Fabriano

Omicidio di Sassoferrato, chiesta la condanna a 30 anni per Dimasi

L'udienza è stata rinviata all'11 gennaio per la decisione. L'imputato Sebastiano Dimasi era in aula quando il pm ha formulato la richiesta. La difesa ha contestato la premeditazione parlando di un testimone che avrebbe visto Vitaletti avvicinarsi per primo all'operaio

Il tribunale di Ancona

ANCONA – Trent’anni di carcere per Sebastiano Dimasi. È la richiesta di condanna per l’operaio 55enne di origine calabrese accusato del delitto del rivale in amore, Alessandro Vitaletti, 48 anni, ucciso con 24 coltellate il 28 gennaio scorso, a Sassoferrato. Ad avanzarla oggi, in tribunale ad Ancona, a conclusione dell’udienza preliminare, è stato il pm Serena Bizzarri. L’udienza è stata rinviata all’11 gennaio quando ci saranno le repliche e la sentenza del giudice Paola Moscaroli.

L'avvocato Enrico Carmenati
L’avvocato Enrico Carmenati

Dimasi era presente in aula, difeso dall’avvocato Enrico Carmenati, quando è stata letta la richiesta ed è rimasto in silenzio. L’uomo, accusato di omicidio premeditato, è tornato poi al carcere di Montacuto, dove è rinchiuso. Il suo avvocato, che ha chiesto il rito abbreviato, ha contestato la premeditazione sostenuta dalla procura parlando piuttosto di eccesso colposo di legittima difesa e chiedendo l’applicazione delle attenuanti dovute allo stato di ira e quelle generiche perché incensurato.

Sebastiano Dimasi
Sebastiano Dimasi

Sempre la difesa ha parlato di un testimone, un fruttivendolo, che avrebbe visto Vitaletti avvicinarsi per primo a Dimasi quel 28 gennaio, alla pompa di benzina. Il testimone si sarebbe fermato a fare rifornimento e avrebbe intrattenuto una conversazione con Dimasi. Mentre i due parlavano sarebbe passato Vitaletti che si sarebbe diretto verso Dimasi. Poi la lite e le coltellate. Per la procura il coltello, che ancora non si trova, non sarebbe stato un coltello semplice da cucina ma piuttosto un coltello da combattimento, utilizzato con lo scopo di fare male. Se l’arma fosse dell’imputato o della vittima non è stato appurato perché il coltello non si trova. In aula oggi c’era anche l’avvocato dei familiari di Vitaletti, Roberto Marini, che si sono costituiti parte civile e chiedono un risarcimento danni di circa 900mila euro.

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