Fabriano

Indelfab di Fabriano: al via le domande per la Naspi per 485 lavoratori

Pullini (Fiom): «Finisce così un pezzo di storia dell’industria italiana, e scompare un comparto del distretto del bianco che aveva reso l’area montana della provincia di Ancona una zona di benessere diffuso»

Pierpaolo Pullini
Pierpaolo Pullini

FABRIANO – Da oggi, lunedì 16 maggio, partono ufficialmente le domande per poter beneficiare della Naspi per i 485 lavoratori della Indelfab di Fabriano, azienda ex JP Industries e prima ancora ex Antonio Merloni-Ardo dichiarata fallita. Il bando per l’eventuale vendita del complesso industriale non ha dato gli esiti sperati e da ieri, 15 maggio, è terminata la cassa integrazione per cessazione. Ammortizzatori sociali che hanno salvaguardato, nel limite del possibile, il reddito dei 485 lavoratori fra Marche e Umbria: 245 nello stabilimento di Santa Maria a Fabriano e 240 in quello umbro di Gaifana. «Finisce così un pezzo di storia dell’industria italiana, e scompare definitivamente un comparto del distretto del bianco che aveva reso l’area montana della provincia di Ancona una zona di benessere diffuso, oggi scenario di depressione sociale, abbandono, spopolamento e desertificazione industriale», l’amaro commento del responsabile della Fiom del distretto economico fabrianese, Pierpaolo Pullini.

Le domande per la Naspi, due anni, stanno partendo in queste ore. A Fabriano ci sono dunque 245 disoccupati in più. «Dobbiamo prendere atto che, dal fallimento dell’Antonio Merloni, un progetto industriale vero e proprio non si è mai concretizzato e questo è il fallimento di tutti, a cominciare da chi si era impegnato ad individuare partners, progetti, strumenti per un rilancio occupazionale che forse non era impossibile. Le uniche persone a non aver fallito, restano sicuramente le lavoratrici ed i lavoratori della Indelfab, sempre disposte/i a fare sacrifici, a rinunciare a pezzi di salario, sempre disponibili a riprendere il lavoro anche quando sapevano che la retribuzione non ci sarebbe stata, per provare comunque in tutti i modi a sostenere i progetti che di volta in volta venivano presentati, nella speranza di poter avere, dopo tanti anni di cassa integrazione, un lavoro dignitoso anche da lasciare alle generazioni future», ricorda Pullini. «Da oggi quel sogno non esisterà più e, oltre a cattedrali nel deserto memorie di una storia perduta, restano solamente due anni di disoccupazione, in un territorio troppo spesso incapace di riconvertirsi e rilanciarsi, cosa che invece stanno facendo le persone anche a condizioni di minor salario e minori tutele, perché questo è quello che resta quando fallisce un’azienda storica. È la fine dell’illusione», conclude il responsabile della Fiom del distretto economico di Fabriano.

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