Jesi-Fabriano

Carlo Urbani, il medico eroe che faceva solo il suo mestiere. Il figlio: «La medicina, una missione»

Oggi la quarta edizione della giornata in memoria di Carlo Urbani, che isolò la Sars ma ne rimase vittima. L'intervento dell'infettivologo Matteo Bassetti

Carlo Urbani

ANCONA – Giornata regionale Carlo Urbani, celebrata in Aula consiliare, a Palazzo Raffaello, la quarta edizione. La seduta aperta, dedicata al medico marchigiano che per primo identificò la Sars, è stata avviata dal presidente del Consiglio regionale, Dino Latini, che non ha esitato a ricordare come il Covid sia stato sconfitto anche grazie alle scoperte del medico di Castelplanio, che perse la vita proprio a causa del contagio della Sars, che aveva contribuito ad isolare.

«Non sapremo mai quante vite Carlo Urbani abbia salvato attraverso il suo sacrificio. Quello che sappiamo è che dobbiamo continuare le sue battaglie, per la salvaguardia della salute pubblica, per garantire l’accesso alle cure e per evitare l’insorgere di nuove pandemie».

«Un uomo virtuoso, mosso dalla costante e incessante volontà di aiutare gli altri. La sua missione – ha sottolineato Latini – era quella di portare assistenza alle persone più deboli e sfortunate, di creare le condizioni perchè fosse garantito il libero accesso ai farmaci essenziali, senza alcuna discriminazione sociale ed economica. Ha fatto di questa volontà la sua ragione di vita, mantenendo alti i valori della solidarietà, del coraggio, del senso di giustizia e dell’amore verso il prossimo».

Per l’amministrazione locale, c’era Fabio Badiali, Sindaco di Castelplanio, comune di nascita dell’infettivologo scomparso nel 2003: «Questa è una iniziativa importante che ogni anno si ripete per la morte di Carlo Urbani. Che non era solo un dottore, ma uno scienziato, un uomo di cultura, era tante cose, come diceva il presidente Latini – ha riflettuto il primo cittadino – Oggi come non mai, in un periodo caratterizzato da conflitti internazionali che ci riguardano da vicino, lui è un modello positivo a cui guardare per ritrovare la speranza nel futuro e uno stimolo a rincorrere i propri ideali».

Molti i ragazzi delle scuole che visitano il museo Urbani dopo i lavori a scuola, grazie anche al contributo stanziato per valorizzare ancora di più il Museo Urbani. «Urbani ha fermato la Sars non solo con le mani, ma con mente, cultura, scienza, aveva capito che c’era una polmonite atipica e bisognava bloccare le frontiere, quando bloccare le frontiere in paesi dove l’economia è più forte delle ragioni di vita di migliaia di persone era estremamente difficile. Ma lui ci è riuscito».

Aveva capito 20 anni prima del Covid che distanziamento, isolamento e mascherine erano essenziali. «Non va ricordato – ha concluso il sindaco – va vissuto e conosciuto e bisogna partire dalle nuove generazioni. E grazie al finanziamento dell’Assemblea legislativa vogliamo incentivare le visite al Museo da parte di alunni di tutta la Regione dando un contributo finanziario per dei progetti su Urbani».

Quindi, la proiezione di un estratto del documentario «Carlo Urbani. Ho fatto dei miei sogni la mia vita», di Riccardo De Angelis e Romeo Marconi. Poi, il figlio Luca, vice presidente Associazione Italiana Carlo Urbani: «È un onore e una emozione potermi rivolgermi oggi a voi. La decisione del Consiglio è una testimonianza tangibile di quanto ha fatto papà, che era convinto che la medicina non fosse solo una professione, ma una missione di vita»

«Durante la sua carriera con Medici senza frontiere e come funzionario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, mio padre ha affrontato sfide più gravi e complesse, sono stati il suo coraggio e la sua prontezza a combattere l’epidemia di Sars a lasciare un segno indelebile nel mondo. Riflettiamo sulla sua eredità, un’eredità – ha detto il figlio – di passione, di integrità e di dedizione verso il prossimo. Ogni individuo può fare la differenza per migliorare il mondo intorno a noi. Come figlio, sono grato per questo tributo e mi impegno a portare avanti i valori di mio padre, che possano aiutare le nuove generazioni».

Tre le scuole intitolate a Urbani: una a Jesi, una a Moie di Maiolati Spontini e una a Porto Sant’Elpidio. Tanti gli istituti collegati da remoto, da Ascoli a Pesaro, per centinaia di studenti. «Ha dedicato la sua vita a salvare e proteggere la vita degli altri, in lui l’esperienza capace di destare speranza. Abbiamo bisogno che i medici debbano stimolare una speranza nella società», ha fatto sapere Fulvio Borromei, presidente Ordine medici chirurghi odontoiatri della provincia di Ancona, per poi citare il giuramento di Ippocrate. Emblematico il suo ultimo gesto: «Mise a disposizione i suoi tessuti polmonari perché i medici li potessero analizzare».

Alessandra Millevolte, volontaria Medici Senza Frontiere gruppo di Ancona: «Ricordarlo è un richiamo a fare, a non voltarsi dall’altra parte. Vorrei evidenziare il rapporto tra Urbani e Msf, iniziato nel ’96. E tra il ’96 e il ’97 ha ricevuto come primo incarico quello di capo progetto in Cambogia per il controllo delle malattie endemiche parassitarie. E le sue missioni sono state il luogo per fare dei suoi sogni la sua vita e confrontarsi con realtà spesso dimenticare in cui la sua opera di medico era davvero necessaria ed essenziale non solo per curare ma anche per testimoniare, per dare voce a chi non ce l’ha, per concretizzare la sua vocazione che l’aveva portato via dal suo ambulatorio di Castelplanio».  

Il governatore, Francesco Acquaroli, ha sottolineato come «le testimonianze ci aiutano a rendere omaggio alla grande opera compiuta da Urbani, figlio illustre della nostra terra formatosi all’Università di Ancona. Da sempre animato da un profondo spirito di solidarietà e impegnato nel volontariato sociale, ha scelto di adempiere la sua missione in terre difficili e in condizioni precarie, da sempre in contatto con la sua terra natale. Aveva scelto di dedicarsi ai più deboli, la parte della salute dimenticata, come diceva lui. Scoprì che le persone non morivano per malattie difficili da curare ma per precarie condizioni di vita».

Matteo Bassetti, infettivologo, collegato da remoto

A margine, l’intervento dell’atteso ospite, Matteo Bassetti: «Era un collega e amico delle malattie infettive, il più famoso infettivologo italiano nel mondo. Solo dopo la pandemia abbiamo capito fino in fondo quanto l’umanità sia in debito con Urbani, la cui azione nel 2003 salvò il pianeta. Quest’uomo appassionato, guidato da una fede profonda, era ai vertici della sanità mondiale. Perse la vita durante gli sforzi per contenere la Sars, che poi abbiamo imparato a conoscere 20 anni dopo, la prima Sars, grave malattia acuta che aveva il Vietnam e altri paesi asiatici. Urbani contrasse la Sars e le sue condizioni peggiorarono rapidamente dopo qualche settimana dopo un ricovero a Bangkok».

«Ha mappato una malattia tropicale trascurata, in Cambogia e poi alla fine del febbraio 2003 a Urbani è stato chiesto di visitare il primo malato di Sars in Vietnam e lì riconobbe immediatamente la potenziale minaccia dell’infezione respiratoria altamente trasmissibile, letale e all’epoca sconosciuta. Iniziò a lavorare instancabilmente per convincere le autorità ad adottare protezioni e isolamento, screening e limitazione dei viaggi internazionali. Misure allora adottate in Vietnam e grazie al coordinamento Oms sono state estese ai paesi vicini rallentando il ritmo dell’epidemia. Pochi mesi dopo gli sforzi e la morte di Urbani, la Sars era stata contenuta con successo anche grazie ai suoi sforzi. Mi piace ricordarlo come un uomo della salute pubblica». Poi, la lettura di una lettera che ha scritto Urbani in Vietnam, nel volume Il medico che curava il modo, di Lucia Bellaspiga.

«Esempio ispiratore per tutti i professionisti della sanità – ha proseguito Bassetti – oggi più di allora l’accesso alle cure di tutti e per tutti. Questo il suo insegnamento. Il ricordo è ancora vivo nella comunità di professionisti che dedicano la propria vita alla cura di malattie tropicali neglette».

«Quale il collegamento tra Covid e Carlo Urbani? Il Covid ha dimostrato il debito incalcolabile che dobbiamo a persone dedite e perspicaci alla sanità pubblica. Urbani avrebbe gestito in modo diverso il Covid se avesse avuto modo di intervenire in quelle aree già nel 2019. Lui sulla Sars fece un lavoro straordinario e permise al mondo di fermarla. Abbiamo bisogno per il futuro di tanti Carlo Urbani, che incarnava il servizio pubblico. Infine – ha detto Bassetti – da credente, quale sono, mi piace ricordarlo anche per la sua fede religiosa. Non solo grande medico e grande scienziato, ma ha combinato fede e scienza, che sono due elementi difficilissimi da coniugare».

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