Jesi-Fabriano

Baldi Srl sposa la serie A con la rivelazione dell’Empoli calcio

«Il lockdown non ci ha fermato». In crescita fatturato e progetti. L’amministratore delegato dell'azienda con sede a Jesi, Emiliano Baldi, li racconta

L'amministratore delegato di Baldi Carni, Emiliano Baldi

JESI – Il terzo tempo, nel rugby, vuole che nel dopo partita i giocatori delle due squadre si incontrino per mangiare e bere, da amici. Una caratteristica propria del mondo della palla ovale, ma non altrettanto diffusa in altri sport. Tranne poche eccezioni. Una di queste riguarda l’Empoli Calcio FC, squadra che milita nella massima serie calcistica italiana, e che sulla convivialità ha costruito un progetto di accoglienza e crescita nei valori sportivi di amicizia e condivisione, e di investimento nel settore giovanile. Sarà per questo che Emiliano Baldi, amministratore delegato dello storico brand marchigiano, ha scelto alcuni mesi fa di sostenere il progetto Empoli con una sponsorizzazione tecnica che ha fatto dell’azienda di Jesi il nuovo fornitore ufficiale food della squadra toscana. Con questa iniziativa, Baldi si è affacciata per la prima volta nel mondo del calcio sposando un progetto sportivo che – fa sapere l’azienda – “ha la nostra stessa ambizione, aspirazione, voglia di migliorarsi e muoversi verso nuovi obiettivi”.

La voglia di migliorare, peraltro, è la molla che accompagna dalle origini il percorso della Baldi Srl, eccellenza del settore alimentare marchigiano, e protagonista nazionale nella ristorazione (è leader di mercato negli hamburger gourmet) e nella selezione nel mondo delle migliori carni. Fondata nel 1965 da Umberto Baldi, la società poteva contare solamente su quattro macellerie nel territorio della Vallesina. Negli anni ’90 ha ampliato il business avviando un nuovo ramo aziendale con la Baldi Foodservices, servizio dedicato alla distribuzione di prodotti alimentari verso il comparto ristorazione e GDO. In seguito ha avviato partnership con i principali marchi che si occupano di food sia su terraferma che in viaggio (Autogrill, MSC, Costa Crociere, Alitalia e Metro). Attualmente lavora con scuole, università, ospedali, catene di villaggi turistici e ristoratori sparsi nel territorio italiano; può vantare circa più di 3000 clienti ed oltre 100 collaboratori.

Un momento del processo di produzione della Baldi Carni

Ancora oggi, la voglia di crescere non manca, e in Baldi si mettono a punto nuovi progetti e prodotti, molti sotto il segno della sostenibilità ambientale, dell’innovazione e del Made in Italy. In crescita anche i numeri: rispetto al 2019, il fatturato 2021 dei mesi estivi è aumentato del 20%, i clienti serviti del 40%, i kg di carne movimentati sono circa 2 milioni pari al + 10%. «Intraprendere nuovi progetti non è per noi un problema perché siamo abituati alle sfide. Questa credo sia l’eredità migliore che ha lasciato all’azienda il suo fondatore, mio padre Umberto», fa sapere Emiliano Baldi.

Sembra una storia avventurosa…
«Direi che è la storia di un pioniere. Che in parte ricorda quella di altri imprenditori marchigiani nati a cavallo tra la guerra ed il boom economico. Figlio di famiglia mezzadrile, senza possibilità di studiare, mio padre aveva una ambizione dettata dal fatto che gli piaceva mangiare la carne… Chi mangiava la carne in quel periodo – parliamo di fine anni ’40 – erano il prete, il farmacista e il macellaio. Prete non era il caso, per quanto riguarda la carriera da farmacista non aveva i mezzi per poter studiare, quindi rimaneva solo il macellaio. Ha iniziato a fare il mestiere da apprendista, poi dopo il periodo del militare ha aperto la sua macelleria in un momento in cui la popolazione iniziava a consumare più carne di quanta il paese Italia ne produceva.

Questo lo ha portato a guardarsi intorno, e ad operare fuori dagli schemi consueti entrando in contatto con player nazionali e internazionali (tra cui multinazionali del settore) da cui ha appreso il mestiere del commerciante e dell’industriale della carne. Oltre all’approvvigionamento più tradizionale da mercato nazionale, mio padre ha iniziato ad entrare in contatto anche con modelli industriali molto evoluti e a cercare le eccellenze del mondo: è del 1977 il suo primo viaggio quasi pionieristico in Nuova Zelanda, per importare le carni del locale agnello di cui si diceva fosse il migliore al mondo, e poi quelli alla scoperta del vitello dell’Olanda e di tante altre carni di pregio. Poi il mercato ha iniziato a trasformarsi, nel frattempo mio padre ha fondato l’Assocarni con i maggiori protagonisti italiani del settore che è la prima associazione nazionale di categoria, Umberto ne è stato per lungo tempo vice presidente».

Quali sono state le trasformazioni più grandi dell’azienda in questi 55 anni di storia?
«La più importante ha visto il passaggio dalla grande distribuzione (macellerie, negozi di congelato e di fresco), verso la ristorazione. La grande distribuzione si stava aggregando e spingeva verso prodotti standardizzati, non era questa l’ambizione di mio padre, e così – siamo già agli anni ’90 – è iniziato il core business del food service per un mondo molto variegato: mense, ospedali, villaggi turistici, comunità, ristoranti, alberghi, centri commerciali. Ognuna di queste declinazioni ha esigenze diverse in termini di fornitura ed organizzazione del lavoro. Questa è stata la svolta epocale per l’azienda, ma era anche il momento in cui l’Italia stava vivendo una delle sue crisi cicliche. Svalutazione monetaria e importazione di materia prima ci hanno messo in grande difficoltà, è stato per la Baldi un periodo di crisi durato un decennio nel corso del quale sono anche entrati vari soci. Parliamo del 1993.. oggi che ne siamo usciti posso dire con orgoglio che è stato un periodo formativo, difficile, ma importante. Arriviamo così agli inizi degli anni 2000 nel quale ritorniamo in possesso del 100% dell’azienda. Dopo quel periodo di burrasca abbiamo riconquistato posizioni e clientela nei vari territori, puntando su ricette, carni e processi produttivi di qualità, ed un packaging molto innovativo per i prodotti. È cambiata anche la guida dell’azienda, con il passaggio generazionale: nei primi anni 2000 siamo entrati io e mia sorella, e pian piano mio padre ci ha lasciato le redini. L’azienda ha iniziato a credere, ed investire, in un progetto di sviluppo chiaro sia commerciale che industriale, tanto è vero che nel 2013 abbiamo raddoppiato lo stabilimento».

Baldi carni a Jesi

Qual è la forza dell’azienda, oggi?
«Le varie crisi attraversate, e ci metto anche quella internazionale del 2008-2009, ci hanno portato ogni volta a maturare strategie più chiare. Ogni volta abbiamo cercato di mettere la Baldi in equilibrio, al di là del vantaggio della famiglia che ovviamente vive di questa attività ma non può farlo a discapito degli investimenti necessari per la crescita dell’azienda. In tutti questi anni l’azienda è stata molto capitalizzata e gestita correttamente, con presidi forti e investimenti a dispetto a volte anche degli utili. Per noi un altro elemento chiave è stata la managerialità».

Tra i buoni risultati del 2019 e del 2021, c’è stato il 2020, l’anno della pandemia. Non era scontata una ripartenza con il segno più. Come avete affrontato i mesi del lock-down, e quelli successivi?
«Nei momenti di difficoltà o crolli o inizi a volare. La nostra reazione è stata di grande energia, flessibilità e collaborazione. Il fatturato del 2020 sarebbe stato di 30 milioni di euro se il trend positivo non fosse stato interrotto dal Covid. La pandemia è stata una crisi deflagrante che ha generato perdite, ma per fortuna ha trovato l’azienda ben patrimonializzata e con una squadra giovane e motivata. Abbiamo appreso del lockdown all’improvviso, come tutti… i nostri camion pieni di merce sono tornati indietro per la chiusura di ristoranti, mense, attività ricettive. Abbiamo donato molto cibo alle famiglie in difficoltà attraverso il Banco Alimentare. Era necessario che i nostri dipendenti non si deprimessero e continuassero a lavorare (con la cassa integrazione a rotazione). Abbiamo inventato modi diversi di lavorare come quello della fornitura porta a porta a privati, e la continuazione del servizio alla clientela che faceva asporto. Riguardo ai collaboratori esterni, padroncini ed agenti, abbiamo cercato di garantire loro una fonte di guadagno. Siamo venuti incontro alle difficoltà economiche della clientela con una attività di ristrutturazione del debito mirata, a nostra volta abbiamo chiesto ai fornitori se fossero disposti ad accettare dilazioni di pagamento, evitando ogni situazione di tensione».

E arriviamo ai giorni nostri. Dal punto di vista di un fornitore, che bilancio si sente di dare ad un’estate di grande ripresa del turismo e delle attività della ristorazione?
«Il 2020 è stato un anno di perdite ma per noi anche di investimenti, e al momento della ripresa i clienti ci hanno trovati pronti e ci hanno preferito. Quella del 2021 è stata un’estate da record per la nostra azienda, in termini di fatturato, utili e performance generali per mese. Questo dimostra che il nostro nuovo modello organizzativo funziona».

Come vede il futuro?
«Il futuro, per me, è un ritorno al passato. Parlo della riscoperta delle buone pratiche produttive collegate ad un ritorno alle origini; parlo della necessità di ritrovare un contatto con i beni primari di produzione e con la terra, elevando la qualità sia organolettica che di qualità dei prodotti che facciamo. Si tratta anche di orientare i consumi verso questo segmento, e credo che un grande aiuto potrà venire dai giovani e dalla digitalizzazione».

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