Jesi-Fabriano

Banca Adriatica e Carilo, sindacati sul piede di guerra

Grande preoccupazione tra i sindacati aziendali di Banca Adriatica (già Nuova Banca Marche) e di Cassa di Risparmio di Loreto per i risvolti occupazionali del piano di fusione in Ubi. Si chiede chiarezza sugli annunciati tagli ai costi operativi, in particolare sui tagli ai dipendenti e alle filiali

Il centro direzionale di Nuova Banca Marche a Jesi

«Il Piano industriale di Ubi se attuato come proposto, impatterebbe in modo devastante e definitivo sulla occupazione (perdita di migliaia di posti di lavoro), sull’indotto, sui consumi e conseguentemente su tutta l’economia dei nostri territori». È quanto scrivono i sindacati aziendali di Banca Adriatica (già Nuova Banca Marche) e di Cassa di Risparmio di Loreto, che in una lettera unitaria hanno espresso i loro timori per i tagli di dipendenti e filiali nelle tre good bank acquistate recentemente dal gruppo bergamasco. Un piano, ricordano i sindacati, che prevede – nel solo perimetro delle ex Banca Marche, ex Banca Etruria ed ex Carichieti – ben 1.569 risorse in meno o -32% rispetto al 2016, 140 filiali in meno, ed il ri-prezzamento della raccolta a breve termine, che rappresenta circa il 90% della raccolta totale in questi istituti.

«Come già anticipato nel comunicato unitario di giovedì 11 maggio – ricordano Fabi, First Cisl, Fisac Cgil e Uilca Uil – le organizzazioni sindacali del gruppo Ubi si sono incontrate con il consigliere delegato Massiah, il vice direttore generale Sonnino ed il capo risorse umane Napoli. L’incontro era stato convocato a Milano dalla capogruppo per illustrare le modifiche al Piano industriale 2019-2020 di UBI alla luce dell’acquisizione di Nuova Banca Marche, Nuova Banca Etruria e Nuova Carichieti. Anche a fronte di specifiche e ben articolate richieste da noi avanzate, atte a rappresentare alla nuova proprietà le preoccupazioni dei lavoratori sia di direzione che di rete, la controparte non ha fornito nessun ulteriore chiarimento. Le OO.SS.LL. prendono atto di un atteggiamento aziendale che smentisce quanto affermato nel corso delle trattative conclusosi appena qualche settimana fa con l’accordo del 7 aprile. Stigmatizzano, peraltro, con forza il comportamento di Ubi che, evidentemente in possesso di precise linee guida e interventi già definiti, continua a mantenere un atteggiamento reticente e a trincerarsi dietro affermazioni generiche che lasciano i lavoratori in uno stato di evidente sconcerto e preoccupazione».

«Continueremo ad incalzare sia la capogruppo che il nuovo amministratore delegato della Banca al fine di conoscere i dettagli della parte del piano a noi dedicata», annunciano i sindacati aziendali. «Indispensabile – proseguono – acquisire tutti gli elementi utili a comprendere le ricadute sui Lavoratori di quanto Ubi intende fare. In assenza di risposte convincenti rappresentiamo sin d’ora all’azienda la nostra volontà di sospendere qualsivoglia incontro che non abbia questa finalità, nella consapevolezza che in questo caso l’unica via da percorrere per i lavoratori sarà la mobilitazione».

Nella nota si legge che «l’atteggiamento aziendale non contribuisce a mantenere quel clima di fattiva collaborazione che i colleghi, in tutti questi durissimi mesi, hanno sempre garantito. Non si comprende, infatti, come, se da un lato si sollecita un impegno straordinario sulla tenuta commerciale e sul percorso di integrazione organizzativa, informatica e contabile, dall’altro si continua a mortificare i lavoratori rispetto alle legittime richieste di trasparenza sul loro futuro. Alla luce degli ultimi accadimenti, il confronto sarà concentrato non tanto sull’accordo recentemente sottoscritto, ma sugli obiettivi e le relative azioni da intraprendere per tutelare i dipendenti, l’economia dei territori e la presenza capillare della banca negli stessi, elemento necessario per dare servizio e credito alle famiglie e alle piccole e medie imprese».

L’auspicio – concludono Fabi, First Cisl, Fisac Cgil e Uilca Uil – è che «le forze politiche, sociali e le associazioni di categoria siano al nostro fianco in questa battaglia, che solo una miope visione può considerare irrilevante rispetto al futuro e alle prospettive economiche e produttive della regione Marche e dei territori tutti».

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