Cultura

La ragazza dei tulipani con Vikander e Waltz: che spreco!

Nella vitale Amsterdam seicentesca un film dalla trama spenta, tutt'altro che vitale. Poco ispirato

La ragazza dei tulipani
Alicia Vikander nel film "La ragazza dei tulipani" (Foto: Altre Storie)

Harvey Weinstein ne ha fatte di cose pruriginose e deprecabili, a sentir le accuse delle donne molestate del movimento #MeToo e non, ma di fiuto per il cinema buono o quanto meno di successo ne ha eccome. Non a caso fece montare e rimontare più volte La ragazza dei tulipani, non soddisfatto del final cut. E la distribuzione del film negli States, dal 2016 è slittata per oltre un anno. In Italia arriva il 6 settembre con Altre Storie. Ma ancora il melodramma in terra olandese non convince. E non è questione di montaggio.

Il cast è di quelli che attirano l’attenzione: la svedese recente premio Oscar Alicia Vikander, Dane DeHaan dal fascino maledetto, Christoph Waltz dal doppio Oscar e la divina Judi Dench (sì, certo, anche lei Oscar, quasi un ventennio fa). E poi Zach Galifianakis di Una notte da leoni e la modella dagli occhi torvi Cara Delevingne.

Il film è in costume. E a qualcuno l’idea piacerà, altri arricceranno il naso. La regia è dell’inglese Justin Chadwick dell’altro film in costume L’altra donna del re (e ciò non crei chissà quali attese).

Ambientato nel 1636 ad Amsterdam, La ragazza dei tulipani racconta la storia d’amore tra Sophia (Vikander), costretta a sposare il ricco e anziano mercante Cornelis Sandvoort (Waltz), e l’artista a cui il mercante decide di commissionare un dipinto: il talentuoso Jan van Loos (DeHaan). Tutto questo mentre la cameriera di Sophia, Maria (Holliday Grainger), scopre di aspettare un figlio dal ragazzo di cui è innamorata, che per un equivoco è fuggito via. Per salvare la situazione, le due donne escogitano un piano, apparentemente comodo per entrambe ma molto pericoloso.
Dietro a questo amore nascosto intanto c’è il ritratto di un’Amsterdam di inizio ‘600 che vive un momento di grande splendore grazie al commercio e all’arte. In particolare la città è preda di una follia collettiva, la “febbre dei tulipani”, che ha contagiato non solo i grandi mercanti ma anche i ceti più umili nella ricerca dei bulbi più pregiati, considerati merce di grande valore.

A sembrare febbrili, però, non sono solo i disperati a caccia di sogni e ricchezza tramite bulbi di tulipano. Febbrile è il personaggio interpretato da Vikander, solitamente sublime e mai vista così poco capace di sfumature: la sua recitazione è “a scatti”, ansiosa, poco elastica, e la sua passione d’amore sembra più urlata nella gestualità che vissuta su pelle. Febbrili e non pensati e curati con attenzione sono gli equivoci dettati dalla trama: prevedibili, già visti, superficiali.

Non si deve per forza amare i personaggi di un film per amare un film ma, nella schiera di partecipanti a La ragazza dei tulipani, l’unica che si salva dal suscitare una sorta di antipatia o fastidio, dettato anche da una certa illogicità di reazioni e comportamenti, è sciura Dench in abiti da suora badessa (e anche la povera Maria della Grainger si salva, bisogna dargliene atto). La trama è spenta e sul finale si guarda l’orologio con insistenza. I dialoghi non sono per niente ispirati. La cosa migliore del film, forse, è il magnifico abito blu cangiante indossato da Vikander (quello sì che ne ha di sfumature).

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