Jesi-Fabriano

Jesi, conto salato dal Covid: 3,5 milioni di euro in meno

L'amministrazione ha quantificato l'impatto finanziario dell'emergenza sanitaria sulle casse municipali, fra aumenti di spesa per la prevenzione e minori entrate per i servizi sospesi

Massimo Bacci, Jesi
Il sindaco Massimo Bacci con la mascherina

JESI – Il Covid è costato ben 3,5 milioni di euro, fra minori entrate a causa dei servizi sospesi e maggiori spese. «Dallo Stato, al momento, abbiamo ricevuto contributi per circa un milione di euro, alla luce della situazione venutasi a creare a seguito della pandemia – spiega il sindaco Massimo Bacci -. Ora occorrerà verificare che cosa accadrà nei prossimi mesi e coi prossimi decreti, per capire se si riuscirà o meno a chiudere l’anno evitando uno squilibrio in bilancio».

Vanno considerate infatti le tasse dai pagamenti sospesi, come la Tosap (ma non sui passi carrabili), e gli introiti slittati nel tempo rispetto alle scadenze originarie, vedi la prima rata della Tari da maggio allo scorso luglio. Quanto all’Imu, non ci sono stati rinvii per il pagamento della prima rata in giugno ma il Comune ha stabilito che il versamento in ritardo, entro e non oltre il 30 settembre prossimo, non sarà sottoposto a sanzioni o interessi.

«Fare debito – chiarisce il sindaco Bacci- è percorribile solo in parte. La spesa corrente per costi di gestione, come il personale o fornire servizi, non può essere coperta col ricorso a mutui. Si può, e l’abbiamo fatto, allungare il periodo di ammortamento dei mutui in essere. Il che alleggerisce un poco ma la spesa corrente deve essere coperta da entrate correnti: o dall’imposizione diretta o da contributi dello Stato».

A pagarne le conseguenze anche la municipalizzata Jesiservizi. «Causa Covid – ha specificato Bacci- quattro dei cinque settori di attività di JesiServizi hanno dovuto affrontare maggiori spese o una netta diminuzione degli introiti. I parcheggi a pagamento con il blocco della circolazione hanno visto drasticamente ridotte le entrate. Per la raccolta rifiuti, la necessità di una differente organizzazione del lavoro ha comportato maggiori spese per 30 mila euro».

Infine, «i servizi mensa e trasporto scolastici, pur potendo far conto in parte sull’utilizzo degli ammortizzatori sociali e pur non avendo dovuto sostenere spese come per l’acquisto delle derrate alimentari, hanno comunque dovuto affrontare i costi relativi a strutture, ammortamenti e d’esercizio, in assenza di introiti».

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