Fabriano

Fabriano, i sindacati chiedono ad Elica scelte condivise

La multinazionale sta attuando una riorganizzazione, anche a causa della pandemia, e sta portando alla fuoriuscita di figure professionali fra i cosiddetti “colletti bianchi”

Sede uffici di Elica a Fabriano
La sede degli uffici di Elica a Fabriano

FABRIANO – Condivisione per evitare scelte unilaterali. Questo ciò che chiedono i sindacati di categoria di Fim-Fiom-Uilm a Elica, multinazionale di Fabriano leader nel settore delle cappe aspiranti. L’argomento trattato, nel corso della riunione dell’8 ottobre, ha riguardato una fase di riorganizzazione che Elica sta attuando anche a causa della pandemia da Covid-19 e che sta portando alla fuoriuscita di figure professionali fra i cosiddetti “colletti bianchi”.

«Occorre evitare ogni azione unilaterale e costruire insieme le strategie per il bene dell’azienda, delle persone e del territorio», il monito delle rappresentanze locali dei sindacati di categoria. «La situazione di mercato descritta dall’azienda risulta molto complicata anche se, almeno in questa fase, leggermente migliore del previsto, soprattutto grazie a improvvise impennate dei mercati. La necessità di procedere a tagli di costi fissi va nella direzione di tenere dentro il perimetro aziendale esclusivamente ciò che viene ritenuto, in maniera unilaterale, indispensabile, a cominciare dalle scelte fatte nella Corporate di Fabriano, con il taglio di parti importanti di funzioni essenziali come il marketing, la logistica e l’area ricerca e sviluppo», evidenziano.

Anche il nuovo assetto organizzativo che si è dato l’azienda, con la divisione in due unità di business, Motori e Cooking (cappe e piani cottura), va in questa direzione. «Siamo quindi in presenza, a nostro avviso di una vera e propria ristrutturazione. Le ragioni strettamente finanziarie e di conto economico, devono assolutamente trovare un punto di congiungimento con le esigenze sociali, con quelle delle persone che lavorano e del territorio tutto, a partire dall’area fabrianese, che ancora una volta è quella che paga in termini di occupazione le scelte organizzative, a tutta la provincia di Ancona».

Dopo oltre un decennio di mancanza strutturale di volumi che ha portato le fabbriche a lavorare ad orario ridotto del 25%, attraverso i contratti di solidarietà, ha portato ad affrontare 4 procedure di mobilità che hanno causato la fuoriuscita (volontaria ed incentivata) di oltre 600 persone, si è tornati finalmente alla piena occupazione di tutti gli stabilimenti e questo deve diventare strutturale. «È indispensabile che le scelte vadano nella salvaguardia dell’occupazione nel suo complesso sul territorio, e nel mantenimento della centralità dello stesso nelle strategie della multinazionale, senza disperdere le competenze industriali, commerciali, di innovazione che, anzi, devono essere il punto di ripartenza», si legge nella nota a firma congiunta di Fim-Fiom-Uilm.

Le rappresentanze sindacali territoriali e aziendali ritengono fondamentale la condivisione dei percorsi per la gestione della futura difficile fase, dove il lavoro costituirà di punto di tenuta sociale e civile dei territori e del Paese tutto. «Su questo accogliamo positivamente la dichiarazione dell’azienda di non voler gestire alcuna situazione e posizione ad oggi ancora in essere, in maniera coatta ed unilaterale, condividendone invece la gestione, con la consapevolezza che si può anche partire da priorità diverse», concludono annunciando una serie di assemblee con i lavoratori.
La prima, ieri 9 ottobre, nello stabilimento di Mergo, al termine della quale, in modo spontaneo, i lavoratori hanno deciso di incrociare le braccia per due ore alla fine di ciascun turno per la rottura della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici. Le assemblee proseguiranno lunedì 12 ottobre nello stabilimento di Cerreto D’Esi, mercoledì 14 ottobre nello stabilimento di Castelfidardo e nello stabilimento di Fabriano, inclusa la Corporate.