Jesi-Fabriano

Jesi, nelle scuole l’indagine su parità e violenza di genere. «Nei giovani buona consapevolezza ma tendenza a normalizzare l’abuso»

Coinvolti per due anni ragazzi e ragazze tra i 15 e i 17 anni degli istituti d’istruzione superiore. Ma dal controllo del telefono a quello dei vestiti, «c'è una tendenza a giustificare comportamenti limitanti la libertà»

Da sinistra Silvia Tomassoni e Gianfranca Schiavoni (Asp) e il sindaco Lorenzo Fiordelmondo

JESI – Una «buona consapevolezza da parte di studenti e studentesse in merito all’esistenza del fenomeno della violenza di genere. Ma una conoscenza superficiale e piuttosto limitata del fenomeno stesso». Tanto da «normalizzare atteggiamenti abusanti come il controllo tramite il telefono cellulare o del vestiario o pressioni di natura sessuale». È quella emersa nei due anni di attività di sensibilizzazione e raccolta dati promossa dall’Asp Ambito IX, in collaborazione con lo sportello antiviolenza “Casa delle Donne” e con le Consulte per le donne e le pari opportunità e delle nuove generazioni del Comune di Jesi, presso gli istituti d’istruzione superiore della città.

Coinvolti 712 tra ragazzi e ragazze tra i 15 e i 17 anni dei Licei Artistico “Mannucci”, Classico “Vittorio Emanuele II” e Scientifico “Leonardo da Vinci” e degli IIS “Cuppari Salvati”, “Galileo Galilei” e “Marconi Pieralisi” per l’annata 2022-23, con il progetto “Rispettiamoci: con la scuola per dire no alla violenza di genere” (32 classi); 20 classi e 417 giovanissimi e giovanissime tra i 15 e i 17 anni dei Licei Classico e Scientifico e del “Cuppari Salvati” per il progetto “Io sono te: diritti e parità di genere”.

Ricorda Gianfranca Schiavoni, presidente Asp, come: «L’emancipazione della donna incontri tutt’oggi ostacoli e stereotipi difficili da superare. Manca l’accettazione della parità di genere davanti ad una impreparazione e incapacità degli uomini di accettare nuove dinamiche che vedono le donne raggiungere l’indipendenza economica e affettiva».

I progetti hanno visto tenersi incontri e attività di informazione e sensibilizzazione, con modalità interattive e laboratori esperienziali. I questionari anonimi proposti hanno raccolto risposte e il punto di vista di ragazze e ragazzi. «Vi è – riepiloga Silvia Tomassoni dell’Asp – una buona consapevolezza dell’esistenza del fenomeno per oltre l’89%. Ma un 28% normalizza ad esempio un atteggiamento come il controllo del telefono, persino con la conoscenza delle password da parte del partner. Un 13,9% valuta normale un controllo del vestiario, un 9,1% pressioni di natura sessuale. Vi sono una tendenza a giustificare comportamenti limitanti la libertà del partner e una incapacità di riconoscere i segnali della violenza, le modalità nelle quali questa si manifesta, gli effetti e le conseguenze». Provengono per la maggior parte dai social (42.8%) le informazioni sul tema che studenti e studentesse ricavano. Il tutto in un quadro in cui, ricorda Tomassoni: «Il Cav, Centro antiviolenza provinciale, riceve 130 denunce di violenza di media l’anno. Ma quest’anno siamo già a 64 nel solo periodo tra gennaio e aprile. Si denuncia di più e di più denunciano i genitori: in questo senso la vicenda tragica di Giulia Cecchettin ha spinto tanti a riconoscere i segnali».

Per il sindaco Lorenzo Fiordelmondo: «I temi del linguaggio, del possesso, del controllo sono punti fondamentali da affrontare per uscire da canoni predeterminati».

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