Jesi-Fabriano

Centro Islamico: una marcia per la pace e condanna del terrore

Dalla moschea di via Erbarella l'idea di una manifestazione pubblica contro tutti i terrorismi e qualsiasi forma di violenza. E nel sermone del venerdì l'imam parla di «vili assassini da combattere» per gli autori di stragi come a Barcellona.

Un momento della preghiera del venerdì al Centro culturale islamico di via Erbarella.

JESI – Una manifestazione pubblica, per condannare tutti i terrorismi e qualsiasi forma di violenza. Dopo i tragici fatti degli ultimi giorni la organizzerà, forse già per la prossima settimana, il Centro Culturale Islamico Al Huda di via Erbarella a Jesi, come spiega il coordinatore Wahbi Youssef: «Una manifestazione aperta a tutti, in segno di pace».

Intanto, dopo la strage il Barcellona, il sermone della preghiera del venerdì nel Centro di via Erbarella è stato incentrato proprio su una ferma condanna del terrorismo e dei fatti di sangue che stanno accadendo. Ma anche sull’invito, espresso con forza dall’imam, a «condannare e combattere ciò che avviene. Come già tanti nostri fratelli e cugini stanno facendo in patria, nei nostri Paesi d’origine. Ad esempio in Siria, dove è musulmano il 95% delle vittime fatte da Isis, che ha occupato terre che era stato il popolo a liberare, non certo lui. Diciamo chiaramente che chi con un furgone piomba su dei turisti, su gente che si sta divertendo, è un vile assassino».

Il tutto espresso in un sermone tenuto in lingua italiana dall’imam. «Il tema del giorno sarebbe dovuto essere il pellegrinaggio, che di qui a pochi giorni porterà tanti da tutto il mondo a Mecca. Ma dopo le notizie di Barcellona, con Youssef abbiamo deciso di cambiare. Non si poteva non parlare di questo, un musulmano non può tacere davanti a questi fatti. Questi assassini non ci rappresentano e non possiamo accettare che siano associati all’Islam. Sono il contrario di ciò che è Islam». Dice Youssef: «Abbiamo voluto dare un messaggio forte e in italiano, la lingua che qui al Centro ci permette di comunicare e capirci, nonostante veniamo dai Paesi più disparati».

Nel suo sermone, l’imam ha affermato: «La manovalanza che compie questi atti porta i nostri nomi ma a vantaggio di chi? Gli effetti sino ad ora sono stati uccidere le primavere arabe che cercavano democrazia e riabilitare tutti i peggiori dittatori che abbiamo avuto nei nostri Paesi d’origine. Noi ne siamo vittime, ne è vittima l’Islam. Gli autori delle stragi sono persone non inserite, di terza e quarta generazione in Paesi di immigrazione più antica che in Italia. Sbandati, drogati, delinquenti che spinti da cattivi maestri cercano un riscatto al fallimento esistenziale». L’invito ai fedeli è allora quello a «recuperare chi è deviato e può essere preda facile. Costruire l’identità islamica italiana dei nostri figli e raddoppiare gli sforzi per il dialogo. Impegnarsi nella vita pubblica, nell’associazionismo». Infine, collaborare con le forze dell’ordine. «Qui in Italia la polizia non è come nei nostri Paesi di provenienza. Qui è al servizio del popolo e non dei dittatori».