Fabriano

Coronavirus: per il cluster di Santa Caterina, i familiari pronti a presentare denunce

Sono tanti i decessi nella residenza protetta di Fabriano che si stanno verificando in questi giorni. E molti sono i dubbi e le perplessità sulla gestione dell'AV2

Fabriano
L'ingresso della Residenza protetta Santa Caterina

FABRIANO – Trasformare la residenza protetta di Santa Caterina a Fabriano in una “quasi corsia ospedaliera” non si sta rivelando una scelta giusta considerando l’alto numero di decessi di questi giorni e i continui trasferimenti degli ospiti, contagiati dal coronavirus, all’interno dell’area grigia dell’ospedale Engles Profili. A questo punto, come salvare il salvabile? I familiari premono affinché si agisca prontamente intenzionati a rivolgersi alle forze dell’ordine per presentare denunce.
Con le dovute proporzioni a Fabriano si sta ripetendo ciò che sia nella prima che in questa seconda ondata della pandemia da coronavirus, si riscontra in tante Rsa in Italia, Pio Albergo Trivulzio di Milano in testa. La fragilità dei residenti è messa ancora più a dura prova dal covid. In città, dal 23 ottobre scorso, è ufficialmente scoppiato il cluster pandemico all’interno di Santa Caterina: 52 ospiti su 55, 30 operatori sanitari, Oss e dipendenti, contagiati dal virus.

Il grido d’allarme lanciato dal presidente, Giampaolo Ballelli, sulla necessità di far arrivare l’esercito o, comunque, personale sanitario in modo importante, è stato raccolto solo parzialmente dall’Area Vasta 2. Certo, tramite l’unica Usca attiva nell’Ambito 10, medici e infermieri sono arrivati ma forse in numero insufficiente. La stessa direzione dell’Asp di Fabriano si è attivata per conto proprio reclutando Oss. Ma è parso, sin da subito, che si stesse solo tamponando l’emergenza.

I decessi sono dieci, al momento. Di questi almeno 4 con covid positivo accertato. Degli altri si stanno disponendo esami post-mortem per verificare se il loro quadro clinico, certamente con patologie pregresse, sia stato aggravato dal coronavirus o meno. La “quasi corsia d’ospedale” con la presa in carico direttamente dell’Asur con protocolli farmaceutici ospedalieri non sembra aver sortito l’effetto sperato e auspicato. Visto che i trasferimenti degli ospiti, in direzione dell’area grigia dell’ospedale Engles Profili di Fabriano, sono continui. E questo proprio perché il quadro clinico continua ad aggravarsi per ciascuno di loro.

Ma poi, dal presidio ospedaliero di Fabriano, i trasferimenti verso gli ospedali covid avvengono con una certa difficoltà, tanto che i posti disponibili sono sempre occupati e il Pronto soccorso rischia seriamente di andare in difficoltà. E, per fortuna, che si è deciso – dopo forti pressioni dei medici sulla direzione dell’AV2 – di dar vita all’area grigia all’interno dei locali che ospitavano l’Hospice (trasferito all’interno di Medicina), altrimenti gli affanni sarebbero stati insostenibili.

A questo punto sorgono spontanee alcune domande: nel piano pandemico, approntato e migliorato, certamente, a seguito della prima ondata, quanti sono i posti letto in rianimazione e negli ospedali Covid+ nell’Area Vasta 2? Sono stati tutti già attivati? Sono tutti disponibili? Durante l’estate si è integrato il piano occupazionale con le nuove assunzioni necessarie? I cluster, stile quello che si è sviluppato all’interno di Santa Caterina, come andrebbero gestiti in teoria? L’assistenza di sintomatici fragili all’interno di queste, consente il rispetto delle procedure di sicurezza anche per gli operatori sanitari che sono chiamati ad operarvi? I moduli da posizionare nei pressi del Pronto soccorso degli ospedali di Fabriano, Jesi e Senigallia, sono arrivati? E perché non erano stati approntati già nei mesi precedenti? Nonostante le rassicurazioni del direttore AV2, Giovanni Guidi, che aveva preannunciato tempi brevi, è evidente che ancora nulla sia stato fatto.

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C’è rammarico in città, soprattutto fra i familiari degli ospiti di Santa Caterina che non nascondo più l’intenzione di rivolgersi alle forze dell’ordine per capire se le misure predisposte a livello sanitario siano state le più idonee possibili in termini di risposta al focolaio. Se chiedere la disponibilità, su base volontaria, al personale infermieristico dell’ospedale di Fabriano per effettuare turni all’interno della casa protetta, rappresentasse l’unica via possibile o si poteva far giungere in città medici e infermieri, anche militari, da altri siti. Dubbi, perplessità, interrogativi, ai quali prima o poi occorrerà dare risposta, a prescindere se sarà coinvolta la magistratura.

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