Cultura

Giornate Fai d’autunno, i luoghi da visitare nelle Marche

Ecco le aperture e gli itinerari marchigiani, provincia per provincia, previsti per sabato 16 e domenica 17 ottobre

Rocca Varano, Camerino
Rocca Varano, Camerino

I Giovani del Fai (Fondo Ambiente Italiano), con il supporto di tutte le Delegazioni, i Gruppi FAI e i Gruppi FAI Ponte tra culture, propongono per sabato 16 e domenica 17 ottobre la decima edizione delle Giornate d’Autunno con visite in 600 luoghi solitamente inaccessibili o poco noti in 300 città d’Italia tra cui 42 luoghi del Ministero della Difesa, dello Stato Maggiore della Difesa e delle Forze Armate, aperti in occasione del centenario del Milite Ignoto.

Tutti i visitatori potranno sostenere il Fai. È infatti suggerito un contributo non obbligatorio di 3 euro. La donazione online consentirà, a chi lo volesse, di prenotare la propria visita, assicurandosi così l’ingresso nei luoghi aperti dal momento che, per rispettare la sicurezza di tutti, i posti saranno limitati. Chi lo vorrà potrà anche iscriversi al Fai online oppure nelle diverse piazze d’Italia durante l’evento. Agli iscritti saranno dedicate aperture speciali. Prenotazione online consigliata (salvo diverse indicazioni segnalate sul sito) su www.giornatefai.it; i posti sono limitati.

Ecco i luoghi marchigiani visitabili.

Selezione di itinerari e aperture nelle Marche

  • ANCONA

Palazzo Bonarelli

Visite: sabato 16, dalle ore 14.30 alle 17.30; domenica 17, dalle ore 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17.30

Palazzo Bonarelli, sede del Nucleo dei Carabinieri TPC (Tutela Patrimonio Culturale) di Ancona, sorge ai piedi della Cattedrale di San Ciriaco, sul colle Guasco che domina la città. È edificato in parte sui resti dell’anfiteatro del I secolo a.C. – tra le maggiori testimonianze dell’importante municipium romano – e presenta un impianto planimetrico articolato e irregolare, evidente risultato dell’aggregazione di unità edilizie preesistenti, di epoca medievale e rinascimentale. Nonostante la diffusa impronta settecentesca, è ben evidente una fase costruttiva riferibile alla seconda metà dell’Ottocento, quando furono compiuti consistenti lavori di ristrutturazione. Attraverso attività di controllo, l’azione del Nucleo TPC di Ancona ha permesso negli anni la riduzione dei furti, il recupero di oggetti di diversa natura e provenienza – beni antiquari, archivistici e librari, reperti archeologici, reperti paleontologici – e il sequestro di opere d’arte contemporanea contraffatte. In occasione delle Giornate FAI d’Autunno sarà possibile entrare nel Palazzo, di solito non visitabile: ne verrà raccontata la storia e verrà spiegata l’importante attività del Nucleo TPC, grazie anche ai preziosi reperti recuperati presenti in loco. Tra questi un’opera dello scultore jesino Raffaele Pirani, una delle cinque panchine presenti in piazza Cavour che riporta il bollettino della vittoria del generale Diaz e varie anfore romane. Il percorso proseguirà all’esterno e permetterà di ammirare due ingressi dell’anfiteatro romano, la natatio, le pavimentazioni a mosaico con scacchiera e figure di delfini, un’iscrizione e alcuni resti di affreschi.

Polittico di Sant’Emidio di Carlo Crivelli del 1473

Visite: sabato 16, dalle ore 10 alle 12.30 e dalle ore 14 alle 16.30; domenica 17, dalle ore 14 alle 16.30

Ad Ascoli Piceno, in piazza Arringo, si erge la Cattedrale intitolata a Maria Madre di Dio (Theotòkos) e al patrono Sant’Emidio, elevata alla dignità di basilica minore da Pio IX nel 1857. L’edificio romanico subì delle modifiche alla fine del XV secolo, quando il vescovo Caffarelli decise di demolire l’antica facciata (costruita poi tra il 1529 e il 1539 su progetto di Cola dell’Amatrice) e realizzare tre nuove navate. Al termine della navata destra, poco prima dell’ingresso alla cripta, si apre la Cappella del Santissimo, progettata da Agostino Cappelli e ultimata da Ignazio Cantalamessa, consacrata nel 1838. Come pala d’altare, la Cappella ospita il prezioso Polittico di Sant’Emidio di Carlo Crivelli, commissionatogli dal vescovo Caffarelli nel 1472 per l’altare maggiore e realizzato un anno dopo; fu trasferito nella nuova cappella nel 1894. Tornato all’antico splendore dopo il restauro, il Polittico di Ascoli è un’opera importante sia per il valore intrinseco del dipinto sia per essere uno dei rari polittici di questo artista pervenutoci quasi intatto nelle parti dipinte e nella cornice. Sul gradino del trono su cui siede la Madonna col Bambino si legge Opus Karoli Crivelli Veneti 1473. Ai lati della Vergine da sinistra Pietro, Giovanni Battista, Emidio e Paolo. Nel registro superiore quattro santi a mezzo busto: Caterina d’Alessandria, Girolamo, Giorgio e Orsola. Tra essi il Compianto del Cristo morto è drammaticamente espressivo. Il Cristo benedicente al centro della predella è nella posizione del Salvator Mundi col globo terrestre in mano; originale appare la figura dell’apostolo che srotola un papiro, forse San Giovanni, ritratto di spalle a profil perdu; accanto a lui un altro apostolo con libro dispone testa e busto in maniera complementare. Il Polittico di Sant’Emidio è stato ultimamente oggetto di un nuovo restauro dopo quello del 1972: smontato e riportate le sue parti all’originale bellezza, non è stato però ancora ricostituito nella sua interezza. Durante le Giornate d’Autunno 2021 si potrà cogliere l’occasione unica di osservare i comparti da vicino e ammirare la qualità pittorica, la definizione dei particolari, l’espressività commovente dei personaggi e la ricchezza dei segni e dei simboli che si scoprono percorrendo lentamente i quadri della sacra narrazione. Dopo le Giornate FAI la pala verrà rimontata e ricollocata nella cappella del SS. Sacramento.

Borgo di Castel Trosino

Visite: sabato 16 e domenica 17, dalle ore 10 alle 13 e dalle ore 14 alle 18

Al centro della valle del torrente Castellano, situato su uno sperone roccioso di indubbio fascino che si erge sul fiume sottostante, Castel Trosino introduce allo straordinario mondo dei Monti della Laga. Fitti boschi e costante presenza di salti d’acqua rendono unico il paesaggio, soprattutto se si pensa alla estrema vicinanza al mare, che dista solo 40 chilometri. A sud un alto costone calcareo è l’ultima propaggine del Colle San Marco, che domina la città di Ascoli; a nord una parete di travertino che costituisce la rupe di Rosara, piccolo borgo ascolano, e di fronte il porticato a 10 archi dell’ormai dirupo Monastero di San Giorgio, di epoca medievale. Costruito sfruttando la sua inaccessibile posizione naturale, l’unico collegamento è ancora assicurato da un percorso situato nella parte meridionale delle mura, dove c’è ancora l’arco di ingresso e il pesante portone che veniva chiuso ancora nei primi decenni del secolo scorso. Per chi proviene da Ascoli Piceno il masso su cui sorge Castel Trosino sembra chiudere l’angusta valle, costituendo in tal modo un passaggio obbligato verso i monti dell’Abruzzo. Il torrente Castellano, su cui si erge il Castello, è stato da sempre elemento vitale di attività economiche per l’intera zona con i suoi mulini, la cartiera e da ultimo la fluitazione del legname che veniva preso dalla montagna e fatto giungere in città, lasciando trasportare i tronchi dalle acque impetuose del torrente, come attestano le foto dei primi del ‘900. Luogo di insediamento sin dal neolitico per la sua configurazione difensiva e per la ricchezza delle acque, dopo la dominazione romana, dal V secolo in poi la zona subì l’invasione dei Goti, la riconquista bizantina per divenire poi Presidio longobardo dal VI secolo. Dopo la sconfitta di Desiderio, ultimo re longobardo, e il trionfo dei Franchi il Castello fu affidato in feudo all’Abbazia di Farfa. Al centro delle lotte tra Guelfi e ghibellini fu spesso luogo di rifugio delle parti avverse, in virtù della sua capacità difensiva. A seguito delle lotte del 1457, tra fazioni nobiliari opposte, il castello fu definitivamente assegnato dal papa alla città di Ascoli, di cui segui le vicende storiche. Castel Trosino è, insieme a Nocera Umbra e Cividale, uno dei siti più importanti nella storia dell’Alto Medioevo per una importante ed estesissima necropoli longobarda, ritrovata casualmente nel corso di uno scavo agricolo alla fine dell’Ottocento e fatta emergere nel corso del Novecento.

  • MONTEGRANARO (FM)

Palazzo Conventati

Visite: sabato 16 e domenica 17, dalle ore 10 alle 13 e dalle ore 15 alle 18

Ingresso riservato agli iscritti FAI

Durante le Giornate d’Autunno 2021 aprirà eccezionalmente Palazzo Conventati, edificato nel corso del XVII secolo. Strutturato su quattro piani, situato lungo Corso Matteotti, prende la denominazione da una delle più ragguardevoli e significative famiglie di Montegranaro, di cui spicca lo stemma sopra l’ingresso principale dell’edificio. Tra i membri più illustri della famiglia si ricorda Giulioso Conventati, che nel 1290 istituì a Macerata l’Università e Studio Generale. La famiglia dei Conventati fu protagonista per secoli della vita pubblica locale: l’ultima discendente convolò a nozze col Conte Ugolini di S. Elpidio il quale, dopo il matrimonio, si stabilì nel Palazzo Conventati di Montegranaro. Nel 1646 i Conventati fecero edificare, nei pressi dell’antico cimitero, una cappellina intitolata alla SS. Trinità, allo scopo di farne la tomba di famiglia, di cui restano solo pochi ruderi. La nobile famiglia nel 1887, a seguito di una mancata vittoria elettorale, abbandonò Montegranaro e, domiciliatasi a Macerata, nominò erede del ricco patrimonio, tomba compresa, la Congregazione di carità di quella città. Dopo lavori di ristrutturazione, che si sono protratti per anni, oggi all’interno vi è una Galleria d’arte fondata da Gottardo Mancini, il quale per anni ha collezionato dipinti dei più grandi e noti pittori italiani del Novecento, tra cui Franco Angeli e Mario Schifano.

  • CAMERINO (MC)

Rocca Varano

Visite: sabato 16 e domenica 17, dalle ore 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 18.30

La Rocca Varano, tra le fortificazioni più importanti dei signori di Camerino, fu eretta all’inizio del XII secolo sullo sperone roccioso a picco fra le valli del Chienti e del suo affluente, il torrente San Luca. Nel 1384 Giovanni di Berardo Varano fece eseguire lavori di trasformazione ed adattamento ai nuovi usi. Presumibilmente i lavori sono quelli che ancora oggi si rileggono sugli apparecchi murari in vista e riguardano la costruzione della seconda cinta muraria che fa capo al rivelino sormontato dalla torre di guardia e l’antistante vallo con ponte levatoio (lato ovest). Tale cinta, ad ovest, comprende il nuovo corpo di guardia, include la preesistente torre maestra (che si erge ancora oggi per 19 metri da 450,40 m s.l. m alla base a 469,40 m alla sommità del rudere) e si prolunga ad L con la scuderia che cinge il palatium verso sud ad una quota ad esso inferiore. La particolarità architettonica dei nuovi parametri murari, ancora visibili sulla parte di muro originaria, è che si presentano all’esterno con filari di pietra calcarea alternati ad arenaria; evenienza giustificabile per la compresenza, nel luogo, delle due formazioni rocciose, ma soprattutto indice di una certa finezza stilistica dei mastri muratori che vi operarono. Con il decadere dell’importanza strategica e politica dei luoghi e con l’avvento della polvere da sparo che imponeva nuovi sistemi bellici e di difesa, i fortilizi a pianta quadrangolare, con le alte torri e muraglie a spigoli vivi, cominciarono a cadere in disuso e quindi in rovina; si salvarono soltanto alcuni di essi trasformati in case coloniche, come nel caso di Rocca Varano. Restaurata dal Comune di Camerino, è oggi utilizzata come centro di convegni, esposizioni, mostre e spettacoli. Merita di salirvi anche per lo splendido panorama sul paesaggio circostante.

  • PESARO (PU)
Il borgo di Candelara

Borgo di Candelara

Visite: sabato 16 e domenica 17, dalle ore 10 alle 16.30

Candelara si trova a 180 metri sul livello del mare circondata da piccole valli, boschi di querce, viti e ulivi, un luogo da cui ammirare sia il mare Adriatico, sia l’Appennino. Sono diverse e affascinanti le leggende legate al suo nome: tutte richiamano un’idea di luminosità e serenità proprio come la luce delle candele che nel periodo d’Avvento illuminano il borgo. Si pensa che Candelara fosse abitata già in epoca preistorica. Tra il VII e l’VIII secolo nacque l’insediamento e nel 1176 l’imperatore Barbarossa, ospite del vescovo di Pesaro, trovò rifugio sicuro nel castello dopo la battaglia di Legnano. Dal XV secolo il borgo è dominato dai Malatesta, signori di Rimini fino al 1445 quando questi vennero sconfitti dai soldati di Francesco Sforza, duca di Milano, al comando di Federico da Montefeltro, futuro Duca di Urbino. Si accede al castello attraverso un ponte di mattoni che nel Cinquecento ha sostituito quello levatoio in legno. Di grande interesse è l’insieme del sistema difensivo (porta, mura e bocche da fuoco), all’avanguardia nel campo dell’architettura militare del Quattrocento. Scendendo una bella scalinata si arriva alla chiesa di S. Lucia (1485). Fuori dal borgo, la Pieve di Santo Stefano, costruita con una insolita pianta a croce greca. All’interno della chiesa sono presenti numerose opere di rilievo. A poca distanza Villa Berloni, ex Almerici, costruita nel Settecento su progetto dell’architetto Luigi Vanvitelli, riprendendo e ampliando una preesistente fortezza quattrocentesca. Durante le Giornate d’Autunno 2021 si potrà visitare il castello seguendo un percorso che permetterà di scoprire alcuni interessanti aspetti della vita di Candelara. In particolare il racconto sarà incentrato sulla storia della Società Operaia di Mutuo Soccorso, costituita nel 1887, sul rapporto stretto dei suoi soci con la Chiesa di San Francesco, attualmente in grave stato di degrado, luogo del cuore distintosi nell’ultimo censimento FAI con oltre 3.888 firme. L’itinerario proseguirà nella Sala del Capitano, dove sarà proiettato un cortometraggio che narra di un grave fatto avvenuto tra i membri della SOMS che ha inciso fortemente sulla stessa organizzazione. Infine, un piacevole percorso lungo le mura condurrà alla Chiesa di Santa Lucia e, infine, alla porta del borgo. Nelle Giornate FAI si potrà visitare liberamente anche la Pieve.

  • FANO (PU)

Villa Monacelli

Visite: sabato 16, dalle ore 15 alle 18 e domenica 17, dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 15 alle 18

Ingresso riservato agli iscritti FAI

In occasione delle Giornate d’Autunno 2021 aprirà per la prima volta al pubblico Villa Monacelli, dimora di origini settecentesche immersa nel meraviglioso contesto naturalistico dell’entroterra di Fano, circondata da una vasta area boschiva, in cima al Monte Illuminato. Le vicende storiche dell’edificio risalgono al 1805 quando Napoleone Bonaparte, divenuto Re d’Italia, nominò viceré del Regno d’Italia il Principe Eugenio di Beauharnais, figlio di Giuseppina, prima moglie di Napoleone, da essa avuto nel suo precedente matrimonio col Generale Francesco Alessandro di Beauharnais. Al Vicerè Eugenio venne assegnato un appannaggio costituito da una parte dei beni immobili ecclesiastici confiscati alla Chiesa per volere di Napoleone; tra i beni, anche questa villa. Dopo l’abdicazione di Napoleone e la caduta del Regno Italico nel 1814, il Congresso di Vienna confermò l’appannaggio della villa al figliastro di Napoleone, il Generale Beauharnais. Nel 1845 la Santa Sede ricomprò da Massimiliano, figlio di Eugenio, tali beni per rivenderli pochi anni dopo a una società composta da alcuni nobili romani. Nonostante alcuni abbattimenti, la ricostruzione lasciò inalterate le caratteristiche dell’edificio rispettando lo stile classico marchigiano dell’architettura rurale tipica degli edifici nobiliari di campagna. Da questo momento la proprietà della villa si avvicendò per oltre un secolo da un proprietario all’altro. Nel 1947 infine, la villa venne acquistata dal Conte Ingegner Gaetano Monacelli Lattanzi, nonno dell’attuale proprietaria, Lilli Simeoni, la quale negli ultimi anni si è impegnata, utilizzando risorse personali, a restaurare e riqualificare l’immobile, l’ampio giardino e l’area boschiva. Le opere di ristrutturazione hanno mantenuto le peculiarità di questa incantevole residenza destinata alla villeggiatura estiva.

  • URBINO

Pieve di S. Stefano di Gaifa e Torre Brombolona, Canavaccio

Visite: sabato 16, dalle ore 10 alle 17 e domenica 17, dalle ore 10 alle 17

Nel comune di Urbino, Canavaccio con la sua Torre e l’antica Pieve, sorgono in un ambito paesistico straordinariamente importante, insinuato tra i monti delle Cesane e il parco della Gola del Furlo, ambito sottolineato dallo splendido fiume Metauro.
La Pieve di Gaifa è attestata dal XIII secolo nella “Rationes Decimarum”, ma in origine lega il suo destino al monastero benedettino di San Michele Arcangelo, documentato fin dal X secolo, distrutto e ricostruito nel 1277 sull’altra riva del fiume Metauro. Sito legato alla Torre Brombolona, la più significativa testimonianza che ancora permane del castello di Primicilio, al quale, nei secoli XIII – XIV, si affiancava a breve distanza quello di Gaifa, che la tradizione vuole distrutto da Cesare Borgia nel 1502.
L’iscrizione sul portale della Pieve sovrastante il basso rilievo con l’effige del Santo titolare della chiesa, Stefano I papa e martire del III secolo, la dichiara matrice dei castelli di Primicilio e Gaifa. La Pieve sorge su un terreno detto “campodonico” per la presenza in epoca romana di un tempio dedicato al dio Adone.
L’antica Pieve Santo Stefano di Gaifa sorge in un sito particolare, immerso nel verde delle colline urbinati che declinano dai monti delle Cesane. L’inesorabile trascorrere del tempo ha sottratto agli sguardi l’abbazia e i castelli, ma non la Pieve di Gaifa e la Torre di Primicilio, la Brombolona, che si staglia sull’orizzonte con la sua inconfondibile sagoma. Queste ed altre antiche testimonianze di un passato identitario ricco di memorie, dove la storia si unisce alla natura, aspettano i visitatori, tra arte, storia e racconti di antiche tradizioni. Visite alla Pieve con illustrazione dei luoghi toccati dall’iniziativa “Esploratori d’Arte” nella valle di Gaifa, come da mappa allegata.

  • SASSOFERRATO (AN)

Dalla linea sacra di Mont Saint Michael alla concentrazione spirituale a Sassoferrato

Visite: sabato 16 e domenica 17, dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle ore 15 alle 18

La linea sacra di San Michele è una linea retta che taglia l’Europa per circa 2000 chilomentri collegando diverse chiese e monasteri dedicati all’Arcangelo Michele. La Chiesa di San Michele di Sassoferrato è posta proprio sulla linea Micaelica – Adriatica. L’itinerario prevede la visita a questo piccolo gioiello che testimonia la presenza dei Longobardi nell’alto medioevo nel territorio montano appenninico: è la prima e la più antica chiesa del borgo Castello di Sassoferrato (secolo X circa). Il percorso prosegue alla Chiesta di S. Pietro, a croce latina e risalente al tardo Romanico, nella quale si possono ammirare opere dal Quattrocento all’Ottocento, e alla Chiesa di Santa Chiara, annessa al monastero duecentesco, posta nel centro del rione Castello, che ospita ancora una piccola comunità di suore Clarisse.

  • JESI (AN)

Le terre del vino

Una passeggiata nei territori dei vitigni che danno vita a due eccezionali vini DOC, il Lacrima di Morro d’Alba e il Verdicchio dei Castelli di Jesi, tra le tenute e alcune delle cantine più antiche delle Marche.

Tenuta Tavignano

Tenuta Tavignano

Visite: domenica 17, dalle ore 10 alle 17.30

La Tenuta si estende a 300 m s.l.m. nel comune di Cingoli, in provincia di Macerata, su una collina che domina le valli dei fiumi Esino e Musone, guardando da un lato il Monte San Vicino e dall’altro il mare Adriatico e la riviera del Cònero, nel cuore dell’area classica di produzione del Verdicchio dei Castelli di Jesi, con le peculiarità del versante sud e del Rosso Piceno DOC. Questa posizione privilegiata crea di fatto l’unicità del suo contesto produttivo. La tenuta si trova all’interno del prestigioso territorio del Verdicchio dei Castelli di Jesi, essendo Tavignano uno dei Castelli della denominazione. La Tenuta di Tavignano è stata fondata nel 1973 da Stefano Aymerich di Laconi, discendente di una antica casata sarda dalle origini spagnole, e dalla moglie Beatrice Lucangeli, discendente di una famiglia marchigiana con alle spalle un’antica tradizione di imprenditori agricoli. Tavignano è un possedimento di 230 ettari in un corpo unico dei quali 30 sono riservati al vigneto suddiviso al suo interno in base alla varietà. Dal 2014 Ondine de la Feld Aymerich affianca lo zio Stefano Aymerich nella gestione dell’azienda e converte tutti i vigneti ad agricoltura biologica nel massimo rispetto del territorio che li accoglie, ottenendo prestigiosi riconoscimenti. Perseguendo la filosofia della massima sostenibilità, la cantina affonda le sue radici in un solido passato e guarda con fiducia al futuro. La visita si snoderà dalla cantina ipogea fino alla casa padronale che domina entrambi i versanti coltivati per poter godere di un paesaggio mozzafiato a 360°. Si approfondiranno i temi della storia della famiglia, la loro filosofia e i sistemi di vinificazione per poi concludere con una degustazione dei loro migliori prodotti frutto di esperienza, passione e ricerca.

Cantina Sartarelli

Visite: domenica 17, dalle ore 10 alle 17.30

La cantina Sartarelli sorge nella campagna di Poggio San Marcello nell’area geografica denominata dei Castelli di Jesi. A pochi chilometri dal borgo medioevale di Poggio San Marcello, la cantina è situata in una zona di crinale e si affaccia sull’aperta campagna delle splendide colline marchigiane. Con un’estensione di 55 ettari di vigneti l’azienda si trova sul lato sinistro del fiume Esino, che è la zona Classica per la produzione del vino d.o.c. Verdicchio dei Castelli di Jesi. La storia della cantina è quella della famiglia Sartarelli che nell’arco di tre generazioni ha lavorato con amore, passione e competenza portando il vino Verdicchio ai massimi livelli. Il capostipite Ferruccio Sartarelli, apprezzato panettiere prima, imprenditore poi, nel 1972 decide di trasformare la sua passione nella grande sfida di produzione del vino Verdicchio di qualità. La famiglia oggi porta avanti tale filosofia, puntando sulla cura delle materie prime e la loro lavorazione, scegliendo la coltivazione monovarietale attraverso il ripristino di alcuni antichi vigneti autoctoni. L’azienda Sartarelli si compone due edifici che si affacciano sui campi dei filari delle vigne sottostanti: la cantina storica ed il museo del Verdicchio. La sede storica è una casa colonica risalente al 1882, costruzione tipica rurale del paesaggio marchigiano. La visita proporrà un’esperienza plurisensoriale che coinvolgerà la vista, l’olfatto e il gusto. Dalla contemplazione del territorio e del paesaggio disegnato dai vigneti, ci si inoltrerà nella storia della famiglia Sartarelli e negli spazi della cantina, facendo un percorso dall’antico al contemporaneo: verrà approfondito il tema della vinificazione dai proprietari stessi e si concluderà la visita al museo del Verdicchio con una degustazione dei prodotti dell’azienda.

Antica Cantina Sant’Amico

Visite: sabato 16, dalle ore 10 alle 17.30

La Tenuta Sant’Amico è situata nel territorio di Morro d’Alba, antica Maurum, un borgo medievale in provincia di Ancona a pochi chilometri dal Mare Adriatico. La tenuta si trova nel cuore del territorio deputato alla coltivazione del vino Lacrima di Morro D’Alba DOC, una delle più belle zone vinicole della Regione Marche riconosciuta “Patrimonio Storico Artistico”. La zona è ricca di vigneti e uliveti vista mare che fanno da cornice alla Tenuta e un terroir pregiato per la coltivazione del vino. Il complesso della Tenuta Sant’Amico ha origini settecentesche ed è costituito dal nucleo centrale della Villa, dall’ Orangerie (l’antica Limonaia), dalla Chiesetta e dalle Antiche Scuderie. Ampliata e valorizzata nella seconda metà dell’Ottocento dal Conte Francesco Carotti, la villa include anche una cantina storica fondata nel 1850, operativa ed aperta al pubblico. Dal dopoguerra Villa Sant’Amico diventa di proprietà di una famiglia di industriali lombardi, che da allora conducono anche la storica azienda agricola Antica Cantina Sant’Amico producendo pregiati vini DOC, olio extravergine e grappa rispettando l’antica tradizione della tenuta. Il complesso architettonico di Tenuta Sant’Amico si sviluppa in un’area vasta di assoluto pregio paesaggistico: il parco di 12 ettari è stato progettato ad opera di un botanico vivaista inglese che valorizzò le piante esistenti con l’aggiunta di essenze rare e di due viali circolari di pini marittimi. All’ingresso della tenuta si trova la cantina ottocentesca, rimasta pressoché inalterata, con la sala degustazioni e le stanze per gli appassimenti dei mosti e la maturazione dei vini: grazie alla sua struttura in spesse mura di mattoni gli ambienti godono di naturali valori costanti di temperatura e umidità. Al centro del parco è situata la villa, signorile residenza di campagna di più piani dominati da una torretta di belvedere. Il percorso partirà dal parco di alberi secolari e proseguirà fino alla villa e all’orangerie. Infine si approfondirà la tecnica di produzione del vino nelle sale dell’Antica Cantina degustandolo, circondati da grandi botti in legno.

Tenuta San Marcello

Visite: sabato 16, dalle ore 10 alle 16.30

La Tenuta San Marcello è situata a pochi chilometri nell’entroterra da Senigallia: un territorio unico, patria di due vitigni autoctoni come la Lacrima di Morro d’Aiba e il Verdicchio dei Castelli di Jesi. La tenuta si trova in un ristretto territorio a nord del fiume Esino nella provincia di Ancona, zona di confine tra le terre picene e l’alto Piceno al limite dell’influenza dei Galli Senoni. A circa 290mt sul mare si trova questa terra singolare, di tipo argilloso calcarea che, combinata all’aria salina, accoglie come terra madre dei due vitigni autoctoni: quello della Lacrima e quello del Verdicchio. La storia è quella della famiglia di Pascale e Massimo e della loro scelta radicale di trasferirsi da Milano nel cuore della campagna marchigiana per realizzare un sogno di vita nel rispetto della natura e della sostenibilità. Sin dalla nascita nel 2008 l’azienda agricola mira a uno sviluppo sostenibile delle risorse rurali in sintonia con il paesaggio e la valorizzazione delle eccellenze locali. La grande passione per la natura e per la storia ha portato la famiglia a scegliere una produzione biologica e sostenibile e a riproporre la vinificazione in anfora di terracotta che fonda le sue radici nel Caucaso, in Mesopotamia. Tecnica poi diffusa dal popolo piceno nelle nostre terre, ha la facoltà di risvegliare nell’uomo una “memoria antropologica” attraverso il gusto e l’olfatto. Un vecchio casale, un fienile, le stalle e tutt’intorno un panorama riposante sulle verdi colline marchigiane. Nata dalla sapiente ristrutturazione del vecchio casale di Contrada Melano, la tenuta rappresenta un’armoniosa fusione di tradizione dei luoghi, semplicità e raffinatezza. L’innovazione impiantistica con l’utilizzo del geotermico e del fotovoltaico, il sistema di recupero delle acque piovane e del calore della fermentazione dei mosti per la produzione dell’acqua calda, sono solo alcune delle scelte indirizzate verso una riduzione totale dell’impatto ambientale. Il percorso prevederà una passeggiata tra i filari delle vigne, proseguirà con il racconto della storia della famiglia e dei progetti di vinificazione che puntano a una produzione biodinamica integrata. Infine si potranno assaporare i vini della tenuta.

  • RECANATI (MC)

Chiesa di S. Maria di Castelnuovo

Visite: sabato 16, dalle ore 14.30 alle 17.30; domenica 17, dalle ore 9.30 alle 10.30 e dalle 14.30 alle 17.30

Situata nel quartiere di Castelnuovo, la chiesa di Santa Maria de Racanati è la più antica della città. Il suo nome compare in alcuni documenti farfensi a partire dall’anno 817. Nel 1253 la chiesa subì una vera riedificazione che cancellò le purissime forme gotiche trasformandole nelle attuali forme romaniche. Dell’antica chiesa sono rimasti i rosoni laterali e il bassorilievo sopra la porta principale, realizzato nel 1253 dal maestro Nicola anconitano su commissione del priore don Caro. L’interno originario è andato completamente cancellato dai lavori del 1840, anche se recenti restauri hanno riportato alla luce frammenti di antichi affreschi di Pietro da Recanati, risalenti all’inizio del XV secolo. La croce cerchiata in pietra, attualmente sopra il fonte battesimale, era nel rosone centrale. L’affresco raffigurante la Madonna con Bambino è attribuito a Pietro di Domenico da Montepulciano. Fra i dipinti che l’abbellivano erano anche La Trasfigurazione di Lorenzo Lotto, ora nella Pinacoteca di Villa Colloredo Mels, e il Polittico di Guglielmo Veneziano, ora al Museo Diocesano. L’edificio religioso, di proprietà della Diocesi, chiuso dal 2016 a causa del sisma, è stato sottoposto di recente a lavori di miglioramento sismico e messa in sicurezza degli apparati decorativi. L’apertura di questo bene nelle Giornate d’Autunno 2021 si inserisce nel completamento dei lavori di restauro e la riconsegna del bene alla città.

  • SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP)

La San Benedetto dei cunicoli

Visite: sabato 16, dalle ore 10 alle 17.30; domenica 17, dalle ore 10 alle 17.30

Nel sottosuolo del quartiere Castello, a seguito di indagine topografica e geotecnica, è stata rilevata la presenza di grotte e cavità artificiali. Oggi non tutte le grotte e i cunicoli sono percorribili a causa di riempimenti o crolli ma è molto probabile che essi fossero , almeno in gran parte, tra loro collegati. Il più importante è quello che si estende sotto la villa Bice Piacentini che risale ai primi anni del I secolo. L’origine di San Benedetto è connessa con il fiume Tronto, di cui parlano storiografi e geografi greci e latini. La morfologia costiera era differente da quella odierna: non era presente la cimosa sabbiosa che attualmente costituisce la spiaggia; la costa presentava diversi ricoveri marittimi e dopo il passaggio dei Viburni, vari secoli prima di Cristo, compaiono i Piceni, staccatisi probabilmente dai Sabini che, guidati da un picchio, dice la leggenda, giunsero alla foce del fiume Tronto. I Piceni erano un popolo prevalentemente guerriero e le considerazioni sul loro carattere bellicoso, se collegate alla presenza di una città fortificata, Castrum Truentinum, riferibile a San Benedetto, potrebbe portare a ipotizzare l’esistenza di un primo rudimentale sistema difensivo con cavità e cunicoli sotterranei scavati nel terreno sabbioso nella zona dell’attuale Paese Alto. La leggenda narra anche che in questi cunicoli fu scavato il vano che accolse le spoglie del Santo Benedetto Martire, in un cunicolo che permetteva di raggiungere le spoglie del santo e che avrebbe avuto inizio nella parte meno elevata del villaggio, forse nella parte iniziale dell’attuale Via Fileni, per terminare sotto la piccola pieve, in corrispondenza della porta laterale che immette all’interno della chiesa.

SENIGALLIA (AN)

Ex GIL Gioventù Italiana e mostra scultori: Castelli, Ceccarelli, Mazzola e Schiavoni

Visite: sabato 16, dalle ore 15 alle 19; domenica 17, dalle ore 9 alle 12 e dalle ore 15 alle 19

Durante le Giornate FAI 2021 sarà eccezionalmente accessibile l’edificio della Ex GIL (Casa del Balilla, poi denominata Gioventù Italiana Littoria), realizzato negli anni Trenta come attrezzatura pedagogico-sportiva promossa dall’Opera Nazionale Balilla. L’area, ricavata dalla colmatura del fossato delle mura cinquecentesche a fine Ottocento, fu concessa nel 1931 dal Comune all’ONB su richiesta del commissario della sezione locale, il conte Carlo Cicconi Massi. La scelta del sito ricadde su un luogo urbano rappresentativo del potere: la zona offriva, infatti, aree per lo svolgimento di manifestazioni e la messa in scena di parate militaresche. Nell’ottobre del 1937 il Partito Nazionale Fascista incorporò l’Opera Nazionale Balilla rinominandola GIL – Gioventù Italiana Littoria, con il ruolo istituzionale di struttura educativa e responsabile del reclutamento della gioventù cittadina. Sul piano costruttivo, l’originario organismo della Casa del Balilla fu assorbito dal nuovo, mantenendo la stessa tecnologia in muratura. Una volontà chiara di accentuare il valore monumentale e l’imponenza del nuovo edificio si esprime attraverso il rivestimento in lastre sottili di travertino su tre lati. Dopo essere stato inagibile per decenni, in seguito a una attenta ristrutturazione che ha mantenuto le caratteristiche formali, architettoniche e i materiali originari, nel 2008 è stato riaperto con il trasferimento di una buona parte degli uffici comunali. Nel marzo 2015, in occasione della Giornata Internazionale della Donna è stata inaugurata l’installazione di una scultura La donna al sole, opera realizzata nel 1985 dallo scultore osimano Romolo Augusto Schiavoni, scomparso nel 2008 e uno dei tre più apprezzati scultori che hanno lavorato a Senigallia, insieme a Silvio Ceccarelli e Alfio Castelli. All’interno della Ex GIL, in occasione delle Giornate d’Autunno 2021, sarà inaugurata e visitabile una mostra che vedrà esposte alcune delle opere più significative di questi scultori.