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Ecco la storia della crescia sfogliata che nessuno conosce. Per Gambero rosso è «il miglior prodotto Marche 2021»

È civitanovese la crescia sfogliata considerata "miglior prodotto regionale della guida street food". Caterina Marchetti, di Bac: «È nata prima della piadina. A riguardo anche una leggenda...»

CIVITANOVA MARCHE – Imbandiva le tavole di duchi e marchesi durante il periodo bizantino, perché avendo dentro il pepe e l’uovo, era considerato un prodotto pregiato che in pochi potevano permettersi. Stiamo parlando della crescia sfogliata marchigiana: «Non una piada e neppure la solita crescia dell’entroterra maceratese» – spiega, da Civitanova Marche, Caterina Marchetti, di Bac Cresceria. È stata lei ad aver vinto, con la sua crescia, il premio 2021 «per il miglior prodotto regionale della guida street food Gambero rosso».

La crescia sfogliata marchigiana vincitrice del premio 2021 Gambero rosso

«Si tratta di un tipico prodotto marchigiano che quasi nessuno conosce – evidenzia Marchetti, che prosegue -. Sono soprattutto i turisti del nord Italia e del Lazio ad apprezzarla. I marchigiani, invece, non sanno che esiste. E pensare – evidenzia – che la crescia sfogliata è nata prima della piadina e attualmente si mangia solo a Urbino. Ma quella urbinate è un po’ più pesante della mia». A Senigallia, invece, tira vento romagnolo e va forte la piadina, benché le Marche vantino la crescia come «prodotto agroalimentare tradizionale».

«La crescia sfogliata farcita è nata nel Montefeltro e si mangiava nei fine settimana o nelle occasioni di festa. Poi, è arrivata la piadina, che è la sua versione povera». Infatti, la crescia era considerata pregiata perché aveva, al suo interno, due ingredienti preziosi: il pepe e l’uovo. Rispetto alla piada ha tutt’altra lavorazione e sulla crescia sfogliata «c’è persino una leggenda: si narra che una fornaia sia stata rinchiusa in una torre e vedendo il sole abbia voluto creare un prodotto che gli somigliasse. Così, durante la prigionia della fornaia, sarebbe nata la crescia sfogliata».

Caterina Marchetti con mamma Anna

Caterina lavora con passione e professionalità dall’età di 20 anni, quando imparava a destreggiarsi tra i forni della pizzeria di famiglia. «Poi – dice – ho aperto una cresceria per valorizzare un prodotto poco conosciuto. Ora lavoro con mamma e papà continua a fare pizze. L’impasto della crescia? Bisogna mescolare acqua, farina, sale, pepe e uova. E la sfoglia che si ottiene va unta con un sottile strato di strutto. Ho sempre amato cucinare – racconta Marchetti – e fare la crescia permette di esprimere il mio modo di essere, molto manuale». Da Bac, sono 39 le farciture disponibili e si usano solo prodotti biologici del territorio, a partire dal grano della farina, che contribuisce ad un «impasto leggero e digeribile».

E Caterina ha addirittura ideato una crescia vegetale: «Oltre a quella tradizionale, ne realizzo una con crema di girasole e burro di cacao. Grasso vegetale, dunque, per non usare lo strutto, in modo da soddisfare le esigenze di tutti». Ed è proprio in uno dei periodi più difficili per la ristorazione che da Bac si possono gustare nuove cresce ad edizione limitata, come «quella ripiena di roast beef, cipolla, insalata, caciotta alle erbe e maionese alla barbabietola. O, ancora, quella con polpo alla griglia, maionese e insalata di pomodoro. Per non parlare della farcia di alici marinate, stracchino, rucola e cipolla». Insomma, nelle Marche, c’è davvero crescia per tutti i gusti.

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