Jesi-Fabriano

«Altro che bonus giovani da 500 euro. In Belgio prendo 2mila euro come aiuto cuoco». Il racconto di un 19enne jesino

Matteo Fiordelmondo, diplomato all'alberghiero di Cingoli, in 6 mesi ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato a Maasmechelen: «Prendo più del triplo dei miei amici italiani, ma la vita qui è più cara»

Matteo Fiordelmondo
Matteo Fiordelmondo

ANCONA – «Faccio l’aiuto cuoco all’estero e guadagno 2mila euro netti al mese. In Italia, i miei amici ne percepiscono 500 euro, tra bonus del Governo e contratti precari». A parlare è un giovane jesino di 19 anni, Matteo Fiordelmondo.

La sua casa a San Giuseppe, un quartiere di Jesi, l’ha lasciata poco dopo il diploma all’Alberghiero. Una valigia piena di vestiti, alcuni sogni in testa e tanta paura. «Paura di andare all’estero – come spiega lui stesso – perché era pure la mia prima esperienza lavorativa». Matteo, in passato, aveva fatto uno stage scolastico di un mese quando ancora frequentava il suo istituto, l’Ipseoa Varnelli di Cingoli.

Fiordelmondo davanti all’osteria in cui lavora, in Belgio

«Sono arrivato qui grazie a mio zio, che esporta vino all’estero e che conosce i titolari del ristorante dove ora lavoro, l’Osteria Cellini. Tre mesi prima della maturità mi aveva detto che un ristorante cercava personale (anche senza esperienza) e allora ho deciso di provarci». Matteo è partito il 21 giugno 2021 per Maasmechelen (un comune del Belgio) e ora – a 19 anni – vanta un contratto full time a tempo indeterminato.

La famiglia? «All’inizio i miei hanno storto il naso, ma mi hanno sostenuto subito. E ora mamma viene a trovarmi quando va in ferie».

«Il mio stipendio – 2mila euro netti al mese – è di fascia media. Uno stipendio tra i più bassi, forse, che però mi permette di vivere bene. Certo – riflette il ragazzo – qui la vita è più cara. Un menù, giusto per fare un esempio, costa 65 euro a persona, mentre un piatto di pasta, in Italia, al massimo arriva a 9 euro».

«In Belgio un primo può costare tra i 12 e i 15 euro, della carne australiana sui 25-30 euro. Poi, qui, dove lavoro, abbiamo l’aragosta e possiamo farla sia gratinata al forno sia al sugo. La qualità dei prodotti è molto elevata, non come in Italia, secondo me». E ancora: «Il branzino viaggia sui 60 euro. In Italia, un secondo non lo paghi più di 20».

Nella cucina del locale in cui lavora Matteo è contornato da italiani. Sono loro che lo aiutano ad imparare la lingua, perché il giovane ha una conoscenza didattica dell’inglese: «Ora, sto cercando di imparare il belga. Qui, si parla una lingua tutta particolare che si colloca tra il tedesco, il francese e inglese».

Niente ostello né stanza in condivisione con altre persone. Col suo stipendio, Matteo riesce a vivere in affitto in un monolocale, da solo. Ecco, da solo. Forse, è la solitudine il problema maggiore, per lui: «La mia famiglia la sento quotidianamente. Chiamo mamma al mattino e mentre pranzo».

«Se a volte penso di mollare tutto e tornare in Italia? Beh, certo – dice lui – ma poi penso che in Italia posso tornare quando voglio. Il volo dura 2 ore e nella mia Jesi torno ogni 3-4 mesi, per due settimane, quando vado in ferie. Però, sì – riflette – è faticoso lavorare e stare sempre solo tutto il giorno, in un luogo che non è il tuo, con gente che non conosci. All’inizio ero spaventato, ma poi ho trasformato la paura in curiosità».

«Se fossi rimasto in Italia – prosegue – avrei avuto una vita diversa: sarei uscito con gli amici, sarei stato meno solo e avrei vissuto a casa coi miei. Ma nel nostro Paese il mondo del lavoro è difficile. In Belgio, ad esempio, c’è una regola che forse noi italiani dovremmo – per così dire – copiare: qui, i datori di lavoro possono fare al massimo 2 contratti da 3 mesi ciascuno e poi si è obbligati a firmare il contratto a tempo indeterminato».

Cosa dico ai giovani italiani? «Non preoccupatevi se non conoscete bene la lingua e superate la paura: buttatevi nelle esperienze all’estero. Con un telefono si traduce all’istante. Andare all’estero vi farà crescere e magari trovare il mestiere dei vostri sogni».

«Qui c’è bisogno di forza lavoro – fa sapere Fiordelmondo –. Cercano camerieri e cuochi. Io lo dico ai miei amici, ma molti di loro preferiscono restare in Italia. Anche io ho avuto paura ad uscire dalla mia zona di comfort, ma ora il mio sogno, quello di aprire un ristorante in Italia coi metodi belgi, sembra più vicino».

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