Cultura

Lirica in era Covid: streaming mondiale per “Garasha”, l’opera dello jesino Matteo Mazzoni

Dal 27 novembre, lo spettacolo "tragico" firmato dal regista sarà trasmesso ovunque. E lui dirige attori, comparse, cori e maestranze via webcam da casa

Il regista jesino Matteo Mazzoni sta dirigendo via streaming l'opera "Garasha" in Giappone

JESI – Il Covid ha imposto una chiusura dei teatri e una sospensione delle attività di pubblico spettacolo quasi in tutto il mondo, costringendo le stagioni liriche (quelle poche che erano state messe in piedi rispettando i clismi Covid free e con notevoli investimenti economici da parte di Fondazioni ed Enti) a restare nel limbo di un’attesa che col passare dei giorni ha il sapore amaro della rassegnazione. Anche per questa situazione surreale e dolorosa, l’esperienza bizzarra e fantastica che sta vivendo comodamente da casa sua, a Jesi, il regista Matteo Mazzoni, restituisce entusiasmo e speranza a tutti.

Apprezzato professionista in forze alla Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, per la quale avrebbe dovuto debuttare il 7 novembre con “Notte per me luminosa” al teatro G.B.Pergolesi, ora Matteo Mazzoni sta curando la regia e le luci di un’opera che il 27 novembre debutterà in prima mondiale in streaming: “Garasha”. E con la firma di Matteo Mazzoni, il nome di Jesi echeggia in tutto il mondo. Reduce dal successo della prima assoluta il 20 novembre a Kyoto, in Giappone, all’interno non di un teatro ma di un antico tempio Scintoista (e replicata il 22 novembre presso la provincia di Tango), ora l’opera sarà trasmessa in streaming in tutto il mondo. Ma lui, il geniale regista, deus ex machina di tutto, dirige come un burattinaio attori, comparse, cori e maestranze via webcam, dal salotto della sua abitazione a Jesi.

Non si sente un po’ un ologramma, un fantasma più che un regista?
«Diciamo che è una strana sensazione, ma le frontiere del Giappone sono chiuse. Mi hanno comunque fatto lavorare per la regia e le luci via computer, in smartworking pur di non lasciarmi a casa in questa splendida avventura. Certo, un grande rammarico non poter partire, perché lo spettacolo dal vivo è tutta un’altra cosa…poi quest’opera aveva delle suggestioni incredibili».

Il regista jesino dirige attori, cori e maestranze da casa, a Jesi, in smartworking.

Una nuova opera che doveva debuttare al teatro Pergolesi di Jesi ma che è rimasta nel limbo e, più o meno nello stesso periodo, una nuova produzione in Giappone: coincidenza?
«In realtà no… questo mestiere è fatto di programmazione, di progetti a lungo termine tra studio e realizzazione. Per questo autunno avevo in agenda alcuni spettacoli, ovviamente tutti quelli in Italia sono al momento sospesi, ma fortunatamente, gli organizzatori di “Garasha” hanno fortemente insistito per portare avanti il progetto nonostante tutto, anche se non era possibile per me e per il compositore dell’opera, Esteban Benzecry (noto compositore classico argentino, le sue composizioni dirette dai maggiori direttori nei più grandi teatri del mondo, da Francia, Los Angeles, New York, Perù, Messico, Lituania…) entrare in Giappone, in quanto stranieri. Ho dovuto seguire la regia e le luci connesso da casa, con l’aiuto di interpreti ed assistenti locali… una sorta di teatro in streaming, termine tanto in voga ultimamente, solo che in streaming c’ero solo io, mentre il pubblico di Kyoto ha potuto essere presente allo spettacolo… e che emozione sentire ancora una volta l’applauso finale di un pubblico numeroso!».

Quindi, sta confermando che in Giappone la situazione è migliorata?
«Rispetto all’ Europa, al momento l’emergenza Covid sembra leggermente più sotto controllo in Giappone, si parla di poco più di 2000 casi al giorno, e così si è comunque potuto fare lo spettacolo davanti a 500 persone, anziché le oltre 1.500 inizialmente previste, all’ aperto presso il Santuario Kamigamo, antico tempio shintoista del VII secolo dopo Cristo, patrimonio dell’Unesco. Una vera fortuna essere riusciti a portare in scena questa nuova opera, era la sua prima esecuzione mondiale, ma allo stesso tempo che peccato non aver potuto visitare quei luoghi, vivere questa esperienza totalmente, tra le tradizioni del teatro Noh ed i colori dell’autunno giapponese. Prima dello spettacolo al tempio c’è stata anche la cerimonia di purificazione ad opera di un monaco, da brividi».

“Garasha” che storia è?
«È la tragica storia di una principessa giapponese, Tamako Hosokawa, la prima a convertirsi al cristianesimo. Dopo che suo padre fu sconfitto e invitato a togliersi la vita per salvare il proprio onore, quando era ormai diventata un potenziale e prezioso ostaggio per le molte fazioni nemiche, suo marito le ordinò di uccidersi piuttosto che finire in schiavitù. E quando i nemici giunsero alle porte, non potendo ella attentare alla propria vita in quanto cristiana, fu uccisa su sua richiesta da un servitore, portato in palco da Takeshi Masu, noto attore nipponico di prosa, che poi a sua volta si tolse la vita. È uno spettacolo tra opera lirica e teatro Noh, una specie di “Madama Butterfly” ripulita da quei cliché tipici di quando noi occidentali parliamo dell’Oriente; nel teatro Noh, ogni gesto è perfettamente misurato e codificato, per tutto il tempo delle prove ho potuto contare sulla consulenza di un maestro di questa antica forma teatrale, per garantire una forte connotazione di autenticità. A portare in scena il personaggio di “Garasha”, detta così dall’errore di pronuncia della parola latina “Gratia”, la vera star dello spettacolo, il soprano Ayako Tanako, voce di assoluto valore nel panorama lirico tra Asia ed Europa, nonché promotrice dell’intero progetto».

L’esecuzione in prima mondiale di “Garasha” al tempio shintoista di Kyoto

Quante repliche?
«Dopo Kyoto, domenica 22 novembre nella città di  Kyotango, città che ospitò Garasha in vita, e dal 27 novembre, per tre giorni in streaming mondiale al link https://l-tike.zaiko.io/e/ dopodiché, Coronavirus permettendo, gli organizzatori – la “Japan Association for Music Education Progarm” – hanno il progetto di organizzare un tour mondiale con date anche in Italia».

In questo spettacolo si muovono una serie di bizzarri personaggi… a cavallo tra modernità e tradizione: un connubio che in Giappone è vincente?
«Il popolo giapponese è famoso per la tecnologia, per il perfezionismo, sono quelli che spesso migliorano qualcosa che già esiste. In questo caso, gli organizzatori hanno voluto esser pionieri della loro cultura, proporre qualcosa di nuovo ed essere protagonisti in prima persona».

Come vive questa strana fase per il teatro?
«Sicuramente questo 2020 è stato un anno che nessuno pensava di vivere in questo modo. Già al lockdown di marzo avevo visto, come molti altri, tutti i miei impegni cancellati. Ad un certo punto ho anche pensato di smettere, in tempo di “guerra” l’arte diventa un lusso, si poteva uscire solo per andare al supermercato, pensare al proprio percorso teatrale sembrava quasi un atto di egoismo, oltre che un’illusione. Ma adesso sto meglio, speriamo il peggio sia passato».

Il regista, in una foto di repertorio, mentre perfeziona una cantante prima di andare in scena


Come è nato questo amore grande per il teatro che l’ha portata a esibirsi nei teatri più importanti del mondo? (Mazzoni ha portato i suoi spettacoli in Italia, Spagna, Austria, Belgio, Serbia, Bosnia, Romania, Kazakistan, Korea)
«Sin da bambino frequentavo il Teatro “Pergolesi”, il teatro della nostra città. L’amore è nato lì, mi ha accompagnato per tutta la vita. Nonostante i tanti bellissimi teatri in giro per il mondo che hanno ospitato i miei spettacoli, il primo amore non si scorda mai. E non vedo l’ora di poterci tornare con “Notte per me Luminosa”, per riprendere da dove ci hanno interrotto, appena sarà possibile».

Altri progetti in cantiere?
«Nell’immediato uno spettacolo con l’Accademia d’arte lirica di Osimo in collaborazione con la Lega del Filo d’oro e il Conservatorio “Rossini” di Pesaro e, emergenza sanitaria permettendo, una nuova produzione de “La Cenerentola”, in coproduzione tra Romania e Italia, a fianco del Maestro Crescenzi, grande direttore d’orchestra, anch’ egli marchigiano».