Cultura

Un’arte leggera come la paglia

Iphone e nuove tecnologie ci allontanano sempre di più dalla riscoperta di antiche tradizioni e dei mestieri di una volta. Ma, se volessimo essere catapultati in un'epoca passata, non occorre spingersi molto lontano: nell'antico borgo di Campocavallo, vicino ad Osimo, il presente si fonde con il passato

Staccare con iphone e nuove tecnologie, riscoprire antiche tradizioni e mestieri di una volta, lasciarsi trasportare dal tempo in un epoca ormai perduta. Per intraprendere questa affascinante esperienza non occorre spingersi molto lontano ma è sufficiente recarsi nell’antico borgo di Campocavallo, ad un tiro di schioppo da Osimo.

Qui il presente si fonde con il passato riaffermando, con il paziente lavoro di maestri artigiani, quelle arti antiche che sembravano ormai perdute. Tra di esse, un posto di notevole riguardo è occupato dalla lavorazione della paglia e del vimini da cui ricavare splendidi cesti e vettovaglie per il trasporto di cibi e vivande.

A svelarci i segreti del lavoro è Vincenzo Foresi, che dell’impagliatura ha fatto un mestiere capace di tramandarsi di generazione in generazione sino ad arrivare ai giorni nostri . «Ho iniziato sin da bambino- afferma Vincenzo- intrecciando quasi per gioco. Poi pian piano la passione ha preso il sopravvento e quello che era soltanto un hobby si è trasformato in una vera attività a cui dedicare molta pazienza ed attenzione».

Spighe intrecciate

«Il processo inizia da lontano- continua Foresi con la semina del grano da cui si ricava la paglia. Le spighe devono raggiungere i 2 metri e 37 di altezza e sono avvolte da una protezione metallica che ne previene l’abbattimento da parte del vento e degli agenti atmosferici. Dopodichè si passa al taglio ed alla raccolta avendo l’accortezza di prelevare la parte che va dall’ultimo nodo della pianta fino alla spiga, buttando il resto. A questo punto la paglia viene messa in ammollo per aumentarne malleabilità e morbidezza, evitando eventuali inconvenienti nella successiva fase di lavorazione. Successivamente inizia il momento di “creazione” vero e proprio intrecciando le spighe e dando cosi forma agli oggetti»

Il covo

L’emblema di questo difficile ed impegnativo lavoro, oltre ai citati canestri e manufatti di vario genere è il Covo in grano cui viene dedicata una festa ogni anno la prima domenica di agosto. Questa realizzazione consiste nella riproduzione in scala di Santuari nazionali ed internazionali a testimonianza del connubio tra religiosità ed arte contadina. Per la realizzazione del Covo sono impegnate circa cinquanta persone che insieme a Vincenzo modellano il grano, creando trecce di spighe con cui ornare facciate e corredi delle basiliche in miniatura.

Nonostante la mole di lavoro non indifferente e la grande disponibilità dei compaesani una questione riesce ancora a turbare l’allegra espressione di Foresi: «Quello che più mi preoccupa è che i giovani siano poco attratti da queste attività, lasciandosi affascinare dai ritrovati della modernità. Io comunque non mollo e finchè avrò forza continuerò a perpetuare questa antica tradizione». Coraggio Vincenzo con te il futuro è in buone mani.