Cultura

Il Colosseo di Guttuso da Jesi a Roma

L'olio su tela donato dal maestro siciliano nel 1975 alla Pinacoteca Civica di Jesi in occasione della prima edizione del premio “Città di Jesi Rosa Papa Tamburi”, è tra le opere esposte nella capitale dall’8 marzo 2017 al 7 gennaio 2018 in occasione della mostra “Colosseo. Un’icona”

Le fasi di trasporto della tela di Guttuso dalla Pinacoteca Civica di Jesi

JESI – Il “Colosseo” di Renato Guttuso, olio su tela donato dallo stesso autore nel 1975 alla Pinacoteca Civica di Jesi in occasione della prima edizione del premio “Città di Jesi Rosa Papa Tamburi”, è tra le opere esposte a Roma dall’8 marzo 2017 al 7 gennaio 2018 in occasione della mostra “Colosseo. Un’icona”. L’esposizione, curata da Rossella Rea, Serena Romano e Riccardo Santangeli Valenzani, è stata promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma per sottolineare le tante trasformazioni del monumento più visitato al mondo. Utensili, modelli in scala, dipinti: sono circa cento le opere esposte nella mostra, allestita nell’ambulacro del secondo ordine del Colosseo, tra esse l’opera donata dal grande maestro siciliano alla Pinacoteca di Palazzo Pianetti, e che il Comune di Jesi ha concesso in prestito agli organizzatori. Già nel 2005, l’opera fu esposta a Torino nella mostra antologica su Guttuso.

Il Colosseo di Renato Guttuso, olio su tela, firmato e datato 1972, conservato presso la Pinacoteca Civica di Jesi

Nella mostra capitolina “Colosseo, un’icona”, milioni di visitatori dell’Anfiteatro Flavio potranno conoscere tutta la storia del monumento e le sue rappresentazioni nelle varie epoche, fino alla contemporaneità. L’esposizione va oltre la narrazione del tempo dei cesari, per ripercorrere la lunga e intensa vita del sito nei secoli. Dalla vivace e poco nota attività commerciale, residenziale e religiosa che lo caratterizzò nel medioevo, al fascino che esercitò su grandi architetti e pittori del rinascimento. Dal suo trasformarsi in mitico luogo di martirio, poi, dal cinquecento, in teatro del rito della via crucis, al suo imporsi dal Settecento come meta privilegiata del gran tour di poeti, scrittori e vedutisti. Dalla fine del settecento, la riscoperta archeologica, gli scavi e i restauri portarono alla costruzione dei grandi speroni che ancora lo puntellano. Con l’avvento del fascismo, il Colosseo divenne nuovamente, come in antico, proscenio ideologico del potere. Nel dopoguerra comincia a costruirsi un nuovo mito del Colosseo: l’Anfiteatro Flavio entra prepotentemente al cinema con i film peplum e nei capolavori del neorealismo italiano, mentre la pop art romana lo consacra al ruolo di icona, che continuerà a rivestire senza soluzione di continuità fino ai giorni nostri.

Negli anni ’70 del XX secolo, il tema del Colosseo fu più volte affrontato da Guttuso, che visse per oltre cinquanta anni a Roma, con studio in Via Pompeo Magno, intessendo rapporti di amicizia e collaborazione con grandi artisti, da Moravia a Moore, Manzù, Treccani, Marino Mazzacurati, Toti Scialoja, poeti come Pasolini e Neruda, registi come Visconti. Egli stabilì nella capitale il centro nodale delle sue relazioni e la dipinse, rappresentandone l’aspetto più intenso e profondo, sociale, politico, ma anche religioso; molto note sono appunto le sue vedute dell’Anfiteatro Flavio e dei Tetti di Via Leonina.

Nel 1975, Renato Guttuso fu il vincitore della prima edizione del Premio “Rosa Papa Tamburi” della Città di Jesi ed in questa occasione donò l’opera alla Pinacoteca Civica.

Il Premio biennale “ Città di Jesi – Rosa Papa Tamburi” è nato dalla volontà del noto pittore jesino Orfeo Tamburi di incrementare la collezione d’arte Contemporanea del Comune di Jesi. Istituito nel 1974, la prima edizione si svolge l’anno seguente affermandosi subito come un prestigioso evento culturale che inserisce la città di Jesi nel circuito artistico nazionale. Il regolamento del premio subisce nel corso degli anni varie modifiche mantenendo però fino al 2001 l’obbligo di donazione di un’opera d’arte da parte degli artisti premiati e l’organizzazione di una mostra personale per i vincitori da parte del Comune di Jesi.Il finanziamento del premio è costituito dai proventi degli affitti di tre case di Orfeo Tamburi donate a tal fine al Comune di Jesi.

A partire dal 1975 si svolgono IX edizioni del Premio Rosa Papa Tamburi fino al 1994 data della morte dell’artista. Alla V edizione nel 1986 il premio, fino all’ora limitato solamente alla pittura, viene allargato alla scultura e alla grafica.Ogni edizione porta all’incremento del patrimonio artistico della Pinacoteca Comunale che oggi vanta opere dei grandi maestri italiani quali Guttuso, Guidi,Cantatore, Morlotti, Cassinari, Trubbiani per citarne alcuni.Dopo la scomparsa di Orfeo Tamburi l’edizione del premio nel 1998 gli viene dedicata e il Comune di Jesi organizza in onore del Maestro Tamburi una importante retrospettiva dal titolo “ Orfeo Tamburi: la città, i volti, le maschere”.

Attualmente dopo la modifica avvenuta al regolamento nel 2001 il premio si configura come un fondo acquisto intitolato a Rosa Papa e Orfeo Tamburi che permette alla Galleria d’arte Contemporanea di Jesi di continuare ad arricchirsi di importanti opere d’arte. Ricordiamo l’acquisto nel 2002 di vari disegni di Biagio Biagetti e nel 2004 di una scultura di Edgardo Mannucci ed un dipinto del Tamburi stesso, opere scelte con l’intenzione da sempre perseguita dal maestro Tamburi di valorizzare artisti marchigiani qualificati.

La Galleria d’arte Contemporanea di Jesi accoglie grazie al premio e il successivo premio/acquisto una notevole collezione d’arte contemporanea che intende affermare la realtà artistica marchigiana nel piano nazionale ed internazionale.

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