Jesi-Fabriano

Arca Felice, l’azienda agraria chiusa che fa ancora litigare

L'ex municipalizzata del Comune, che il sindaco Massimo Bacci ha scelto di liquidare, mette in contrapposizione maggioranza e opposizione

Il bestiame ad Arcafelice quando l'azienda agraria comunale era ancora operativa

JESI – Arca Felice è stata liquidata, ma le polemiche non si placano. L‘azienda agraria comunale continua a far discutere maggioranza e opposizione. Il sindaco Massimo Bacci, in più occasioni, l’ha presa quale esempio di gestione non ottimale delle risorse pubbliche. A rincarare la dose ci pensano i gruppi Jesiamo e Jesinsieme.

«La commissione consiliare di questa settimana – sottolineano le due liste di governo – è stata l’occasione per ricostruire storicamente nei fatti uno dei fallimenti della politica cittadina passata. Si è partiti dal 2003, anno di costituzione dell’azienda agricola comunale, e sono state ripercorse le vicende fino al recente epilogo che ha lasciato, oltre ad un senso di profonda amarezza per l’obbligata chiusura di una struttura apprezzata da molti cittadini, una sensazione di delusione per una gestione pubblica che ha portato ad una perdita di circa 2 milioni di euro di soldi pubblici. Nelle prime intenzioni l’azienda avrebbe dovuto produrre utili di un certo spessore, numeri auspicati ma poi nei fatti e nei bilanci mai realizzati. Questo nonostante l’azienda fornisse carne biologica alle mense cittadine con prezzi non del tutto convenienti, pagati dalle famiglie per il servizio, e costanti aumenti di capitale finanziati del Comune che sopperivano ad una crisi di liquidità dell’azienda, da subito manifestata. Nonostante, numeri alla mano, i benefici attesi non arrivarono mai, l’attività rimase aperta per diversi anni. Con l’insediamento della nuova amministrazione Bacci nel 2012, Arca Felice ha concluso il suo cammino. Cambiati gli organi amministrativi, si è proceduto ad un controllo attento sulla gestione passata e a una corretta valutazione del bilancio che ha portato ad una evidente sopravvalutazione delle scorte di magazzino. Questi numeri, uniti ai mancati affitti dei terreni aziendali, hanno prodotto il danno sopra descritto fermato solo ora grazie alla procedura di liquidazione che ha costretto molti dei fornitori locali ad accontentarsi di pochi spiccioli rispetto a quanto dovuto. Rimane il grande dispiacere per la perdita di risorse che potevano essere destinate ed utilizzate in modo migliore e, soprattutto, per lo spreco di patrimonio comunale e di conseguenza dei cittadini tutti. Dopo 6 anni di amministrazione continuiamo a fare i conti con il, purtroppo anche in questo caso, doloroso passato».

La replica di Jesi in Comune non si è fatta attendere: «Ci raccontano la mezza messa – risponde il gruppo di sinistra capitanato da Samuele Animali -. Qualche tempo fa, secondo la maggioranza, le “perdite” di Arca felice ammontavano a un milione di euro. Adesso sono diventati due! Non avete anche voi l’impressione che si sparino numeri a capocchia? A quanto riferiscono gli uffici comunali risulta che il Comune abbia rinunciato a 879mila euro di crediti. E però si tratta di somme che il Comune-azienda doveva versare al Comune – Ente territoriale per affitti e servizi (la tenuta della contabilità e l’affitto dei terreni), perché Arca felice è in mano al Comune. Sono cioè debiti del Comune… verso sé stesso. In realtà il Comune ha conferito nel capitale sociale la somma di 115mila euro più le scorte (il bestiame e le attrezzature ormai ammortizzate – non dimentichiamo che l’azienda comunale esisteva prima di Arcafelice). Non gli immobili, si badi bene. A detta degli stessi uffici comunali il valore di questo conferimento in natura era stato contabilmente sopravvalutato (per evidenti motivi…). Di qui la necessità di diluire le “perdite” dal 2012 in poi, ripristinando il valore reale. Arcafelice aveva “problemi di liquidità”, mentre le perdite derivanti dalla gestione corrente erano contenute, in parte probabilmente derivanti dalla necessità di alleggerire ulteriormente l’organizzazione, in parte accumulate nella fase in cui l’azienda stava per essere smantellata. Basta guardare i risultati di esercizio prima della decisione di liquidare. Infine, come risultato della liquidazione, il Comune riserva per sé 74 mila euro. Non molti, ma evidentemente il fallimento non era poi così drammatico».

Secondo Jesi in Comune, «anziché tentare di aumentare l’efficienza (in fondo il gestore era il Comune…), anche in considerazione della congiuntura tutt’altro che favorevole, si è scelto di chiudere. Ciò ha permesso di monetizzare gli immobili di proprietà comunale, in particolare quelli conferiti a Progetto Jesi che, senza la rinuncia ai contratti di Arcafelice, non sarebbe riuscito a vendere. Questa operazione ha fatto confluire nelle casse di Progetto Jesi e dunque del Comune un importo di oltre 5 milioni euro per la vendita dei terreni che se non sbagliamo il Comune di Jesi aveva ereditato dalle vecchie Opere pie. Insomma: apparentemente il tutto si potrebbe riassumere così: Progetto Jesi vince Arca felice perde. Scelta legittima. Ma la storia va raccontata intera. Altrimenti cos’è?».

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