Fabriano

I misteri del Globo di Matelica, Baldini: «Un “modellino” della Terra»

Lo storico appassionato di archeologia che per primo ha studiato il reperto e ne ha spiegato il funzionamento ci svela alcune affascinanti ipotesi sulla sua origine. La meridiana, ritrovata nel 1985 nel sottosuolo del centro storico cittadino, è tornata a "casa" ed ora è esposta al Museo Piersanti

MATELICA – È tornato finalmente “a casa”, esposto dal 18 maggio al Museo Piersanti, il Globo di Matelica, lo splendido orologio solare rinvenuto nel 1985 nel sottosuolo del centro cittadino. Per alcuni anni era stato ospitato dal Museo archeologico di Ancona a causa dell’inagibilità della struttura matelicese danneggiata dal sisma. Si tratta dell’unico esemplare al mondo di forma sferica insieme a quello di Prosymna, rinvenuto in Grecia nel 1939 nei pressi di Argo e Micene.

La meridiana di Matelica, in marmo bianco, grande circa 30 centimetri, era utilizzata come strumento di osservazione, di calcoli astronomici, astrologici e cronologici, per stabilire le ore del giorno dal sorgere del sole. Una sorta di calendario, che indicava le date dei Solstizi e degli Equinozi, l’entrata del Sole nelle diverse costellazioni dello Zodiaco, oltre alla durata del giorno e della notte nelle varie epoche dell’anno.

Sulla superficie sono incise lettere e parole appartenenti all’antico alfabeto greco e sono tracciate linee e cerchi concentrici. Ma se sul funzionamento del Globo di Matelica i più importanti esperti di gnomonica del mondo hanno svelato già tutto, sulla sua forma sferica ci sono ancora dei misteri da svelare, ne è convinto Danilo Baldini, lo storico appassionato di archeologia che per primo studiò questo reperto e ne spiegò il funzionamento.

Baldini, quali sono i misteri ancora da svelare sul Globo di Matelica?
«Gli esperti di gnomonica che hanno studiato finora il Globo di Matelica lo hanno analizzato esclusivamente come strumento di misurazione astronomica e cronologica, mentre gli epigrafisti-archeologi hanno analizzato le lettere e le parole greche incise sul marmo, paragonandolo con altri reperti, anche molto diversi, rivenuti nell’antichità. È mancata quella “visione d’insieme” dell’oggetto, che probabilmente aiuterebbe a comprendere ciò che esso rappresentava nell’antichità e soprattutto perché fosse stato costruito con quella forma sferica, così unica nel suo genere».

Lo storico Danilo Baldini con il Globo di Matelica

Perché la sua forma è così particolare?
«Sono convinto che questa forma non sia casuale, ma sia stata volutamente ricercata dal suo ideatore per dare all’oggetto un preciso significato simbolico e filosofico, che andasse ben oltre il semplice e pratico utilizzo dello strumento. Non a caso, i cerchi concentrici, i fori orari e le parole greche indicanti i segni dello Zodiaco sono presenti solo sull’emisfero superiore, per cui il Globo potrebbe funzionare anche solo come semisfera, ma il suo ideatore lo ha volutamente concepito a forma di sfera, che è poi la forma che ha sempre rappresentato la perfezione.

Nell’antichità, infatti, vennero costruiti diversi orologi e quadranti solari, di forme disparate: concava, cilindrica, piana, conica, ma di forma sferica, stranamente, il tempo ce ne ha restituiti solo due esemplari, il che dimostra che probabilmente di questa forma ne vennero costruiti molto pochi. Un altro aspetto enigmatico sono le dimensioni del Globo, che sembrano essere proporzionate, ovviamente su scala ridotta, a quelle della Terra, come se i suoi ideatori avessero voluto rappresentare un “modellino” del nostro pianeta e che quindi fossero già allora consapevoli che la Terra era di forma sferica».

Chi lo ha concepito e costruito in questo modo?
«Negli ultimi anni ho cercato di approfondire proprio questo aspetto, che devo dire mi ha sempre incuriosito e affascinato. Ho effettuato delle ricerche, trovando degli interessanti riscontri in vari mosaici, affreschi e bassorilievi di epoca romana, dove vengono raffigurati filosofi, scienziati, astronomi e astrologi antichi, intenti a misurare e a fare deduzioni e calcoli attorno a delle sfere o globi, alcuni dei quali presentano una straordinaria somiglianza con i Globi di Matelica e di Prosymna.

Essendo la Terra di forma sferica, oltretutto inclinata sul proprio asse di 23° 30’, il sole nel corso dell’anno non si trova mai alla stessa altezza in tutte le zone della Terra. Per cui questi “orologi solari”, che per “funzionare” necessitano della luce del sole, per poter fornire dati corretti, devono essere costruiti in modo tale da “funzionare” solo ad una precisa latitudine.

Il Globo di Matelica è stato calcolato per operare ad una latitudine di circa 45°, che è molto vicina a quella di Matelica che è di 43° 15’, quindi se il Globo fosse portato in Grecia, che si trova a molti gradi di latitudine più a sud, esso fornirebbe dei risultati completamente sballati.

Quindi non si tratta di un cimelio trafugato dalla Grecia, ma è stato ideato e costruito per essere utilizzato proprio a Matelica. Sul Globo di Prosymna, invece, che ha dimensioni quasi doppie rispetto a quello di Matelica, sono presenti ben 3 diversi quadranti solari, due dei quali peraltro posizionati in modo tale da non poter funzionare alla latitudine del luogo del ritrovamento in Grecia, ma in Egitto e in Medio Oriente.

Ciò può significare due cose: o che il Globo greco abbia “viaggiato” e sia stato utilizzato in epoche successive in varie parti del mondo antico e in ogni tappa sia stato aggiunto un nuovo quadrante, oppure, e questa è la mia opinione, che in realtà questi “Globi” avessero una funzione prettamente “scientifica” o “didattica” e che fossero utilizzati esclusivamente in licei e ginnasi antichi, dove veniva insegnata la geometria sferica applicata all’astronomia e che i vari quadranti servissero per spiegare come il tempo potesse essere misurato con procedimenti geometrici diversi».

Il Globo di Matelica

Perché secondo lei gli unici due orologi sferici esistenti al mondo sono stati rinvenuti in località così distanti tra loro e soprattutto in una città come Matelica che non ha certo origini greche?
«Secondo lo storico Strabone, nel IV secolo a. C., molti greci siracusani, quindi di stirpe dorica, a causa della tirannia di Dionisio I, furono costretti a scappare e si rifugiarono nel Piceno, fondando la città di Ancona, che infatti deriva il suo nome da “ankon”, che in greco significa “gomito”, a causa del promontorio del monte Conero, che forma una specie di gomito visto dal mare.

In seguito, essendo i greci dei grandi commercianti e mercanti, alcuni di loro potrebbero essersi trasferiti a Matelica, l’antica “Matilica”, che a quei tempi era già una fiorente città-stato umbra, che intratteneva commerci sia con i greci di Ancona che con le città etrusche dell’Etruria. A dimostrazione di ciò, sono state rinvenute a Matelica delle monete d’argento greche risalenti proprio al IV secolo a.C., come un Tetradramma con l’effige di Alessandro Magno e un Didramma della Tessaglia, fatto questo eccezionale, in quanto non risulta che nelle Marche siano state rinvenute delle monte greche al di fuori di Ancona e Numana.

Non si può escludere quindi che nella città fosse stato addirittura realizzato un emporio greco, con gente ellenica che vi risiedeva stabilmente per curare i propri commerci. Come non si può escludere che insieme ai mercanti greci si siano rifugiati a Matelica anche studiosi, matematici e astronomi, appartenenti ai circoli pitagorici siracusani, che nel IV secolo a.C. vennero perseguitati e distrutti dalla tirannia di Dionisio e che questi abbiano poi fondato nella città una scuola dove insegnavano il loro sapere e le loro conoscenze geometriche ed astronomiche».

Questa suggestiva ed affascinante ricostruzione storica non coincide però con la datazione ufficiale che è stata assegnata al Globo di Matelica, che lo fa risalire al II° secolo d.C., quindi in epoca romana, mentre il Globo di Prosymna è stato datato al III° secolo a.C.
«La datazione assegnata al Globo di Matelica infatti non mi ha mai trovato d’accordo. Essa è stata attribuita analizzando essenzialmente dal punto di vista epigrafico le parole greche incise sulla sfera, che poi altro non sono che i nomi delle costellazioni dello Zodiaco. Una delle mie principali obiezioni deriva dal fatto che non si può escludere che le parole e le lettere greche siano state scritte sul Globo in un’epoca successiva a quella della realizzazione del manufatto.

In effetti, se si analizza il reperto dal punto di vista strettamente funzionale, le lettere sono solo un “di più” che non aggiunge nulla al funzionamento dell’orologio solare, né alla sua “interpretazione” e “lettura” da parte di esperti ed eruditi di allora, a cui bastava ovviamente osservare dove cadesse il terminatore luce-ombra sui cerchi concentrici o sui forellini per sapere il giorno, il mese e l’ora.

Questa mia ipotesi è rafforzata dal fatto che la fattura e l’estrema precisione con cui sono state incisi sul marmo i cerchi concentrici e i forellini, non trova altrettanta corrispondenza nella incisione delle lettere e delle parole greche, scritte a mano libera e con caratteri meno incisi rispetto ai cerchi e difatti solo alcune di esse hanno resistito all’usura del tempo sul reperto.

La mia ipotesi, quindi, è che il Globo sia stato pensato e realizzato inizialmente per uno scopo “riservato” ai soli esperti o addetti ai lavori (una scuola? un tempio?), con incisi solo i cerchi concentrici e le altre linee fondamentali (linea del meridiano e dell’orizzonte). Successivamente, forse anche a distanza di secoli, sia stato riutilizzato in una funzione “pubblica”, forse in una agorà o in un foro, con l’aggiunta delle parole e lettere greche, per una più facile lettura da parte di un osservatore meno erudito.

Questa ipotesi spiegherebbe anche l’assurda discordanza di datazione con l’altro unico Globo sferico-convesso sin qui rivenuto al mondo e cioè quello di Prosymna, in Grecia, che invece è stato datato al III secolo a.C., anche questo in base ad una dedica della sacerdotessa di Hera. Ho sempre trovato infatti alquanto singolare ed improbabile che due individui o due scuole di pensiero siano potute arrivare alle medesime conclusioni dal punto di vista astronomico e geometrico, realizzando due globi del tutto simili per forma, funzionamento, ed utilizzando lo stesso tipo di marmo greco cristallino, il tutto a migliaia di chilometri gli uni dagli altri, ma soprattutto in una distanza temporale di 400 anni».

 

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