già nel giorno dell’inaugurazione fu notato che il pannello che indicava la divisione BPN non c’era, come fosse già decisa una soppressione che si è consumata nel tempo.

Conosciamo personalmente e direttamente la qualità dei servizi del “Carlo Urbani”, garantiti solo dalla disperata abnegazione del personale sanitario che cerca di salvare il salvabile.

Sappiamo tutti che la situazione è drammatica un po’ ovunque, che si lavora per creare eccellenze sanitarie nel territorio, ma è altrettanto innegabile che ci siano situazioni al limite della sopravvivenza. Crediamo, come famiglia che ha accettato con orgoglio di accompagnare questa realtà con il nome di un nostro caro, che queste ambiguità vadano rimosse.

Il “Carlo Urbani” nasceva come punto di riferimento di qualità per tutto il territorio della Vallesina: si sta lentamente trasformando in bacino sanitario precario dal quale molti medici sono partiti e molti altri sono in fuga. Ci chiediamo, a questo punto, se esista un progetto di futuro per il “Carlo Urbani” nel piano sanitario regionale – e non crediamo sia di dismissione – e come quello che sta succedendo possa essere compatibile con le previsioni di questo piano. 

Siamo – come tanti – persone che si rivolgono a questo ospedale, e ci sta a cuore il suo futuro. Dobbiamo, con amarezza, annunciare, che qualora la situazione mantenga questa triste deriva, non saremo più disponibili a vedere su quella struttura, il nome di Carlo, medico che si è speso fino al sacrificio finale per garantire l’accesso alla salute a chi ne era ingiustamente privato. Amarezza, ripetiamo, perché è netta la sensazione che a emergere non siano le logiche del diritto alla salute, e che questo diritto non sia menomato solo dalla carenza di risorse, ma da altre logiche che con il diritto alla salute hanno ben poco da spartire. Di fronte a queste cose Carlo si ribellava, lo sa bene chi l’ha conosciuto. Non avrebbe assolutamente tollerato di offrire il nome a un servizio che non solo non esprime, ma rischia di remare contro i principi che ha sempre sostenuto. 

Concludiamo rendendoci disponibili, per riuscire a fare davvero chiarezza, a visitare nei prossimi giorni, comunque prima possibile, insieme ai responsabili sanitari, anche tutti i reparti dell’ospedale, per verificare le criticità segnalate”

 

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