Jesi-Fabriano

Buono il raccolto e la qualità. Nelle Marche il 12% del grano duro nazionale

La trebbiatura appena conclusa ha dato risultati positivi. Il Consorzio Agrario di Ancona si dice fiducioso sui prezzi del cereale per quest’anno. Ma non mancano le preoccupazioni per un settore strategico i cui ettari continuano a diminuire

Andrea Novelli

JESI – La trebbiatura appena conclusa ha dato risultati positivi, soprattutto se a confronto con la scorsa campagna. Una raccolta di grano duro qualitativamente ottima, il massimo (unitamente ad altri grani, ndr) per ottenere una pasta di altissima qualità. «Il meglio dei migliori grani esteri – le parole di Andrea Novelli, direttore del Consorzio Agrario di Ancona – A livello regionale stimiamo una produzione di grano duro di 5milioni di quintali, nel 2016 erano sei: la provincia di Ancona e quella di Macerata coprono la parte più importante del totale».

La nostra Regione produce il 12% del grano duro nazionale, 4milioni le tonnellate prodotte quest’anno mentre 5 e mezzo erano lo scorso, determinante è stato il calo produttivo di regioni come la Puglia. «Il grano duro è importantissimo per l’economia degli agricoltori locali – ha ribadito Giovanni Manzotti, presidente Confagricoltori Ancona – La qualità di quest’anno è ottima». Il Consorzio Agrario di Ancona, costituito da 500 soci, è il maggiore centro di stoccaggio di grano duro nelle Marche con 36 centri di raccolta e 6 mila aziende agricole conferenti cerali e oleaginose. Quest’anno compie 120 anni e ha investito 200mila euro per un secondo fosso di scarico nel Centro Stoccaggio Cereali di via Ancona a Jesi: «Complessivamente in quell’area, altrimenti dismessa, abbiamo investito finora un milione e mezzo di euro – ha aggiunto Novelli – È la più grande delle Marche, oltre ad essere un centro moderno». «Il raccolto di quest’anno è stato inaspettato visto il clima – ha aggiunto il vice presidente di Confagricoltura Ancona Alessandro Bettini –. Adesso speriamo nei prezzi, al momento Bologna è a quota 24». Lo scorso anno la questione dei prezzi scatenò le ire degli agricoltori visto che al produttore sono mancati 10 euro al quintale: «Siamo ottimisti ma non vogliamo sbilanciarci – conclude Novelli –. Il mercato si va sbloccando e i mercati esteri hanno problemi, tuttavia la richiesta non è in aumento per questo vogliamo andarci cauti con le previsioni. La partita si giocherà da qui a ottobre».

E nei nostri terreni cosa succede? Che la parte coltivata a grano è diminuita rispetto allo scorso anno: una forte contrazione delle superfici seminate, un calo del 18/20% circa nel territorio regionale. In altre parole, visto lo scarso guadagno con il grano nel 2016 gli agricoltori hanno deciso di dedicarsi ad altro. Coltivazioni alternative come farro, orzo e avena sono faticosi da vendere, i vigneti richiedono investimenti consistenti, così gli agricoltori hanno optato per il girasole con l’ovvia conseguenza che nei nostri campi si coltivano prevalentemente (e quasi esclusivamente) il grano e i girasoli. «Questo è un altro problema – evidenzia Novelli –. La politica nazionale ha fatto scelte assassine con la complicità sciagurata delle associazioni di categoria: adesso siamo deficitari di zucchero che siamo costretti a prendere dall’estero eppure la nostra zona è ottima per questa produzione. E le nostre eccellenze dove sono finite? I grandi marchi hanno venduto, alle multinazionali interessa poco l’agricoltore locale però parliamo di difendere il made in Italy».

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