Economia

Proteste agricoltori, Taddei (Cia Marche): «I problemi non derivano solo dal New Green Deal europeo». Ecco cos’è l’eco-schema 4

Nelle Marche, spiega il presidente Cia, viene utilizzato l'eco-schema 4. Il punto con il presidente regionale

«Le proteste dei trattori? I problemi in agricoltura non derivano solo dal New Green Deal europeo, ma anche dagli eco-schemi, una costruzione italiana». A parlare è Alessandro Taddei, presidente regionale di Cia – Agricoltori Italiani. Gli eco-schemi sono stati introdotti in Italia per ridurre l’impronta ambientale delle attività produttive. Nelle Marche, spiega il presidente Cia, viene utilizzato l’eco-schema 4 che prevede la rotazione delle colture di tre anni: in pratica se un anno si semina il grano, l’anno dopo bisogna seminare la bietola e quello successivo il mais. Un sistema usato anni fa, che permette di ridurre le infestanti con un minore ricorso ai fitofarmaci, «ma nelle Marche non riusciamo più a seminare le bietole perché non ci sono zuccherifici, mentre il mais in montagna non si può seminare, per cui gli agricoltori dell’entroterra si trovano in grossa difficoltà».

Non solo, spiega Taddei, l’eco-schema «ci obbliga a stare fermi per 60 giorni dal raccolto per un fattore ecologico» e poi c’è anche il fattore clima a condizionare il momento della semina «non possiamo essere così vincolati». In una regione come le Marche, «cerealicola al 90%, gli agricoltori hanno bisogno dell’integrazione salariale della PAC (politica agricola comunitaria) e le aree interne in particolare rischiano di fallire senza le risorse europee in quanto hanno difficoltà nella rotazione».

Il punto cruciale della questione, spiega il rappresentante della Cia, è che gli agricoltori non possono decidere il prezzo di vendita, possono farlo solo aprendo una attività di trasformazione agroalimentare (ad esempio un pastificio), diversamente sono costretti a stare al prezzo della borsa mondiale.

«Quest’anno gli agricoltori che sono riusciti a fare gli eco-schemi hanno perso dalla PAC circa un 20-22% di risorse, chi non c’è riuscito ha perso dal 30 al 50%». «Non siamo noi agricoltori ad inquinare – dice – l’Italia è il paese più controllato e tutelato sul fronte agroalimentare, non possiamo essere obbligati ad attuare il New Green Deal e poi subire la concorrenza sleale legata agli accordi di libero scambio che fanno entrare da Rottherdam prodotti di altri Paesi con fitofarmaci che in Europa non si utilizzano più perché dannosi per la salute. In questa maniera non si fa altro che agevolare le lobby a discarico dell’agricoltura europea».

L’altro nodo evidenziato dall’associazione è quello legato alla «legge di bilancio, che ha eliminato l’Irpef agevolata sui terreni e i contributi agevolati per le giovani aziende agricole, che da quest’anno non ci sono più».

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