Jesi-Fabriano

Un anno senza Armando Ginesi, per tutti “il professore”. A Jesi, una mostra per ricordarlo

Parla l'amico Bevilacqua: «Per me, lui è stato un maestro. Non solo dal punto di vista professionale, quanto da quello umano e morale»

Armando Ginesi

ANCONA – Al via l’ultima mostra di Armando Ginesi: un modo per rendere omaggio ad uno dei docenti e critici d’arte più conosciuti delle Marche e del territorio italiano. Ginesi si era spento un anno fa (precisamente, il 13 marzo 2022), a seguito di una lunga malattia.

L’appuntamento, per l’inaugurazione, è per il 18 maggio, alle 18. La mostra sarà visitabile dal martedì alla domenica (lunedì chiuso), dalle 17 alle 20. A precedere il taglio del nastro, la “Mostra fotografica in memoria di Armando Ginesi”, a cura del professor Gabriele Bevilacqua.

Il professor Gabriele Bevilacqua

«Non è proprio una mostra fotografica, ma una selezione di una trentina di scatti che mostrano Ginesi al fianco di artisti più o meno famosi, quali, per esempio, Guttuso. Questo – precisa Bevilacqua – a testimonianza della cura particolare che Ginesi aveva nel riferirsi all’artista e al suo mondo. La critica nasce dalla frequentazione dell’artista anche (e soprattutto) come uomo, non solo come creativo. Lui aveva da sempre una particolare attenzione al dato antropologico, che è quello che poi consente una critica ben fondata».

Un critico, Ginesi, attento non solo al dato antropologico, quanto anche al dialetto, alle parlate locali, e alla conoscenza del paesaggio: «Spunti notevolissimi per cogliere i vari aspetti. Per me, lui è stato un maestro. Non solo dal punto di vista professionale, quanto da quello umano e morale. È stato un critico d’arte che – spiega Bevilacqua – ha sempre avuto come punto di riferimento l’umanità e il dialogo». Ginesi ha sempre fatto uno «specifico riferimento alla realtà delle arti visive nelle Marche, producendo persino un atlante – suddiviso per province – con gli artisti marchigiani a suo giudizio più meritevoli».

Ginesi, il rapporto con le sue Marche, non l’ha mai interrotto neppure quando divenne console russo: «Era una persona molto credente, ma non bigotta. Aveva un senso del sacro accentuato, ne parlavamo spesso. Era ecumenico dal punto di vista religioso, aperto e tollerante e sempre attento al confronto e al dialogo». Dialogo che poi lo portò ad approfondire «la filosofia del dialogo e l’ermeneutica ad Urbino».

«Armando – racconta Bevilacqua – concepiva il dialogo col confronto aperto, senza pregiudizi con l’artista e col resto della critica. Alla verità, diceva, non si arriva per affermazioni dogmatiche, ma attraverso uno stretto dialogo che coinvolge tutti gli esseri umani».  

A poco più di un anno dalla sua morte, quindi, la città di Jesi vuole rendergli omaggio ospitando le opere di Sandro Bartolacci, Claudio Fazzini, Claudio Pantana – i tre ideatori del progetto – nella Galleria del Palazzo dei Convegni.

Armando Ginesi col pittore Guttuso

In loro tre, probabilmente, il professor Ginesi «colse una ricerca che andava oltre il dato estetico. C’è un approfondimento del rapporto tra l’immagine e il trascendente, perché – appunto – il professore era molto attento alla dimensione sacrale e metafisica dell’arte e della creatività in generale». Ginesi avrebbe dovuto dare vita a questa mostra prima del covid. Poi, la pandemia fermò tutto, ma quando finirono i lockdown e si iniziò a vedere una luce in fondo al tunnel, lui – purtroppo – morì.

L’evento, dal titolo Iconoscopie, è un trittico di titoli che segnala un semantema intriso d’infinite possibilità e raccoglie la storia dell’arte e la fagocita nelle sue continue mutazioni. Divenire che esordisce dalla “Stasi” (Bartolacci), con chiaro riferimento alla tradizione ortodossa, si amorfizza nel segno (Fazzini) ed infine collassa nella catastrofe (Pantana), in una eterna circolarità che si aggancia alla macchina iconica ed alle sue perturbazioni temporali.

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