Cultura

Premio della fisarmonica a Castelfidardo, Silvia Mezzanotte in città con Duettango: l’intervista

Straordinaria interprete che ha affiancato la carriera solista a quella di voce dei Matia Bazar, ci racconta com'è nato lo spettacolo Duettango, nel segno di Astor Piazzolla

Duettango (Arlia, Mezzanotte e Chiacchiaretta)
Duettango (Arlia, Mezzanotte e Chiacchiaretta)

CASTELFIDARDO – Il Premio internazionale della fisarmonica di Castelfidardo ospita stasera, venerdì 1° ottobre, alle 21.30 al cinema teatro Astra, Duettango che nasce dall’idea di unire due strumenti a prima vista per niente simili come il pianoforte e il bandoneon. Il concerto del duo composto da Filippo Arlia, talentuoso pianista e direttore d’orchestra, e Cesare Chiacchiaretta, abile maestro nell’arte del difficilissimo strumento del bandoneon, vedrà la partecipazione di Silvia Mezzanotte, straordinaria interprete italiana che ha affiancato la carriera solista a quella di voce dei Matia Bazar. Nell’occasione Chiacchiaretta suonerà il secondo bandoneon di Astor Piazzolla bambino.

Abbiamo parlato con Silvia Mezzanotte.

È mai stata a Castelfidardo?
«Non sono mai stata a Castelfidardo, patria della fisarmonica. La sensazione è di grande orgoglio. Vengo da un mondo pop e negli ultimi due anni attraverso il maestro Arlia mi sono avvicinata a quello di Astor Piazzolla e quindi al bandoneon tipico della sua musica. Il fatto di essere stati subito inseriti in un un programma così bello e articolato per me è straordinario. Chiacchiaretta avrà modo di suonare lo strumento appartenuto proprio al maestro meraviglioso Piazzolla, sarà molto particolare».

Cos’è Duettango?
«Duettango è una fusione tra il mio modo di cantare e il mondo di Astor Piazzolla. Mi sono ispirata in tutto quello che faccio a una straordinaria artista, purtroppo scomparsa di recente, che è Milva. È stata per l’Italia la sua rappresentante più significativa, tra di loro c’è stata una meravigliosa liaison che ha portato a grandi successi come “Preludio para el ano 3000” che lei ha tradotto in “Rinascerò” e che peraltro quando la canto riconosco essere una canzone di grande preveggenza perché proprio in questo momento storico, nel quale noi stiamo uscendo da questa terribile pandemia, cantare di una canzone che parla di un mondo dove si rinasce migliori mi sembra sia precursore dei tempi».

Cosa significa essere artista oggi?
«Durante quest’estate abbiamo lavorato molto grazie anche alla versatilità del repertorio, ho notato dappertutto questa grande voglia di esserci, di essere presente, anche tra le polemiche e le difficoltà. Al Pif hanno aderito in tantissimi e questa è la prova. Spiace solo che tra pochissimo cambieranno le normative sulle capienze, in meglio, avremmo avuto la possibilità di ospitare più persone. Per il resto non solo c’è desiderio di musica e di rincontrarsi ma di musica di qualità. Mi sono prefissata sempre di raccontare anche il mondo del pop ma con qualità e questa coerenza della qualità credo che il Covid ce l’abbia lasciata. Sicuramente il festival rientra in questo target di spessore e di bellezza. Faccio un grande plauso agli organizzatori perché con il Covid le difficoltà, che già c’erano per la sicurezza, sono aumentate a dismisura».

Cosa ci insegna Piazzolla?
«Di Piazzolla con questi meravigliosi musicisti raccontiamo la bellezza della fusione tra quello che sono io e quello che Arlia e gli altri mi hanno portato a essere all’interno del mondo di Piazzolla. Provenendo da una cultura pop mi piace raccontare a chi sarà presente le motivazioni che hanno indotto il maestro a scrivere certe cose, di chi ha parlato, il racconto di che cos’era l’Argentina, Buenos Aires in quel periodo storico, il fatto che spesso canta e racconta dei più umili, delle prostitute, dei bambini. Mi piace far sì che chi ci ascolta entri assieme a noi e cada assieme a me in questo meraviglioso pozzo fatto di passione, di sensualità, dolcezza e violenza, in quel tango c’è tutto. All’inizio mi ha molto spaventata e poi mi ha attratta definitivamente. Conoscevo la musica di Piazzolla ma non l’avevo mai cantata. Sono passati ormai due anni e mezzo, prima della pandemia, da quando è arrivata la richiesta alla mia agenzia di partecipare a un festival cantando alcuni brani e io ho detto di sì con la mano sinistra. Quando mi è arrivato il repertorio mi sono spaventata, pensavo di non farcela. Temevo di non essere all’altezza. Mi sono messa a lavorare sodo, il repertorio è in spagnolo e passa dai recitati ai cantati, il tango è stato valzer e tante cose insieme. Ne sono rimasta talmente avvinta che ho deciso di cantarlo in italiano, in francese, a seconda del tipo di brano. Adesso i recitati sono quasi un punto di forza, mi hanno fatto crescere tanto. Sono ammaliata da questo repertorio».